GDPR: entro quali limiti è legittimo condizionare l’esecuzione del contratto alla prestazione del consenso al trattamento dei dati?
17/07/2018
di Avv. Simone MorettiCon una recente pronuncia (Cass. civ., Sez. I, 2 luglio 2018, n. 17278), la Corte di Cassazione ha affermato la legittimità della condotta del prestatore di servizi che condizioni la fornitura del servizio all’espressione del consenso dell’interessato, “sempre che il consenso sia singolarmente ed inequivocabilmente prestato […] il che comporta altresì la necessità, almeno, dell'indicazione dei settori merceologici o dei servizi cui i messaggi pubblicitari saranno riferiti”.
Si riporta di seguito la massima della pronuncia:
“In tema di consenso al trattamento dei dati personali, la previsione dell'art. 23 del Codice della privacy, nello stabilire che il consenso è validamente prestato solo se espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, consente al gestore di un sito Internet, il quale somministri un servizio fungibile, cui l'utente possa rinunciare senza gravoso sacrificio (nella specie servizio di newsletter su tematiche legate alla finanza, al fisco, al diritto e al lavoro), di condizionare la fornitura del servizio al trattamento dei dati per finalità pubblicitarie, sempre che il consenso sia singolarmente ed inequivocabilmente prestato in riferimento a tale effetto, il che comporta altresì la necessità, almeno, dell'indicazione dei settori merceologici o dei servizi cui i messaggi pubblicitari saranno riferiti”.
La sentenza concerne l’interpretazione e l’applicazione del previgente Codice Privacy, recentemente sostituito dal Regolamento UE n. 2016/679, e in particolare dall’art. 23 del Codice secondo il quale “il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all´interessato le informazioni di cui all´articolo 13”.
E’ interessante leggere la pronuncia alla luce della nuova normativa e in particolare dell’art. 7 del GDPR, che all’ultimo comma prevede che “nel valutare se il consenso sia stato liberamente prestato, si tiene nella massima considerazione l'eventualità, tra le altre, che l'esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, sia condizionata alla prestazione del consenso al trattamento di dati personali non necessario all'esecuzione di tale contratto”.
La Corte sembra dunque aver fatto applicazione, nell’interpretare il previgente Codice, dei principi espressi dal nuovo Regolamento, secondo il quale il consenso al trattamento dei dati personali non può ritenersi validamente espresso qualora riguardi trattamenti non necessari all’esecuzione del contratto e l’esecuzione del contratto sia condizionata alla sua prestazione.
Implicitamente, argomentando a contrario, anche il GDPR – come la sentenza in commento – sancisce la legittimità della condotta del prestatore di servizi che condizioni l’esecuzione del contratto all’espressione del consenso al trattamento dei dati, ma solo ancorché il trattamento sia necessario e dunque pertinente al tipo di servizio richiesto dall’interessato.
Nel caso delle newsletter, trattato dalla Suprema Corte, si potrà dunque validamente condizionare la prestazione del servizio all’espressione del consenso al trattamento dei dati, ma occorrerà limitare le informazioni contenute nei messaggi trasmessi all’utente alla tipologia e alla natura di servizi/categorie merceologiche in relazione alle quali l’utente ha prestato il consenso.