APPROFONDIMENTI

Le Sezioni Unite riconoscono la compensatio lucri cum damno: l’indennizzo va dedotto dal risarcimento

24/05/2018

di Avv. Giorgio Briozzo

Con le quattro sentenze n. 12564-12565-12566-12567 del 22.05.2018 le Sezioni Unite della Cassazione hanno posto fine ad altrettanti accesi dibattiti, centrali nel campo della responsabilità civile, che per anni hanno contrapposto il punto di vista del danneggiato/assicurato e quello del responsabile di un fatto dannoso, con l’interposizione non certo disinteressata dell’assicuratore.

La rimessione alle Sezioni Unite trae origine da quattro ordinanze consecutive, pronunciate dalla III Sezione Civile della Corte il 22 giugno scorso[1] le quali, sebbene aventi ad oggetto fattispecie diverse, sottendono tutte la quaestio iuris della deducibilità di certe corresponsioni dal risarcimento che il danneggiato abbia domandato al responsabile, a sua volta ricompresa nella più ampia questione dell’esistenza nel nostro ordinamento della compensatio lucri cum damno e dei contorni di essa.

In precedenza, l'operatività della compensatio era disconosciuta nei casi in cui il danneggiato ottenesse aliunde un ristoro (anche solo parziale) dei danni subiti, cosicché non poteva il responsabile validamente eccepire tale circostanza al fine di veder ridotta la quota di ristoro posta a suo carico. Già dal netto revirement effettuato dalla sentenza n. 13233 dell’11 giugno 2014 si e’ affermato che limitare l'operatività della compensatio ai soli casi - pressoché di scuola - in cui il titolo del danno e dell’arricchimento coincidano costituirebbe un assurdo logico e uno svilimento dell’istituto fondato sull’errata ed artificiosa distinzione tra i concetti di “occasione” e “causa”.

La diversa conclusione recentemente adottata dalla Corte di Cassazione si fonda su di una valutazione della funzione socio-economica dell’istituto giuridico del risarcimento opposta rispetto a quella sottesa al precedente orientamento.

Secondo l’insegnamento tradizionale, disconoscendo la possibilità di dedurre l’indennizzo assicurativo corrisposto al danneggiato dal risarcimento posto a carico del responsabile si ottiene un effetto punitivo nei confronti di quest’ultimo. Egli sarà in ogni caso posto di fronte alle conseguenze negative della propria condotta dannosa.

D’altro canto, tale impostazione si contrappone alla ratio dell’istituto, desumibile dalla sua collocazione teleologica nell’ordinamento italiano. La funzione del risarcimento e’ infatti quella di ristorare la vittima del fatto delle conseguenze dannose che questo le abbia inflitto. A corroborare una siffatta conclusione contribuiscono le numerose disposizioni legislative che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva: in tali casi la volontà del legislatore, che chiaramente emerge dall’impianto sistematico, non e’ quella di infliggere (ingiuste) punizioni a chi non abbia colpa nel fatto dannoso, ma piuttosto e invece di assicurare alla vittima un ristoro, individuando un responsabile anche nelle ipotesi in cui non sarebbe altrimenti possibile.

La Suprema Corte svolge ulteriori considerazioni di preminente natura logica, riguardanti la circostanza per cui “il risarcimento non può creare in favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dall'illecito”[2].

La possibilità di cumulare indennizzi e altre forme di ristoro discendenti da forme di assicurazione privata[3] o sociale[4] con il risarcimento del danno da parte del responsabile comporterebbe un’indebita locupletazione per il danneggiato, tale da sfociare nell’assurda conseguenza della vantaggiosità dell’avvenimento dannoso.

La funzione del risarcimento di ristabilire lo status quo ante risulta pertanto assorbita (anche solo parzialmente) dall’indennizzo corrisposto dall’assicuratore, il quale al piu’ potrà agire in surrogazione del danneggiato per il recupero dell’esborso nei confronti del responsabile. La Corte di Cassazione, nel tempo, ha specificato che tale ulteriore fase e’ peraltro estranea al danneggiato, che si pone rispetto ad essa in una condizione di terzietà ed indifferenza. Ne consegue l’assoluta irrilevanza, rispetto alla pretesa di quest’ultimo nei confronti del responsabile, del fatto che l’assicuratore indennizzante abbia agito contro il responsabile o meno. Al contrario, l’avvenuto pagamento dell’indennizzo, ancorché in forma di rendita o altra indennità, costituisce circostanza eccepibile in mera difesa rilevabile d’ufficio dal giudice[5].

Le Sezioni Unite hanno statuito i principi che precedono con chiarezza e rispetto a fattispecie tra loro diverse, fissando i contorni della compensatio lucri cum damno nell’ordinamento italiano mediante quattro pronunce lungamente attese e che permetteranno finalmente di risolvere numerose questioni quotidianamente dibattute nei Tribunali di tutta Italia.


[1] Cass.civ., ord. n. 15534, 15535, 15536 e 15537 del 22.06.2017.

[2] Cass. civ., sez. III, ord. 22 giugno 2017, n. 15535.

[3] E’ il caso dell’assicurazione privata stipulata a copertura del rischio di danni poi verificatisi e per cui il danneggiato/assicurato agisca nei confronti del responsabile. All’attenzione della Corte, nel caso di specie, era posta la vicenda della strage di Ustica.

[4] Le sentenze in commento si riferiscono a forme assistenziali e previdenziali erogate dall’INAIL e dall’INPS.

[5] Cass., sez. un., 7 maggio 2013, n. 10531.