APPROFONDIMENTI

Rischio cyber e danni

23/05/2019

di Avv. Gianluca Marmorato

Il costante progresso tecnologico, oltre ad evidenti miglioramenti sociali, sta determinando l’aumento della vulnerabilità dei sistemi informatici, a causa di sempre nuove e sofisticate forme di attacco cyber.

Sono ormai trascorsi due anni dal noto attacco  Ransomware denominato WannaCry, che si è propagato in oltre 150 Stati, causando il blocco di un numero di endpoints che supera i 200.000 e che ha causato danni (diretti ed indiretti) che sono stati quantificati in circa 5 miliardi di Dollari.

In termini normativi, molto si sta facendo per sensibilizzare e regolare la delicata materia digitale ed informatica, dall’introduzione del Regolamento Europeo 679/2016, meglio noto come GDPR, all’entrata in vigore della Direttiva NIS, oltre ancora al recente Cyber Security Act, ma nonostante ciò, i più accreditati analisti ed esperti concordano nella valutazione che circa il 90% delle Aziende italiane non abbia ancora raggiunto un sufficiente grado di sicurezza informatica.

Le ragioni di questo ritardo possono probabilmente essere ricercate in fattori “culturali” (basso grado di conoscenze delle tecnologie emergenti) nella sostanziale sottovalutazione dei rischi connessi all’attività digitale, almeno per quanto riguarda le piccole realtà produttive.

Recenti ricerche effettuate su Aziende con fatturato che supera i 10 milioni di Dollari  hanno invece individuato come gli attacchi Cyber siano al secondo posto tra i danni più temuti[1], dopo quelli da business interruption (che invero sono spesso strettamente connessi agli attacchi informatici).

Analizzando statistiche Oltreoceano relativamente ai danni subiti da Aziende USA negli ultimi anni a causa di attacchi cibernetici, si può comprendere quanto sia alta l’incidenza economica di tali fenomeni, giungendo a determinare esborsi che variano in media tra i 7 ed i 650 Milioni di Dollari[2].

Cercando di analizzare la tipologia più frequente di incidenti Cyber, essi possono così essere sinteticamente raggruppati:

  • Violazione dei dati riservati (sottrazione di segreti aziendali, divulgazione non autorizzata di informazioni), che determinano danni quali l’interruzione dell’esercizio, costi per il ripristino dei sistemi, danno d’immagino, sanzioni per errata adozione delle misure di sicurezza, spese legali, risarcimento danni verso soggetti danneggiati
  • Intromissione esterna nei sistemi informativi (hackeraggio delle reti informatiche o sito aziendale), che determina danni quali la sostituzione dei sistemi informatici, costi per attività diagnostica, danno all’immagine, sanzioni per errata adozione delle misure di sicurezza, spese legali, risarcimento danni verso soggetti danneggiati, responsabilità delle cariche direttive
  • Cancellazione dei dati (attacco malware o virus informatico), che determina danni quali l’interruzione dell’esercizio, costi per il contenimento dei danni, decremento della reputazione, sanzioni per errata adozione delle misure di sicurezza, spese legali, risarcimento danni verso soggetti danneggiati, responsabilità delle cariche direttive
  • Blocco crittografico dei dati (attacco Ramsomware) che determina danni quali l’interruzione dell’esercizio, costi per il contenimento dei danni, danno d’immagine, sanzioni per errata adozione delle misure di sicurezza, spese legali, risarcimento danni verso soggetti danneggiati, responsabilità delle cariche direttive

La crescente incidenza di questa tipologia di rischio, e i danni conseguenti, sono peraltro strettamente connessi alla frequente difficoltà da parte dei soggetti coinvolti di venire a conoscenza degli eventi; è stato infatti calcolato che in media, il tempo impiegato da un’impresa per percepire l’attacco cyber è di circa 205 giorni, mentre il tempo necessario alla soluzione e ripristino ammonta a 74 giorni.

È facilmente intuibile che, in caso di attacco informatico, un tempo così lungo può determinare il considerevole aumento dei  danni sopra cennati.

Le principali attività utili a contenere il rischio cibernetico prendono le basi innanzi tutto  dalla presa di consapevolezza della tipologia di rischio, cui deve seguire una attenta attività di valutazione, elaborazione delle misure tecniche ed organizzative necessarie ed implementazione delle strategie aziendali (tra le quali le attività di compliance alle norme vigenti).

Un’importante forma di prevenzione e contenimento del rischio cibernetico va ravvisata senza dubbio anche nella stipula di un’adeguata copertura assicurativa che, attraverso le garanzie contrattuali, possa risarcire l’assicurato dei danni subiti, oltre a quelli causati a soggetti terzi.

Le possibili principali garanzie possono sinteticamente essere ricomprese nelle seguenti previsioni:

  1. Assistenza tecnica e legale: supporto di specialisti IT, Security  e Legal che possano valutare le circostanze conseguenti ad un evento e fornire pronta consulenza atta a porre in essere tempestivamente le necessarie misure correttive.
  2. Cyber estorsione: l’Assicuratore potrà coprire i costi derivanti da Ransomware e gli eventuali danni derivati a terzi.
  3. Violazione dei dati: l’Assicuratore potrà coprire i costi derivanti da un Data Breach, quali le attività necessarie per le notifiche agli Organi di controllo ed ai clienti interessati dalla violazione, oltre ai danni derivati a terzi.
  4. Danni da interruzione di esercizio: sarà possibile la copertura per i danni determinati a causa di interruzione di attività, quali la perdita finanziaria ed i danni derivati a terzi.
  5. Web reputation: l’Assicuratore darà copertura a fronte di richiesta risarcitoria per danni provocati a terzi tramite utilizzo di attività multimediali, quali la calunnia, la diffamazione, la violazione di diritti di IP o violazione di copyright.
  6. Danni ambientali: risarcimento per danni ambientali da inquinamento determinato da un attacco informatico.

Si evince quindi che la particolarità dei prodotti assicurativi in materia Cyber consista nella predisposizione di strumenti adeguati alla gestione del rischio, sia in termini di prevenzione (ex ante) che attività  successiva al verificarsi degli eventi (ex post).

 

[1] Fonte Allianz Risk Barometer 2018

[2] Fonte Sigma - Swiss Re 2018

Pubblicazioni

Solamente qualche giorno fa – ordinanza n. 26805 del 12.09.2022 - la Corte di Cassazione è intervenuta per fare ancora una volta chiarezza sulle differenze semantiche e ontologiche esistenti tra il danno biologico, il danno morale e la personalizzazione. Termini polisemici e di frequente mal interpretati.

Nel richiedere la liquidazione del danno non patrimoniale spesso le parti incorrono in confusione nel nominare in modo diverso concetti uguali o nel richiedere più volte uno stesso nocumento indicandolo sotto diverse nomenclature.

Il corretto inquadramento di queste componenti che appartengono ad un unico genus – cioè quello del danno non patrimoniale - è indispensabile al fine di applicare in modo appropriato i criteri per la loro liquidazione, anche in virtù delle modifiche di recente apportate dall’Osservatorio di Milano alle tabelle meneghine.

Una prima precisazione va fatta con riferimento al danno biologico che i più fanno coincidere con il danno alla salute.

In realtà, come ben chiarito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 7513 del 2018, il danno alla salute non va considerato, e in questo senso è d’accordo anche la medicina legale italiana, come nocumento fisico in re ipsa ma piuttosto quale compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento di tutte le sue attività quotidiane.

Sotto tale profilo il Dott. Rossetti, relatore della citata pronuncia ricordava che “In questo senso si espresse già quasi vent'anni fa (ma inascoltata) la Società Italiana di Medicina Legale, la quale in esito al Congresso nazionale tenuto nel 2001 definì il danno biologico espresso nella percentuale di invalidità permanente, come "la menomazione (...) all'integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali (...), espressa in termini di percentuale della menomazione dell'integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti".”

Pertanto per danno biologico è da intendersi il danno alla salute nei suoi riflessi dinamico relazionali. Prosegue la Cassazione “Non, dunque, che il danno alla salute “comprenda” pregiudizi dinamico-relazionali dovrà dirsi; ma piuttosto che il danno alla salute è un danno “dinamico relazionale”. Se non avesse conseguenzedinamico relazionali”, la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico-legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile.”

Dunque l’incidenza di una menomazione permanente sulle quotidiane attività dinamico-relazionali della vittima non è un danno diverso dal danno biologico ma è proprio ciò che lo compone.

Nell’ambito della lesione della salute e dei suoi profili dinamico-relazionali vi possono essere conseguenze comuni a tutte i soggetti che hanno quel grado di invalidità e conseguenze peculiari che abbiano cioè reso il pregiudizio subito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi similari.

Mentre le prime vengono liquidate dietro mera dimostrazione del grado di invalidità, le seconde richiedono la prova concreta ed effettiva del maggior pregiudizio subito onde ottenerne il risarcimento mediante personalizzazione del danno. Ed infatti “In applicazione di tali princìpi, questa Corte ha già stabilito che soltanto in presenza di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014).”

Il danno morale, infine, è costituito invece dai[1] “..pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione).”

Il danno morale è quindi una categoria autonoma[2] rispetto al danno biologico e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore del tutto autonomo e indipendente dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato e che costituiscono come detto l’essenza del danno biologico.

L’autonomia di questa categoria – e il suo non automatico riconoscimento – si è riverberata nella revisione delle Tabelle di Milano che nella loro versione del 2021 specificano e distinguono nella liquidazione del danno non patrimoniale la componente biologico/relazionale e quella morale.

Nella pronuncia di settimana scorsa la Corte di Cassazione ha quindi chiarito l’operazione che gli operatori del diritto si trovano a dover fare nel momento della liquidazione delle poste risarcitorie e cioè dividere il danno non patrimoniale nelle sue componenti dinamico/relazionale (id est il danno biologico, se del caso personalizzato) e quella morale. Ed infatti “il giudice di merito dovrà:

1) accertare l'esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale;

2) in caso di positivo accertamento dell'esistenza (anche) di un danno da sofferenza morale, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che preved(eva)ono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervenivano, per il danno biologico - prima dell'ultima, necessaria modificazione all'indicazione di un valore monetario automaticamente e complessivamente unitario (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno);

3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno, considerare la sola voce del danno biologico (espressamente ed esclusivamente definito dal legislatore, fin dall'anno 2000, come danno dinamico/relazionale), depurata dall'aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, e liquidando, conseguentemente il solo aspetto dinamico-relazionale del danno;

4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno secondo gli stringenti criteri indicati dalla sentenza 7513/2018, procedere all'aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale, automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni.”

4.15   Di conseguenza la personalizzazione del danno:

- andrà riconosciuta solo dietro specifica e concreta dimostrazione “di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età.”[3]

- se dimostrata, andrà liquidata mediante aumento “fino al 30% del valore del solo danno biologico[4] e non prendendo a riferimento il danno non patrimoniale nella sua unitarietà. 

 

[1] Cass. Civ. sent. n. 7513 del 2018 

[2] Cass. Civ. ordinanza n. 15733 del 17.05.2022

[3] Civile Ord. Sez. 3 Num. 7513 Anno 2018

[4] Cass. civ. Sez. III, Ord., 12.09.2022, n. 26805


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