Responsabilità sanitaria: Il danno da perdita anticipata della vita non è sovrapponibile né congiuntamente risarcibile con il danno da perdita di chance di sopravvivenza
29/11/2023
di Avv. Flavia AbbondanzaCon la recente pronuncia n. 2470/2023, pubblicata in data 19 settembre 2023, la Suprema Corte ha avuto cura di distinguere due importanti voci di danno spesso ricorrenti in tema di responsabilità medica: il “danno da perdita anticipata della vita” e il “danno da perdita di chance di sopravvivenza”.
Il caso affrontato dai Giudici di legittimità prende le mosse da un ricorso presentato da una ASL che nei precedenti giudizi di merito era stata condannata al risarcimento del danno, in favore della paziente in primo grado e, dopo il decesso di questi, in favore dei suoi eredi, all’esito del giudizio di appello, in ragione di un errore diagnostico dei sanitari, rei di aver ritardato la prescrizione di una terapia ormonale che, ove somministrata in tempo, avrebbe a sua volta prolungato le aspettative di vita della paziente, seppur in stato terminale.
La mancata immediata diagnosi di una patologia tumorale avrebbe determinato la recidività della malattia con ripetizioni metastasiche, con conseguente mancata immediata prescrizione di una cura farmacologica ad hoc in grado di consentire di aumentare di dieci anni le probabilità di sopravvivenza della paziente.
In un primo interessante passaggio in tema di accertamento etiologico la Suprema Corte sottolinea che le conseguenze dannose della c.d. “premorienza” occorsa nelle more del giudizio vanno distinte a seconda che la morte sia indipendente o dipendente dall’errore medico:
- se la morte è cagionata da fattori causali e indipendenti dalla condotta dei sanitari, la Corte correttamente osserva che non è opportuno attribuire a questi ultimi la responsabilità in ordine alla premorienza del paziente;
- se, invece, la premorienza del paziente dipende da errore medico, in applicazione del principio c.d. della “causalità umana”, è ascrivibile una responsabilità all’autore del fatto illecito, non rilevando l’eventuale efficienza concausale degli eventi naturali che hanno determinato la premorienza. Al più, i suddetti eventi potranno rilevare in sede di liquidazione del danno in applicazione della c.d. “causalità giuridica”.
Fermo quanto sopra, in caso di “premorienza” del paziente è necessario distinguere se nella stessa si configuri una “perdita anticipata della vita” o una “perdita di chance di sopravvivenza”, posto che si tratta di voci di danno distinte e – come chiarito dal Collegio - non sovrapponibili.
Invero il danno da “perdita anticipata della vita” si caratterizza come un danno derivante dall’impossibilità di vivere più a lungo e per un tempo determinato, anticipando il nefasto evento della morte che si sarebbe in ogni caso verificato (a prescindere dal fatto illecito) entro un determinato arco temporale.
Il danno da “perdita di chance di sopravvivenza” si caratterizza, invece, in una “possibilità perduta”, costituita diversamente dall’incertezza sull’eventuale e ulteriore segmento temporale di cui il danneggiato avrebbe potuto godere - pertanto incerta in punto an e quantum. Essa deve però essere retta, ai fini del risarcimento, dalla prova della certezza del nesso di causa che la condotta illecita abbia cagionato la perdita della possibilità di vivere più a lungo, non essendo predicabile il concetto della “probabilità” di una “possibilità” (quest’ultima intesa nell’accezione, appunto, della chance”).
L’incertezza, dunque, ricade sul tipo di risultato conseguibile e non, come spesso viene frainteso, sul nesso di causa. La perdita di chance di sopravvivenza si sostanzia, in altre parole, nella “perdita della possibilità di un risultato migliore” citando le parole della Cassazione.
Seppur apparentemente analoghe, le due voci di danno sono speculari tra loro e ben distinte sia in tema di oneri probatori sia in tema di risarcibilità.
Tramite un ragionamento “epicureo”, la Suprema Corte esclude una congiunta risarcibilità dei due istituti poiché l’accertamento dell’uno esclude l’altro: quando è certo che la condotta del medico ha provocato o provocherà la morte anticipata del paziente, la morte stessa assorbe ogni chance futura di sopravvivenza.
In ogni caso, i due istituti sono per loro natura distinti:
- Con riguardo al danno da perdita anticipata della vita in sede di liquidazione del danno si applicherà il più generale criterio adottato in sede civilistica del “più probabile che non”. Inoltre, con riferimento alla trasmissibilità del danno iure hereditario, non è ammissibile riconoscere un risarcimento “automatico”, non essendo contemplato nel nostro ordinamento il risarcimento del danno tanatologico. Tuttavia se dall’errore medico è derivato - al paziente ancora in vita - un danno biologico (differenziale) costituito nell’aver vissuto in modo peggiore, sul piano dinamico relazionale, gli ultimi tempi della propria vita, e se dallo stesso errore è derivato un danno morale al paziente, entrambe le voci di danno, laddove provate, possono essere risarcibili iure successionis, con conseguente applicazione dei criteri tabellari elaborati dalla giurisprudenza di merito e parametrati sullo stato del paziente danneggiato ancora in vita.
- Con riguardo al danno da perdita di chance, è richiesto sul piano etiologico il raggiungimento di una certezza “seria, apprezzabile e concreta” in ordine alla perdita della possibilità di sopravvivenza, non essendo risarcibile nel nostro ordinamento un danno derivante dalla “probabilità della possibilità”. Tuttavia, in quest’ultimo caso, la quantificazione del danno dovrà avvenire in via equitativa essendo del tutto incerto l’eventuale ulteriore periodo di vita di cui il danneggiato avrebbe potuto beneficiare, con conseguente disapplicazione dei criteri tabellari.
In conclusione la Suprema Corte marcando una netta linea di confine tra le due voci di danno prese in esame, chiarisce che: “Il danno da perdita anticipata della vita e il danno da perdita di chance di sopravvivenza, di regola, non saranno né sovrapponibili né congiuntamente risarcibili”.
Tuttavia i due istituti in oggetto possono “eccezionalmente costituire oggetto di separata ed autonoma valutazione qualora l’accertamento si sia concluso nel senso dell’esistenza di un danno tanto da perdita anticipata della vita, quanto dalla possibilità di vivere più a lungo, qualora questa possibilità non sia quantificabile temporalmente, ma risulti seria, concreta e apprezzabile, e sempre che entrambi i danni siano riconducibili etiologicamente alla condotta colpevole dell’agente”.
Avv. Flavia Abbondanza