APPROFONDIMENTI

INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA (C.D. ICA) E ONERI DELLA PROVA: SPETTA AI CONGIUNTI DEL PAZIENTE DIMOSTRARE LA CONDOTTA COLPOSA DELLA STRUTTURA PER IL RISARCIMENTO DEI DANNI IURE PROPRIO

31/01/2024

di Avv. Stefano Ricciardi

Il fallimento della prova liberatoria, sul versante dell’inadempimento contrattuale, non equivale a ritenere soddisfatto l’onere probatorio su quello extracontrattuale.”

Questa, in due parole, la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Roma in una pronuncia dell’11 dicembre 2023 con un dispositivo che, di primo acchito, potrebbe sembrare contraddittorio ma che in realtà tale non è.

Nella medesima vertenza il Tribunale ha infatti:

  • da un lato riconosciuto il risarcimento del danno subito dal paziente per l’infezione (e poi trasmesso iure succesionis ai suoi eredi)
  • dall’altro respinto le richieste avanzate direttamente dai congiunti negando loro, quindi, il riconoscimento del c.d. danno da perdita del rapporto parentale.

La bussola che ha orientato il Tribunale in questa decisione è costituita dal diverso riparto probatorio che la giurisprudenza riconosce, oramai in maniera unanime, in capo ai congiunti del paziente a seconda che le loro domande afferiscano ai danni direttamente subiti (soggette agli oneri della responsabilità extracontrattuale) o ai danni subiti dal paziente e poi trasmessi loro in via ereditaria (rientranti, invece, nell'alveo della responsabilità contrattuale).

Quanto agli oneri probatori sottostanti alle richieste svolte iure hereditatis il Tribunale ha ricordato che “Il precipitato di questo principio al caso di specie si concretizza nell’onere per il paziente di provare la contrazione dell’infezione in ambiente ospedaliero secondo i consueti parametri del criterio temporale, topografico e clinico, mentre è onere della struttura dimostrare l’inevitabilità (la prevedibilità è data come scontata secondo una certa frequenza statistica) del contagio o la sua provenienza allogena per una precedente colonizzazione del paziente stesso. “

Per vedersi riconoscere questo tipo di nocumento il paziente (rectius i suoi eredi) deve solo dimostrare la riconducibilità dell’infezione all’ambiente ospedaliero; spetterà poi alla struttura fornire la prova liberatoria della causa a sé non imputabile.

Osserva il Tribunale al riguardo “Per i danni direttamente subiti dal paziente, e poi trasmessi ai congiunti/eredi, affinché la tesi dell’inevitabilità dell’ICA possa avere efficacia scriminante nel comportamento della struttura occorrerebbe, per un verso, fornire la dimostrazione del numero di casi registrati nel reparto di ricovero del paziente che ha contratto l’infezione in un range temporale adeguato per fornire la prova di un contenimento e/o di una episodicità del contagio, per altro, dimostrare che abbia concorso all’esito letale dell’infezione e al successivo decesso un’antibiotico-resistenza del paziente stesso dimostrata dall’inefficacia delle somministrazioni ospedaliere o una sua congenita immunodeficienza (Cass. 23 febbraio 2023 n. 5631). “

Se però la struttura fallisce in questa dimostrazione, non per questo ai congiunti deve e può - in via automatica - essere riconosciuta la liquidazione anche dei danni richiesti iure proprio come, ad es., il c.d. danno da lesione del rapporto parentale.

Danno diverso, oneri della prova diversi.

Per l'accertamento di questa voce – e quindi di tutte le richieste avanzate iure proprio - gli oneri probatori sono quelli, più stringenti, sottesi alla responsabilità aquiliana.

Ricorda il Tribunale “ Laddove, invece, ad agire siano iure proprio – come nel caso di specie – i conviventi del paziente l’intero onere probatorio ex art. 2043 Cc si trasferisce sugli attori i quale devono allegare la prova della condotta colpevole, del nesso causale e della correlazione eventistica..”

Se da un lato in più occasioni (https://boglione.eu/approfondimento/il-prontuario-per-le-aziende-ospedaliere-nei-giudizi-conseguenti-a-infezioni-ospedaliere-lordinanza-della-cassazione-n-16900-del-13.06.2023) la Corte di Cassazione ha elencato le numerose allegazioni probatorie richieste alla struttura per fornire la prova liberatoria in caso di responsabilità contrattuale, dall’altro i congiunti del paziente non possono utilizzare il mancato raggiungimento della prova liberatoria per vedersi automaticamente riconoscere anche i danni direttamente subiti, eludendo di fatto gli oneri probatori della responsabilità aquiliana a cui queste poste risarcitorie sono inequivocabilmente soggette.  

La circostanza che l’ospedale non abbia provato il corretto adempimento delle proprie obbligazioni di sicurezza sanitaria non equivale a ritenere, nel versante della responsabilità aquiliana, che sia stata allegata e prodotta da parte dei reclamanti la prova della condotta colpevole della medesima struttura con riferimento al periodo di insorgenza dell’infezione.

E infatti “La circostanza che i temi probatori della responsabilità contrattuale (art.7, comma 1, Legge 24 del 2017) ed extracontrattuale (art. 2043 Cc) tendano in concreto a convergere non altera i connotati propri di quest’ultima (si pensi alla prescrizione quinquennale) e non esonera gli attori dalla dimostrazione della derivazione causale del danno da una condotta colpevole della Struttura (quantunque pericolosa) .. “

Prosegue il Tribunale “Il decidente ritiene, sul punto, di doversi allineare ai precedenti della Sezione (art. 118 disp. att. Cpc) che, dall’indiscussa applicazione del regime probatorio di cui all’art.2043 Cc, fanno discendere l’onere per i danneggiati di dar prova della condotta colpevole della Struttura secondo il seguente percorso argomentativo: «Per quanto, invece, attiene alla domanda proposta ... iure proprio si deve evidenziare che, benchè, come già visto, sia risultata provata la sussistenza di un nesso di causa tra il decesso del paziente e l’infezione ... e tra detta infezione e l’intervento subito da …deve ricordarsi che, in materia extracontrattuale, trovano applicazione i principi generali di cui all’art. 2697 c.c., con la conseguenza che chi agisce in giudizio è tenuto a provare non solo la condotta del danneggiante e il nesso di causa tra quest’ultima e il danno, bensì anche l’elemento soggettivo (dolo o colpa). La ricorrente avrebbe, quindi, dovuto provare – e non soltanto allegare – anche la colpa della struttura sanitaria. Tale prova non può, tuttavia, dirsi raggiunta nel caso di specie. Ed infatti, la N… non ha né allegato né provato specifiche negligenze della struttura sanitaria. Né i CTU sono stati in grado di accertare la sussistenza di specifici profili di colpa della struttura sanitaria, in considerazione della carenza di materiale probatorio sul punto … In applicazione dei principi di cui all’art. 2697 c.c., in mancanza di una prova circa la violazione di regole di diligenza, prudenza e/o perizia in materia di prevenzione delle I.C.A. da parte della struttura sanitaria gestita da F.. s.r.l. la domanda proposta dalla N. iure proprio non può, pertanto, trovare accoglimento» (v. Trib. Roma ordinanza del 21.9.2021 R.G. n. 41729/2020 allegata alla comparsa conclusionale di parte convenuta)

Il Giudice ha così respinto il risarcimento dei danni direttamente richiesti dai congiunti spiegando che “Era onere degli attori iure proprio allegare e dimostrare le circostanze di cui si discute attivandosi per l’ammissione di mezzi di prova (finanche ex art. 210 Cpc in direzione dei casi di infezione nel medesimo reparto, della dimostrazione delle attività di sanificazione ect.) che potessero dar prova, persino presuntiva, del mancato rispetto degli obblighi di cui si discute.”

Dunque alcun automatismo risarcitorio in un ambito, quello delle infezioni ospedaliere, che vede troppo spesso le strutture ritenersi soccomebenti già in partenza: c'è ancora tanto da fare sia a livello aziendale/centrale che di personale sanitario per rispondere ai complicati oneri richiesti alle strutture ma, al contempo, sembrerebbe - e il condizionale è d'obbligo - ci si stia lentamente allontanando dalle acque della responsabilità oggettiva.