APPROFONDIMENTI

Può l’Intelligenza Artificiale far diventare la Sanità più umana?

29/06/2020

di Avv. Gianluca Marmorato

La domanda sembra provocatoria, ma è il frutto delle analisi circa le svariate implicazioni del crescente sviluppo tecnologico cui stiamo assistendo.

 Quanta strada è stata fatta sul fronte dell’Intelligenza Artificiale da quando nell’ormai lontano 1950 Alan Turing propose nel suo celebre scritto il quesito, molto più filosofico che tecnologico, “can machines think?”.

Da allora si sono susseguiti una serie innumerevole di studi, esperimenti ed applicazioni, costellati di grandi speranze e successi, ma anche di rovinosi fallimenti; penso sia utile ricordare tra le varie tesi che accompagnano questo delicato argomento, il vivo timore espresso da Ray Kurzweill, cofondatore di Google, il quale pone da tempo  evidenza in numerosi suoi scritti di ciò che definisce Singolarità Tecnologica, il punto di fusione tra uomo e macchina, che potrebbe determinare il superamento delle funzioni autonome dei calcolatori rispetto all’uomo.

Il mondo della Sanità sta vivendo un momento di passaggio cruciale verso una sempre maggiore digitalizzazione, intesa quale sviluppo di sistemi di Intelligenza Artificiale, integrati con l’implementazione delle attrezzature mediche ed una sempre più accurata analisi dei Big Data.

In considerazione della delicatezza della Salute, intesa quale bene che necessita di un’attenta tutela, crescenti in molti analisti appaiono i dubbi proprio sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale; vi è il timore infatti che ciò possa determinare una possibile sostituzione massiva degli operatori sanitari, in favore di calcolatori sempre più evoluti.

Un recente studio svolto dall’MIT Technology Review, unitamente alla GE Healthcare ha evidenziato come un attento e avanzato utilizzo degli strumenti di Intelligenza Artificiale possano, lungi dal creare problemi di sostituzione dell’uomo, coadiuvare invece attivamente il personale sanitario, inteso quale insieme delle professionalità che operano all’interno di strutture ospedaliere, da quello medico, all’infermieristico, a quello amministrativo e manageriale, nell’espletamento delle rispettive attività.

È stato all’uopo effettuato un sondaggio con il coinvolgimento di 900 professionisti operanti in strutture dislocate negli Stati Uniti e nel Regno Unito ed il risultato ha posto in evidenza come l’utilizzo consapevole ed avanzato degli strumenti di IA consenta un considerevole risparmio in termini di tempo per lo svolgimento di alcune mansioni quali la compilazione della documentazione clinica.

Colpisce molto il dato secondo il quale circa il 45% dei sanitari che operano in strutture avanzate tecnologicamente riesca a dedicare un maggior tempo per i colloqui con i pazienti (aspetto spesso purtroppo sottovalutato, ma che incide notevolmente sul delicato rapporto medico/paziente) o per effettuare approfondite analisi diagnostiche.

In buona sostanza è stato compreso che il fondamentale apporto dei calcolatori, che riescono certamente a porre in essere una mole notevole di attività computazionale (fondamentale ad esempio in attività quale la diagnostica per immagini), non potrà sostituire la componente umana, in attività fondamentali quali l’ascolto ed il dialogo dei soggetti pazienti, ovvero la comparazione ed analisi logica di quei dati, frutto della massiva attività di sensori e sistemi neurali artificiali.

Con  percentuale molto elevata (circa il 75%) il personale sanitario ha riscontrato che, attraverso l’ausilio tecnologico, si possa determinare una migliore allocazione del tempo umano, consentendo di fatto un migliore e maggiore riposo, che si traduce in una riduzione di stanchezza fisica ed emotiva, spesso alla base di errori clinici.

Gli Uffici preposti all’analisi e gestione dei Rischi clinici sono ben consapevoli del fatto che una sostanziosa percentuale di errori sanitari è certamente conseguente al burn-out del personale clinico, e poter incidere con la riduzione percentuale di rischiosità determina un considerevole vantaggio sociale ed economico.     

Recente è inoltre una pubblicazione della US National Academy of Medicine[1] nella quale, pur facendo riferimento ad una crescita considerevole di tale trend tecnologico, i cui investimenti per il 2021 sono stimati in $6,6 miliardi, viene fatto espresso invito agli stakeholders ed ai Governi di porre la massima cautela ed attenzione rispetto a strumenti che hanno implicazioni circa temi tanto delicati e che necessitano di fondamentali aspetti, quali la tutela dei dati raccolti, la trasparenza ed una adeguata e specialistica formazione nell’utilizzo degli strumenti, oltre che una attenta e specifica legislazione atta a regolare le modalità ed i limiti di utilizzo.

 

[1] Artificial Intelligence in Health Care: the hope, the hype, the promise, the peril