APPROFONDIMENTI

IL REGIME DEGLI INTERESSI NELL’ART. 2033 C.C.

le Sezioni Unite fanno chiarezza: decorrono dalla messa in mora

05/09/2019

di Avv. Giorgio Briozzo

Tra le molte questioni trattate con la recente sentenza n. 15895/2019, resa a Sezioni Unite, la Corte di Cassazione ha composto il dibattito giurisprudenziale sorto intorno all’interpretazione della “domanda” richiamata dall’art. 2033 c.c., con interessanti risvolti circa la natura dei relativi interessi, utili ad integrare quanto già oggetto di analisi in un precedente approfondimento.

La giurisprudenza tradizionale e maggioritaria, forte delle sentenze rese a Sezioni Unite n. 5624 e 14886 del 2009, ha per lungo tempo equiparato l’accipiens al possessore di buona fede in senso soggettivo, ricalcando il concetto di “domanda” previsto dall’art. 2033 c.c. sul concetto di “domanda giudiziale” espressamente richiamato dall’art. 1148 c.c..

Nel compiere tale ricostruzione, la giurisprudenza ha dovuto necessariamente attribuire all’art. 2033 c.c. carattere derogatorio rispetto all’art. 1224 c.c., che dispone la decorrenza degli interessi moratori dal giorno della costituzione in mora, ed all’art. 1282 c.c., il quale dispone che i crediti di valuta liquidi ed esigibili producano interessi di pieno diritto, ammettendo al contempo che il titolo o la legge dispongano diversamente. La restituzione dell’indebito è infatti un’obbligazione scolasticamente di valuta, avente ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile, sicché stabilire che gli interessi sul credito restitutorio decorrano dal giorno della domanda giudiziale impone di riconoscere carattere speciale alla norma in esame.

Un precedente contrario può rintracciarsi nella sent. n. 7269/1994 in tema di indebito nei versamenti previdenziali, con la quale la Corte di Cassazione aveva riconosciuto che gli interessi nel caso dell’accipiens in buona fede potessero decorrere non solo dalla domanda formulata in sede giudiziale, ma anche dalla domanda formulata in sede amministrativa. Con le successive ord. 7526/2011, sent. 16657/2014 e ord. 22852/2015, le Sezioni semplici avevano offerto la diversa interpretazione dell’art. 2033 c.c. oggi condivisa ed affermata dalle Sezioni Unite.

Alla luce del dato storico, letterale e sistematico della norma, in ragione del quale la dimensione reale del possesso mal si attaglia alle somme di denaro, oggetto di un diritto di credito, la Corte di Cassazione ha rivisto il proprio orientamento e ha affermato che l’accipiens è tenuto a pagare gli interessi dal giorno della messa in mora e non solamente dalla domanda giudiziale.

Questo il principio di diritto affermato dalla Corte: “Ai fini del decorso degli interessi in ipotesi di ripetizione d’indebito oggettivo, il termine “domanda”, di cui all’art. 2033 c.c., non va inteso come riferito esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende, anche, gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora, ai sensi dell’art. 1219 c.c.”.

Da ultimo, vale annotare due aspetti incidentali offerti dalla pronuncia.

In primo luogo, la Cassazione ha confermato che l’art. 2033 c.c. deroga all’art. 1282 c.c., che - lo si è visto - ammette tale deroga, ma solo ad esso e non anche all’art. 1224 c.c.. Coerentemente, la pronuncia definisce “corrispettivi” gli interessi accessori all’obbligazione restitutoria, allargando il novero delle ipotesi tradizionali di interessi corrispettivi, e implicitamente lasciando aperta la possibilità di riconoscere un tasso di interesse superiore al tasso legale, ovvero anche la rivalutazione, a titolo di risarcimento del maggior danno.