Trasporto terrestre: incorre in colpa grave il vettore che lascia le chiavi nel veicolo, anche se all’interno di area privata chiusa e recintata.
20/02/2020
di Avv. Simone MorettiIn una recente sentenza, resa nell’ambito di un’azione di rivalsa esperita da una compagnia di assicurazioni in forza di copertura trasporti per conto di chi spetta, il Tribunale di Biella (Trib. Biella del 05.02.20) ha affrontato il tema della responsabilità del vettore terrestre per il furto della merce trasportata, fornendo alcuni spunti interessanti circa la ripartizione dell’onere della prova e la verifica della sussistenza della colpa grave, che come noto esclude l’invocabilità del limite di responsabilità 1€/kg.
Il Tribunale ha ribadito che -nell’ambito del contratto di trasporto regolato dal Codice Civile- il vettore è gravato di una presunzione di responsabilità ex recepto, superabile “solo con la dimostrazione che l’evento occorso integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, sussistenti, nell'ipotesi di furto, soltanto qualora la sottrazione sia avvenuta con violenza o minaccia o, comunque, in circostanze tali da renderla imprevedibile e inevitabile”.
Grava sul vettore, di conseguenza, fornire la dimostrazione di aver adottato tutte le cautele idonee ad evitare il furto “essendo il giudice tenuto a verificare se i fatti, pur riconducibili a un reato, si siano svolti con modalità a tal punto atipiche e abnormi da doversi ritenere imprevedibili e inevitabili, nonostante le misure di prevenzione adottate da parte debitrice”.
Nel caso in esame, il vettore terrestre aveva lasciato l’automezzo sul quale era caricata la merce all’interno di un’area privata, recintata, munita di telecamere e chiusa da una sbarra. Tuttavia, le chiavi del veicolo erano state lasciate all’interno del quadro e le portiere non erano state chiuse per il tempo in cui l’autista era rimasto all’interno degli uffici della ditta titolare dell’area.
Dall’esame di tali circostanze, il Giudice ha ritenuto che il furto non costituisse “né un evento imprevedibile e inevitabile, né un fatto illecito slegabile dalla condotta negligente del vettore, avendo quest’ultimo di fatto agevolato la sottrazione illecita del camion e dei beni ivi contenuti proprio a causa delle omesse misure da parte sua di cautela postulate dall’art. 1693 c.c., a fortiori se si considera che l’area era circondata da una recinzione corrente lungo tutto il perimetro, salvo che in corrispondenza del varco di ingresso attraversato da una mera sbarra”.
Secondo il Tribunale, era altamente improbabile che il furto si sarebbe potuto perfezionare in pieno giorno, in un così ristretto arco di tempo, all’interno di un cortile durante la permanenza presso gli uffici da parte dell’autotrasportatore “qualora questi, in considerazione della sbarra manifestamente non impediente l’ingresso di persone a piedi, avesse estratto le chiavi dal quadro e avesse chiuso l’abitacolo del mezzo”. Il furto è stato dunque ritenuto eziologicamente ricollegabile alla condotta negligente del vettore, con assorbimento di qualsivoglia altra doglianza quale il travolgimento dell’asta posta sul varco dell’area.
I principi enunciati dal Tribunale appaiono conformi alla giurisprudenza di merito formatasi sull’argomento, che ha costantemente assunto un atteggiamento rigoroso rispetto alla verifica del grado di diligenza professionale richiesto al vettore, qualificando il furto (e talvolta anche la rapina) come un rischio assolutamente prevedibile nell’ambito del trasporto terrestre.
In merito alla quantificazione del danno, il Giudice ha accolto le domande della compagnia agente in rivalsa in virtù della genericità delle contestazioni avversarie. Su tale punto, il Tribunale ha evidenziato alcuni fondamentali principi di diritto in tema di ripartizione dell’onere della prova ricordando “come ai sensi dell’art. 2967 c.c. chi eccepisce l'inefficacia probatoria dei fatti posti a fondamento della domanda attrice “ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”, anche qualora si tratti di fatti cd. negativi, non possa limitarsi alla mera e apodittica contestazione dialettica: anche in caso eccepita non debenza della somma da parte del convenuto, quest’ultimo è gravato dall’onere della cd. prova negativa, atteso che “la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo” (Cfr. ex plurimis, Tribunale Palermo sez. V, 28/08/2019, n.3886)”.
Alla luce di tali considerazioni, il Giudice ha concluso che “in caso di mancata specifica confutazione - da intendersi nel senso sopra indicato - da parte debitrice dei danni allegati e provati da controparte, nonché di omesso adeguato corredo probatorio a supporto delle eccezioni ex art. 2967, 2° c. c.c., la domanda svolta da parte creditrice non può che essere accolta”.