APPROFONDIMENTI

Legge Gelli - Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria

18/05/2018

di Avv. Gianluca Marmorato

Tra i diversi aspetti innovativi introdotti con la Legge 24/2017,  meglio conosciuta come Legge Gelli, e che si ritiene necessario a distanza di poco più di un anno dalla sua entrata in vigore porre ancora l'attenzione,  troviamo all’art. 13  l’obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità.

Con questo strumento il Legislatore ha tentato di porre le basi per un pieno coinvolgimento del personale sanitario laddove vi sia l’instaurazione di un giudizio promosso da un presunto danneggiato nei confronti della struttura sanitaria, contestandone  il corretto operato.

Il concetto ed il significato di “coinvolgimento”, ben illustrato nelle relazioni accompagnatorie alla norma,  traspare nella varie parti della novella e, forse ancor più che in altre innovazioni introdotte, manifesta l’intento di instaurare un dialogo tra i diversi soggetti interessati (danneggiato, Struttura, personale), in modo da aprire la strada verso un auspicabile migliore approfondimento della vicenda dedotta in sede di richiesta risarcitoria, che potrà venire così analizzata, non solo da parte della struttura, ma anche con il, spesso, fondamentale supporto del personale; contemporaneamente peraltro –lo si comprende segnatamente dal testo degli artt 13 e 9- vengono poste le condizioni, anche formali, per possibili eventuali azioni di rivalsa nei casi di responsabilità per dolo o colpa grave[1].

La strada può essere considerata aperta, nonostante molti passi dovranno essere ancora fatti per armonizzare l’intento del Legislatore con il testo normativo e con la prassi ormai consolidata.

Dalla lettura integrale dell’art. 13[2] si prende contezza del fatto che il Legislatore abbia inteso porre l’obbligo di comunicazione agli esercenti la professione sanitaria sia nel caso dell’instaurazione del giudizio da parte del presunto danneggiato, ma anche nel caso di avvio di trattative definitorie.

La ragione di tale duplice circostanza appare del tutto coerente con le intenzioni cennate, ma a ben vedere, appare acquisire preminenza la necessità di strutturare la comunicazione come condizione necessaria per le possibili eventuali azioni di rivalsa.

Il legislatore ha infatti tenuto ad evidenziare con accuratezza l’obbligo di comunicazione, a cura delle strutture sanitarie, sociosanitarie ed anche delle imprese assicuratrici che prestino la copertura assicurativa nei confronti dei soggetti previsti all’art. 10, prevedendo espressamente la sanzione della mancata ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa nei casi in cui la comunicazione sia omessa, tardiva rispetto al termine originariamente previsti in dieci giorni (termine ampliato a giorni 60 a seguito di correttivo ), o incompleta.

Non passeranno peraltro inosservati alcuni elementi che da più parti vengono definiti come “critici” rispetto alla non compiuta intelligibilità dell’istituzione di tale comunicazione, in particolar modo rispetto ai soggetti destinatari, o la richiesta completezza di tale informazione, o ancora ai soggetti che hanno l’onere di tale adempimento, e per ultimo se per trattative (definite testualmente come stragiudiziali), debbano essere intese anche quelle instaurate nel corso del giudizio, solitamente avviabili a seguito dell’espletamento della Consulenza Tecnica d’Ufficio.

Per fornire una  chiave di lettura, a distanza di oltre un anno dall’entrata in vigore della nota Legge, che potrà ulteriormente subire variazioni a seguito dell’intervento del Legislatore, con previsti futuri ulteriori correttivi, si ritiene che gli obiettivi di cui è stata fatta breve menzione possano ben fornire supporto interpretativo.

Un primo aspetto su cui appare necessario focalizzare l’attenzione è rappresentato dal soggetto destinatario della comunicazione, e per fare ciò cerchiamo di porre a noi stessi il quesito se il Legislatore abbia inteso tale soggetto in via restrittiva (i.e. il determinato esercente “sulla cui responsabilità si fonda il giudizio”) ovvero considerato in senso più ampio, estendendo tale indicazione a tutti i membri delle possibili equipe mediche (ed anche agli altri esercenti le professioni sanitarie)  che hanno avuto in qualche modo rapporti con il  danneggiato reclamante.

In considerazione della espressa necessità di collaborazione rispetto alla domanda risarcitoria, e, in via implicita, tenuto conto della auspicata valenza deflattiva della norma recentemente introdotta, appare plausibile il coinvolgimento limitatamente al soggetto (o soggetti) espressamente indicati dal danneggiato, o in assenza di tale identificazione, del personale la cui attività possa aver rappresentato elementi asseritamente censurabili; risulterebbe invece non obbligatoria  l’effettuazione della comunicazione a tutti quei soggetti le cui attività possano essere state espletate esclusivamente in qualità di partecipanti al team o equipe, ma prive di quella valenza tale da farli ricadere in presupposti di sussistenza della responsabilità professionale.

Tale interpretazione appare in adesione anche con le valutazioni riguardanti i presupposti  formali di cui all’esercizio del diritto di rivalsa, che, come ben noto, rappresenta la prerogativa nei confronti del soggetto le cui attività possano essere rappresentate censurabili in ragione di dolo o colpa grave.

Circa i soggetti titolati ad effettuare la comunicazione de qua, essi vengono individuati nelle aziende sanitarie e sociosanitarie interessate, nonché le compagnie assicuratrici dei soggetti per i quali è stata introdotto l’obbligo di copertura assicurativa con l’art. 10[3].

Non si ritiene, invero, che le comunicazioni possano essere effettuate da altri soggetti estranei a quelli supra menzionati, i quali manifesterebbero invero un carente interesse giuridico in punto.

Il Legislatore ha sentito la necessità di dettare i principi relativamente all’oggetto della comunicazione (a dire il vero lasciando al lettore ampi margini interpretativi), e si ritiene che per quanto riguarda il giudizio risarcitorio, l’informativa debba necessariamente contenere l’atto introduttivo, onde consentire al soggetto esercente l’eventuale partecipazione processuale.

Nel caso invece di avvio delle ipotesi transattive, la formale comunicazione dovrà contenere il testo dell’accordo su cui le parti hanno posto in essere la trattativa, in modo da poter portare a conoscenza del soggetto esercente le intenzioni definitorie, sulle quali poter esprimere la propria posizione.

Restando infine in ambito di trattative, il Legislatore ha testualmente indicato quelle stragiudiziali, per le quali è stato posto l’obbligo informativo, ma si ritiene che la comunicazione debba essere intesa obbligatoria anche (e al dire il vero, soprattutto) nel caso in cui le trattative intervengano nelle more di un giudizio contenzioso e che sorgano all’esito della fase istruttoria.

Invero, se ragioniamo di comunicazione in questi termini (nel corso del giudizio), presupponiamo implicitamente che il soggetto esercente non sia parte costituita (in caso contrario infatti non sarebbe in ogni caso avviabile alcuna trattativa in sua assenza), ed appare pertanto evidente che la eventuale trattativa sia necessariamente da portare alla conoscenza del personale le cui attività abbiano spinto l’azienda (ovvero la compagnia assicuratrice) a definire in via transattiva la vertenza in questione.

Come abbiamo suntivamente visto, solo nel caso di avvenuta corretta e tempestiva comunicazione, l’azienda (ovvero l’assicuratore) potrà avere la facoltà di attivare le azioni di rivalsa previste.

Gli operatori del Diritto stanno facendo opera di analisi ermeneutica del testo legislativo, e forse ancor più delle intenzioni espresse che hanno accompagnato questa riforma, che intende aver lanciato le basi per una revisione globale della complessa materia sanitaria, per la quale invero si attendono le successive attività correttive e legislative per proseguire il cammino nei vari istituti previsti.  

 

[1] L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la  professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave… (art. 9 comma 1)

 

[2] Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui  all'articolo  7, comma 1, e le imprese di  assicurazione  che  prestano  la  copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi 1  e   2,   comunicano   all'esercente   la   professione   sanitaria l'instaurazione  del  giudizio  promosso  nei  loro   confronti   dal danneggiato,  entro  sessanta  giorni  dalla  ricezione  della  notifica dell'atto introduttivo,  mediante  posta  elettronica  certificata  o lettera raccomandata  con  avviso  di  ricevimento  contenente  copia dell'atto  introduttivo  del  giudizio.  Le  strutture  sanitarie   e sociosanitarie e le  imprese  di  assicurazione  entro  sessanta  giorni comunicano all'esercente la  professione  sanitaria,  mediante  posta elettronica  certificata  o  lettera  raccomandata  con   avviso   di ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con  invito  a  prendervi  parte.  L'omissione,   la   tardività   o l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l'ammissibilità  delle  azioni  di  rivalsa  o  di   responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9.

[3] Le strutture sanitarie  e  sociosanitarie  pubbliche  e  private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure  per  la  responsabilità civile  verso  terzi   e   per   la responsabilità   civile   verso   prestatori d'opera,   ai   sensi dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno  2014,  n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge  11  agosto  2014,  n. 114, anche per danni  cagionati  dal  personale  a  qualunque  titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie  pubbliche  e private,  compresi  coloro  che  svolgono  attività  di  formazione,

aggiornamento nonché di sperimentazione e  di  ricerca  clinica.  La disposizione del primo periodo  si  applica  anche  alle  prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria  ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale  nonché attraverso la telemedicina. Le strutture  di  cui  al  primo  periodo stipulano, altresì, polizze assicurative o adottano  altre  analoghe misure per la copertura  della  responsabilità  civile  verso  terzi

degli esercenti le professioni sanitarie anche ai  sensi  e  per  gli effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo  7,  fermo restando quanto previsto dall'articolo 9. Le disposizioni di  cui  al periodo precedente non si applicano in relazione  agli  esercenti  la professione sanitaria di cui al comma 2… (art 10 comma 1)