APPROFONDIMENTI

LIMITI DI RESPONSABILITÀ DEL VETTORE IN CASO DI SMARRIMENTO, DETERIORAMENTO O RITARDATA CONSEGNA DEL BAGAGLIO E LORO APPLICABILITÀ AI DANNI NON PATRIMONIALI

15/09/2015

di Avv. Simone Moretti

La Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 [1] volta all'unificazione di alcune norme sul trasporto aereo internazionale, reca la disciplina della responsabilità del vettore aereo e dell'entità del risarcimento dei danni subiti dai passeggeri e dalle cose trasportate. Sono previste dalla Convenzione norme specifiche in tema di morte e lesione dei passeggeri, danni ai bagagli (art. 17), danni alle merci (art. 18) e danni da ritardo (art. 19), questi ultimi sia con riferimento ai passeggeri che ai bagagli e alle merci.
A mente dell'art. 19, in particolare, "il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci". La responsabilità da ritardo viene tuttavia esclusa allorquando il vettore "dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle".
La Convenzione prevede inoltre precisi limiti di responsabilità in tema di trasporto dei bagagli: l'art. 22 comma 2 stabilisce infatti che "la responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo è limitata alla somma di 1.000 diritti speciali di prelievo per passeggero", che alla data di oggi corrispondono a circa Euro 1.250,00. Il passeggero tuttavia ha la facoltà di effettuare una "dichiarazione speciale di interesse alla consegna a destinazione [omissis] al momento della consegna al vettore del bagaglio, dietro pagamento di un'eventuale tassa supplementare". In tale ipotesi, il vettore è tenuto al risarcimento del danno "sino a concorrenza della somma dichiarata, a meno che egli non dimostri che tale somma è superiore all'interesse reale del mittente alla consegna a destinazione".
Il limite di responsabilità sopra descritto non può essere invocato dal vettore solamente in caso di dolo del vettore stesso e dei suoi dipendenti, ed in particolare "qualora venga dimostrato che il danno deriva da un atto o omissione del vettore, dei suoi dipendenti o incaricati, compiuto con l'intenzione di provocare un danno o temerariamente e con la consapevolezza che probabilmente ne deriverà un danno, sempreché, nel caso di atto o omissione di dipendenti o incaricati, venga anche fornita la prova che costoro hanno agito nell'esercizio delle loro funzioni", secondo quanto stabilito dal quinto comma del medesimo art. 22.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea [2] nell'interpretare l'art. 22 n. 2, della Convenzione di Montreal ha affermato che la nozione di "danno" ivi sottesa, ai fini della limitazione della responsabilità del vettore aereo (nel caso esaminato dalla Corte, per la perdita del bagaglio), deve essere intesa "nel senso che include tanto il danno materiale quanto il danno morale". Secondo tale esegesi, pertanto, i limiti di responsabilità invocabili dal vettore aereo in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo nella riconsegna del bagaglio si applicano non solo ai danni patrimoniali, ma anche a quelli non patrimoniali.
L'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia è stata recentemente accolta dalla Corte di Cassazione [3], che ha sottolineato come essa sia conforme all'art. 31 della Convenzione sul diritto dei trattati, firmata a Vienna il 23 maggio 1969, e, dunque, "in buona fede, secondo il senso comune da attribuire ai suoi termini nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo"; sicché, i termini "prèjudice" e "dommage" - che compaiono, nella lingua francese, nelle varie disposizioni del Capitolo III - devono essere ricondotti nell'alveo di una "una nozione di danno, di origine non convenzionale, comune a tutti i sistemi di diritto internazionale" e tale da far ritenere che essi "includono tanto i danni di natura materiale quanto quelli di natura morale".
Secondo la Suprema Corte, la tesi offerta dalla Corte di Lussemburgo è "calibrata in ragione della disciplina complessiva del Capitolo III della Convenzione di Montreal, cosi da esibire una forza espansiva tale da essere valorizzata in relazione a qualsiasi ipotesi contemplata dall'art. 22, n. 2, e, pertanto, anche in riferimento a quella, rilevante nella specie, di ritardo nella consegna del bagaglio".
Alla luce di quanto sopra, ai sensi della Convenzione di Montreal ove il vettore aereo internazionale si renda responsabile del ritardo nella consegna al passeggero del proprio bagaglio (art. 19 della Convenzione), la limitazione della responsabilità risarcitoria dello stesso vettore fissata nella misura di 1000 diritti speciali di prelievo per passeggero dall'art. 22, n. 2, della Convenzione opera in riferimento al danno di qualsiasi natura patito dal passeggero medesimo e, dunque, sia nella sua componente meramente patrimoniale, che in quella non patrimoniale "da risarcirsi, quest'ultima, (allorquando, come nella specie, trovi applicazione il diritto interno) ai sensi dell'art. 2059 c.c., come conseguenza seria della lesione grave di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati" [4].

 

[1] Ratificata e resa esecutiva con la L. 10 gennaio 2004, n. 12, ma già attuata in ambito Comunitario con il regolamento (CE) del Consiglio 9 ottobre 1997, n. 2027 e, poi, firmata dalla stessa Comunità Europea il 9 dicembre 1999 e per essa entrata in vigore il 28 giugno 2004, in sostituzione della precedente Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 e dei relativi Protocolli modificativi.

[2] Sentenza del 6 maggio 2010, causa C-63/09 (Walz c. Clickair SA).

[3] Cassazione civile sez. III 14/07/2015 n. 14667.

[4] V. nota n. 3.

Pubblicazioni

Solamente qualche giorno fa – ordinanza n. 26805 del 12.09.2022 - la Corte di Cassazione è intervenuta per fare ancora una volta chiarezza sulle differenze semantiche e ontologiche esistenti tra il danno biologico, il danno morale e la personalizzazione. Termini polisemici e di frequente mal interpretati.

Nel richiedere la liquidazione del danno non patrimoniale spesso le parti incorrono in confusione nel nominare in modo diverso concetti uguali o nel richiedere più volte uno stesso nocumento indicandolo sotto diverse nomenclature.

Il corretto inquadramento di queste componenti che appartengono ad un unico genus – cioè quello del danno non patrimoniale - è indispensabile al fine di applicare in modo appropriato i criteri per la loro liquidazione, anche in virtù delle modifiche di recente apportate dall’Osservatorio di Milano alle tabelle meneghine.

Una prima precisazione va fatta con riferimento al danno biologico che i più fanno coincidere con il danno alla salute.

In realtà, come ben chiarito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 7513 del 2018, il danno alla salute non va considerato, e in questo senso è d’accordo anche la medicina legale italiana, come nocumento fisico in re ipsa ma piuttosto quale compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento di tutte le sue attività quotidiane.

Sotto tale profilo il Dott. Rossetti, relatore della citata pronuncia ricordava che “In questo senso si espresse già quasi vent'anni fa (ma inascoltata) la Società Italiana di Medicina Legale, la quale in esito al Congresso nazionale tenuto nel 2001 definì il danno biologico espresso nella percentuale di invalidità permanente, come "la menomazione (...) all'integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali (...), espressa in termini di percentuale della menomazione dell'integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti".”

Pertanto per danno biologico è da intendersi il danno alla salute nei suoi riflessi dinamico relazionali. Prosegue la Cassazione “Non, dunque, che il danno alla salute “comprenda” pregiudizi dinamico-relazionali dovrà dirsi; ma piuttosto che il danno alla salute è un danno “dinamico relazionale”. Se non avesse conseguenzedinamico relazionali”, la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico-legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile.”

Dunque l’incidenza di una menomazione permanente sulle quotidiane attività dinamico-relazionali della vittima non è un danno diverso dal danno biologico ma è proprio ciò che lo compone.

Nell’ambito della lesione della salute e dei suoi profili dinamico-relazionali vi possono essere conseguenze comuni a tutte i soggetti che hanno quel grado di invalidità e conseguenze peculiari che abbiano cioè reso il pregiudizio subito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi similari.

Mentre le prime vengono liquidate dietro mera dimostrazione del grado di invalidità, le seconde richiedono la prova concreta ed effettiva del maggior pregiudizio subito onde ottenerne il risarcimento mediante personalizzazione del danno. Ed infatti “In applicazione di tali princìpi, questa Corte ha già stabilito che soltanto in presenza di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014).”

Il danno morale, infine, è costituito invece dai[1] “..pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione).”

Il danno morale è quindi una categoria autonoma[2] rispetto al danno biologico e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore del tutto autonomo e indipendente dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato e che costituiscono come detto l’essenza del danno biologico.

L’autonomia di questa categoria – e il suo non automatico riconoscimento – si è riverberata nella revisione delle Tabelle di Milano che nella loro versione del 2021 specificano e distinguono nella liquidazione del danno non patrimoniale la componente biologico/relazionale e quella morale.

Nella pronuncia di settimana scorsa la Corte di Cassazione ha quindi chiarito l’operazione che gli operatori del diritto si trovano a dover fare nel momento della liquidazione delle poste risarcitorie e cioè dividere il danno non patrimoniale nelle sue componenti dinamico/relazionale (id est il danno biologico, se del caso personalizzato) e quella morale. Ed infatti “il giudice di merito dovrà:

1) accertare l'esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale;

2) in caso di positivo accertamento dell'esistenza (anche) di un danno da sofferenza morale, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che preved(eva)ono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervenivano, per il danno biologico - prima dell'ultima, necessaria modificazione all'indicazione di un valore monetario automaticamente e complessivamente unitario (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno);

3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno, considerare la sola voce del danno biologico (espressamente ed esclusivamente definito dal legislatore, fin dall'anno 2000, come danno dinamico/relazionale), depurata dall'aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, e liquidando, conseguentemente il solo aspetto dinamico-relazionale del danno;

4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno secondo gli stringenti criteri indicati dalla sentenza 7513/2018, procedere all'aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale, automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni.”

4.15   Di conseguenza la personalizzazione del danno:

- andrà riconosciuta solo dietro specifica e concreta dimostrazione “di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età.”[3]

- se dimostrata, andrà liquidata mediante aumento “fino al 30% del valore del solo danno biologico[4] e non prendendo a riferimento il danno non patrimoniale nella sua unitarietà. 

 

[1] Cass. Civ. sent. n. 7513 del 2018 

[2] Cass. Civ. ordinanza n. 15733 del 17.05.2022

[3] Civile Ord. Sez. 3 Num. 7513 Anno 2018

[4] Cass. civ. Sez. III, Ord., 12.09.2022, n. 26805


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