APPROFONDIMENTI

LA LEGGE N. 24/2017 C.D. “GELLI-BIANCO”: QUALI ONERI ASSICURATIVI A CARICO DEGLI ESERCENTI LA PROFESSIONE SANITARIA? 

04/04/2017

di Avv.to Stefano Zerbo

Il primo aprile 2017 è entrata in vigore la Legge n. 24/2017 denominata "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie", meglio nota come legge Gelli – Bianco.

Le criticità sottese al testo della legge sono già state affrontate dallo scrivente in un precedente intervento - che mi limito a richiamare per chi volesse dare una eventuale lettura di approfondimento[1] - reso sul contenuto dell'allora disegno di legge, poi integralmente confermato con l'approvazione alla Camera dei Deputati.

L'oggetto della presente – quanto mai breve – analisi verte ora sugli obblighi assicurativi che dovrebbero (il condizionale è d'obbligo) discendere o non discendere in capo agli esercenti la professione sanitaria proprio alla luce della nuova normativa.

Il tema è direttamente affrontato nella Legge n. 24/2017 all'art. 10, "Obbligo di assicurazione", per mezzo del quale il Legislatore si è posto l'obiettivo di disciplinare gli obblighi assicurativi a carico delle strutture e, per l'appunto, del personale sanitario.

La lettura del testo consente di approdare a due elementi che potremmo definire certi: (i) le strutture devono assicurarsi per i danni che siano stati cagionati da prestazioni rese a qualunque titolo al proprio interno e (ii) tutti gli esercenti la professione sanitaria a qualunque titolo operanti devono sottoscrivere una copertura per la colpa grave.

Sull'obbligo assicurativo della struttura chiaro è il primo periodo comma 1 dell'art. 10 secondo il quale "Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, ai sensi dell'art. 27, comma 1-bis, del decreto –legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e provate, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché di sperimentazione e di ricerca clinica.".

Allo stesso modo, in merito agli oneri correlati alla garanzia per colpa grave, pacifico è il comma 3 del medesimo articolo art. 10 ove si legge "Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9 e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o provate provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa grave".

Invero dal contenuto della norma emerge un terzo elemento certo che discende dalla evidente volontà del Legislatore di riformare la disciplina della responsabilità sanitaria con un "alleggerimento" della posizione del medico (esercente la professione sanitaria) dipendente della struttura: quest'ultimo non ha obbligo di assicurare la propria responsabilità civile verso terzi, dovendo provvedere a tanto l'ospedale con apposita copertura assicurativa ovvero per mezzo di analoga misura. Al riguardo il terzo periodo del comma 1 dell'art. 10 afferma testualmente che "Le strutture di cui al primo periodo stipulano, altresì, polizze assicurative o adottano altre analoghe misure per la copertura della responsabilità civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie ci cui al comma 3 dell'art. 7, fermo restando quanto previsto dall'art. 9".

Talune difficoltà interpretative ricorrono invece rispetto alla disciplina degli obblighi assicurativi che sembrerebbero doversi rimettere a carico degli esercenti la professione sanitaria allorché essi non operino come dipendenti ma in qualità di liberi professionisti.

Per un verso il primo comma dell'art. 10 rivolge l'obbligo assicurativo delle strutture a favore degli esercenti la professione sanitaria di cui al terzo comma dell'art. 7, dovendosi intendere per essi tutti gli esercenti la professione sanitaria che, di fatto, non abbiano assunto obbligazioni contrattuali nei confronti dei pazienti: quindi obbligo di copertura in favore di dipendenti, anche in libera professione intramuraria, e di tutti coloro i quali operino all'interno della struttura, anche in regime di libera professione, ma senza essere stati scelti (senza, potremmo dire, intuitu personae) dal paziente che si è rivolto alla struttura ed al quale non rileva la qualifica del rapporto contrattuale tra struttura e professionista non avendo, con quest'ultimo, alcun rapporto sostanziale.

Del pari, tuttavia, l'ultimo periodo del primo comma è invece tranchant nell'affermare che la disciplina dell'obbligo assicurativo in capo alla struttura per la RC personale dell'esercente al suo interno non opera e non si applica alle categorie di medici indicate al successivo comma 2 del medesimo articolo ("Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2").

Il comma 2 stabilisce che l'obbligo di sottoscrivere una copertura per la propria responsabilità civile nei confronti di terzi rimane a carico di "...l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria attività al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente".

Di fatto, sono tre le categorie di esercenti la professione sanitaria che risulterebbero interessate dall'obbligo assicurativo "diretto": (i) coloro i quali svolgano la propria attività al di fuori della struttura, (ii) gli esercenti che operino in qualità di liberi professionisti all'interno dell'ospedale e (iii) coloro che abbiano assunto una obbligazione contrattuale con il paziente.

Se nulla quaestio sulla posizione di coloro che agiscano al di fuori della struttura o che abbiano assunto con il paziente un'obbligazione contrattuale - dovendosi intendere entrambe le categorie obbligate ad assicurare la propria RC terzi - qualche perplessità desta invece il richiamo all'esercente che, per riprendere la norma, "...presti la sua opera all'interno della stessa in regime libero-professionale".

L'attenzione corre a coloro che, per lo più presso strutture private, operino sulla scorta di un contratto di collaborazione libero professionale all'interno dell'ospedale.

Per questi, sotto il profilo del regime di responsabilità, sembra doversi riconoscere l'applicabilità dell'art. 2043 c.c. (quando per esempio il paziente sia seguito in SSN) di cui al comma 3 dell'art. 7; ma, ove così fosse, sussisterebbe anche per tali professionisti l'obbligo della struttura di prestare idonea copertura assicurativa per la responsabilità professionale secondo quanto previsto dal terzo periodo del primo comma dell'art. 10.

Tuttavia il richiamo operato dal primo comma dell'art. 10 all'onere in capo all'ente ospedaliero di provvedere a garantire l'esercente la professione sanitaria di cui al terzo comma dell'art. 7 (ivi compresi coloro che, operanti come liberi professionisti, non siano stati scelti dal paziente e non abbiano con quest'ultimo assunto obbligazioni contrattuali) cozza e trova smentita tanto nell'ultimo capoverso del medesimo articolo 10 (Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2), quanto con il tenore del comma n.2 di quello stesso articolo.

Nel disciplinare su quali esercenti la professione sanitaria spetti l'obbligo di sottoscrivere una polizza per la propria RC terzi, lo specifico passaggio della norma distingue ed individua appunto tre categorie tra loro differenti delineando ed indicando, tra esse, anche quella di coloro che operino in qualità di liberi professionisti.

Stando al tenore letterale della legge sembrerebbe di potersi affermare, pertanto, che il medico che operi all'interno di una clinica sulla scorta di una preventiva sottoscrizione con la struttura di un contratto di collaborazione libero professionale non possa vantare nei confronti di quest'ultima una copertura per il proprio operato ma debba, piuttosto, provvedere – con oneri a proprio carico – a ricercare sul mercato un prodotto assicurativo valido a tutelare la propria RC nei confronti dei pazienti che abbia avuto in cura anche in SSN ed anche senza l'esistenza di obblighi contrattuali direttamente con esso assunti.

Il condizionale, come anticipato in premessa, è tuttavia d'obbligo, non potendosi giungere ora ad una risposta senz'altro certa in un senso o nell'altro. La giurisprudenza farà, al riguardo, il suo sicuro corso.

Va da se, peraltro, che il vulnus lasciato aperto dalla legge sulla possibilità, comunque riconosciuta al paziente che si assuma danneggiato, di citare direttamente anche solo il medico dipendente ed anche solamente per colpa lieve non consente a quest'ultimo di poter pacificamente – e "senza pensieri" – evitare di sottoscrivere una polizza a garanzia della propria responsabilità civile.

Se è vero che sulla struttura incombe l'onere di assicurare tali medici, il richiamo della norma alla facoltà di ricorrere a "misure analoghe" di assicurazione potrebbe lasciare il dipendente in qualche difficoltà: poniamo il caso di una citazione notificata nei soli confronti del medico dipendente che svolga domanda di manleva nei confronti della struttura la quale, tuttavia, non abbia però provveduto a sottoscrivere alcuna polizza preferendo una regolazione in c.d. (con termine non certamente corretto) "autoassicurazione". Quid iuris allorché l'ente citato non sia in grado di far fronte economicamente alle proprie obbligazioni indennitarie? Quel medico rischierebbe di trovarsi "senza copertura".

Il consiglio potrebbe dunque essere quello di premunirsi in ogni caso di specifica garanzia, eventualmente a secondo rischio.

 

 

[1]   Disegno di Legge n. 2224 del 2017 (c.d. ddl gelli). Difficoltà interpretative e di applicazione in disegno-di-legge-n.-2224-del-2017-c.d.-ddl-gelli