APPROFONDIMENTI

Avaria comune

08/06/2016

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L'istituto delle a. c. è uno dei più antichi del diritto marittimo. Le sue origini risalgono al diritto Rodio dal quale fu tratta la Lex Rhodia de Iactu, poi trasfusa nel diritto giustinianeo. Nel corso dei secoli l'istituto ha mantenuto sostanzialmente integro il suo principio ispiratore volto all'equa ripartizione, nell'ambito della spedizione marittima, del danno che, per atto volontario finalizzato alla comune salvezza, colpisca uno solo degli interessati (nave o carico) (2). Ferma tale finalità riequilibratrice, l'istituto ha subito modifiche e fluttuazioni, mantenendo però detto tratto genetico e qualificante. Sotto Luigi XIV l'Ordonnance de la Marine del ministro Colbert del 1681 conferì all'istituto disciplina organica e completa. A partire dalla seconda metà del XIX secolo furono elaborate le Regole di York e Anversa, tuttora in continuo aggiornamento, che hanno concluso il ciclo evolutivo dell'a. c. approdando ad uniformità normativa su scala internazionale.
Attualmente esse si compongono di sette regole contraddistinte da altrettante lettere dell'alfabeto e da ventidue regole numerate progressivamente. Le regole letterali enunciano definizioni (come quella di avaria generale alla regola A) o concetti generali mentre quelle numeriche disciplinano casi specifici di atti di a. c. e i criteri pratici per la loro liquidazione e ripartizione (gettito, estinzione dell'incendio, arenamento volontario, remunerazione dei soccorritori, danni in macchina, spese di allibo, spese nel porto di rifugio, danni subiti dal carico durante la scaricazione, riparazione provvisorie, perdita di nolo, danni alla nave, etc.) (6).
Le Regole di York e Anversa sono state concepite come codice contrattuale di regolamento uniforme delle a. c., a livello internazionale, applicabile pertanto solo in caso di espresso richiamo, solitamente operato nei contratti di utilizzazione della nave o di assicurazione (7); per quanto autosufficienti le regole, costituendo normativa contrattuale, non esauriscono la fattispecie in cui si inserisce l'atto di a. c.; ad integrarla in Italia si ricorre al criterio della legge della bandiera (art. 11 cod. nav.) mentre negli ordinamenti anglosassoni – dove tale criterio è pressoché sconosciuto – si fa riferimento alla legge in vigore nel porto di destino se il viaggio ivi si completa salva, se il viaggio è ultimato in un porto intermedio, l'applicazione della legge locale (8). Nell'ipotesi di disparità di trattamento tra disciplina legale e quella apprestata dalle Regole, in ipotesi più favorevole ma non conseguibile dall'armatore, dal noleggiatore o dal ricevitore perché le polizze di carico non le richiamano, detti soggetti avranno diritto al risarcimento del pregiudizio subito in base ai principi generali in tema di inadempimento contrattuale (9).
La fondamentale "regola di interpretazione" che precede l'elenco delle 7 regole alfabetiche stabilisce che nel regolamento di a. c. esse prevalgono su leggi o prassi con loro incompatibili; per tutto quanto non è espressamente previsto, esse vanno integrate dalla legge disciplinatrice, in generale, dell'atto e del regolamento di a. c. (11).
La seconda parte della regola interpretativa esprime il principio per cui tutti i casi di specie previsti dalle regole numeriche costituiscono a. c. e vanno ammessi a contribuzione in conformità, laddove le regole alfabetiche entrano in gioco solo per i casi non espressamente previsti dalle regole numeriche.
L'art. 469 del cod. della nav., sotto il titolo "avarie comuni", detta: "Le spese e i danni direttamente prodotti dai provvedimenti ragionevolmente presi a norma dell'art. 302 dal comandante o da altri in sua vece, per la salvezza della spedizione, sono avarie comuni e vengono ripartiti tra tutti gli interessati alla spedizione stessa sempreché il danno volontariamente prodotto non sia quello stesso che si sarebbe necessariamente verificato secondo il corso naturale degli eventi". La definizione ricalca la Regola A (13) dalla quale non mutua (ma l'omissione è priva di conseguenze) l'aggettivo "extraordinary" inteso a sottolineare l'eccezionalità della misura adottata per scongiurare un pericolo incombente sulla spedizione. Tipico esempio sono i danni da disincaglio subiti dall'apparato motore nel tentativo di liberare la nave coi propri mezzi e disciplinati partitamente alla Regola VII.
Altrettanto dicasi per una nave che, per scampare ad un pericolo, si inoltra in un passo stretto, solitamente inibitole, o si avventura senza pilota. Se ne derivano danni, essi saranno classificati in avaria comune. Tuttavia il danno volontariamente prodotto deve essere diverso da quello che si sarebbe verificato in assenza dell'atto di a. c.. Il rilievo è particolarmente importante in caso di incaglio volontario. La giurisprudenza americana ammette a ripartizione i danni da incaglio – anche inevitabili – purché il comandante abbia scelto il punto di arenamento. Ciò è considerato sufficiente a ritenere l'incaglio volontario e perciò classificabile in a. c. (15). La revisione della regola V apportata nel 1974 ha eliminato qualunque differenza di trattamento dell'incaglio volontario ditalché perdite e danni conseguenti saranno ammessi a contribuzione anche nel caso in cui la nave si sarebbe comunque arenata. La definizione di general average dettata dall'art. 66 del MIA (Marine Insurance Act 1906) (16) distingue nettamente le avarie danno dalle avarie spese. Si ha avaria danno quando il provvedimento di a. c. incide direttamente su un bene della spedizione (nave, merci, nolo) (17) che viene in tutto o in parte sacrificato; l'avaria-spesa comporta invece una spesa o il sacrificio di un bene estraneo alla spedizione. La distinzione ha notevole importanza sotto il profilo assicurativo. Accanto alle spese e ai danni classificabili come sopra vanno ammessi in a. c. le spese sostitutive (art. 471 cod. nav.) ben definita dalla regola F (18). Per l'art. 469 cod. nav. e per la regola C (19) i danni e le spese devono essere la conseguenza diretta del provvedimento di a. c. sicché il nesso eziologico va verificato in conformità ai principi di cui all'art. 1223 c.c. che la nostra giurisprudenza interpreta in chiave di causalità adeguata.
Negli ordinamenti anglosassoni di common law per escludere la concatenazione causale si richiede un novus actus interveniens dotato di efficacia causale autonoma e determinante (26) in un contesto non dissimile da quello previsto, con le stesse conseguenze, dall'art. 41 c. p. in tema di cause sopravvenute (27).
Autore dell'atto di a. c. può essere il comandante o altri in sua vece, anche estraneo all'equipaggio; la mancata formale dichiarazione di a. g. non toglie al provvedimento tale suo carattere (28) anche nell'ambito delle Regole di York e Anversa. In Gran Bretagna è ammesso in a. g. il "sacrifice made by a stranger to the adventure", con o senza il consenso del comandante, una volta assodata l'indispensabilità della misura adottata per la salvezza della spedizione (29). La situazione muta radicalmente qualora l'intervento di terzi sopraggiunga dopo che la nave sia stata abbandonata; anche un atto omissivo può assurgere ad atto di a. c. se preordinato a scongiurare un periodo per la spedizione, sempreché sussista una pluralità di interessi alla spedizione (36).
Mentre la contribuzione può venire a mancare (38) la pluralità dei beni contribuenti è essenziale per la sussistenza dell'atto di a. c.; per questo in Inghilterra, a norma dell'art. 65 del MIA, l'assicurato ha diritto a recuperare dall'assicuratore il contributo di a. g. anche se gli interessati alla spedizione, benché plurimi, facciano capo ad un unico soggetto. Negli Stati Uniti la giurisprudenza è incline a riconoscere l'a. c. anche con nave in zavorra o in presenza di uno yacht; la portata pratica di tale indirizzo è quella di porre il contributo a carico dell'assicuratore della nave, risultato conseguibile tramite un'apposita clausola da inserire nella polizza "corpo" (quale la 8 del formulario ITCH – Institute Time Clauses Hull). Richiedendosi una situazione di pericolo che ponga a repentaglio l'intera spedizione, la sopravvenuta immobilizzazione di nave e carico giustifica l'atto di a. c. anche se, al momento del sinistro, il mare è calmo, posto che, notoriamente, il quadro meteorologico, per quanto al momento rassicurante, può volgere rapidamente al peggio; per questo né le Regole di York e Anversa né l'art. 302 cod. nav. richiedono che il pericolo sia imminente, sicché il relativo apprezzamento da parte del comandante va valutato ex ante, non essendo sufficiente il semplice timore di un peggioramento della situazione. Va ricordato che la Regola VI ammette a contribuzione le spese di salvataggio sia spontaneo sia convenzionale (42). Parallelamente l'art. 497 cod. nav. stabilisce che la spesa per le indennità e per il compenso di salvataggio va ripartita tra gli interessati alla spedizione soccorsa a norma delle disposizioni sull'a. c..
Varie teorie si sono avvicendate alla ricerca del fondamento giuridico della contribuzione in a. c.; quella che lo individuava nella gestione di affari, richiedente la spontanea assunzione di iniziative estemporanee (43), è stata confutata osservando che contrariamente alla previsione dell'art. 2028 cod. civ. (44) il Comandante è tenuto per legge (art. 302 cod. nav.) ad adottare i provvedimenti necessari alla salvezza della spedizione. Parimenti non pertinente è il riferimento alla commissione (45) o all'azione di indebito arricchimento, avente carattere sussidiario, non sperimentabile in presenza dell'azione recuperatoria diretta, nel silenzio delle polizze e/o dei contratti accordata dagli artt. 469 e segg. cod. nav.. Il fondamento giuridico della contribuzione in a. c. deriva dalla legge, posto che, rispetto alle obbligazioni contributorie, l'atto di a. c. si atteggia "ad atto idoneo ... a produrle in conformità all'ordinamento giuridico" (art. 1173 cod. civ.). In presenza di clausole (pressoché immancabili nelle polizze di carico, nei contratti di assicurazione marittima e nei charter-parties) di richiamo alle Regole di York e Anversa, la materia riceve la disciplina contrattuale integrata a quella legale, posto che l'obbligo di contribuzione, non promanando dalle Regole, nasce esclusivamente per forza di legge (art. 475 cod. nav.). Trattandosi di diritti disponibili (solo l'obbligo del Comandante ex art. 302 cod. nav. è di ordine pubblico) la disciplina legale può essere convenzionalmente derogata e le parti sono libere di richiamare una legge diversa da quella della bandiera (49) e di prevedere, come avviene di frequente, che la liquidazione dell'a. c. avvenga all'estero, solitamente a Londra o a New York. Una clausola del genere non comporta deroga alla giurisdizione in quanto il regolamento (quanto meno quello previsto dal Lloyd's Average Bond) non è vincolante e costituisce semplicemente un progetto di liquidazione del contributo di a. c. (50). Il liquidatore dell'a. c. non è equiparabile ad un arbitro e l'art. 619 cod. nav. è caduto in desuetudine, costantemente derogato dalle clausole contrattuali, a partire dall'average bond. L'adjustment del liquidatore non è di per sé vincolante, nemmeno in diritto inglese; pertanto, in caso di contestazioni, competente a dirimerle sarà il giudice o l'arbitro per l'ipotesi (infrequente) che i contratti di utilizzazione della nave contengano una clausola compromissoria (51). Secondo certi autori i rapporti contributivi rientrerebbero nello schema del contratto a favore di terzo (52) pur se, in pratica, in forza delle clausole di rinvio alle Regole di York e Anversa richiamate nelle polizze di carico, caricatori e ricevitori, negoziandole, si assoggettano alla relativa disciplina, al di fuori della previsione dell'art. 1411 cod. civ..
In Inghilterra per giustificare gli obblighi contributivi di caricatori e ricevitori anche fra loro si fa ricorso alla teoria dualista degli implied terms e degli implied contracts (53). La Cassazione ha deciso che "l'azione di contribuzione in a. c. va tenuta distinta da quella per l'esecuzione delle obbligazioni stabilite dal regolamento di avaria, onde a queste ultime non è riferibile il termine di prescrizione previsto dall'art. 481 cod. civ.", stabilendo altresì (55) che detto articolo assoggetta alla prescrizione annuale non solo il diritto alla contribuzione ma anche l'azione diretta a realizzarlo. Ciò si ricava anche al n. 405 della Relazione al codice della navigazione con "la duplice conseguenza che la prescrizione annuale colpisce la domanda di contribuzione ed è interrotta per tutto il periodo di svolgimento della liquidazione, mentre l'azione per il conseguimento del credito accertato nel regolamento contributorio è sottoposto al termine prescrizionale ordinario" (decennale e non annuale). L'elemento motore della procedura di liquidazione dell'a. c. è il liquidatore di avaria (average adjustor). Negli ordinamenti di common law, l'azione per contribuzione in a. c. è assoggettata al termine generale di sei anni estintivo dei diritti nascenti in materia contrattuale e aquiliana decorrente, per effetto del rinvio alle Regole di York e Anversa, dal momento dell'effettuazione del sacrifice e delle expenses. È stato inoltre precisato che (61) l'average bond, comportando l'impegno a procedere ad eventuali pagamenti dopo il deposito del regolamento di a. g., ha rilevanza contrattuale autonoma sicché la prescrizione decorre dall'ultimazione del regolamento di a. c.. In Italia anziché seguire la procedura di cui all'art. 610 e segg. cod. nav. si ricorre solitamente alla firma del chirografo d'avaria che prevede la nomina del liquidatore di avaria; inoltre i ricevitori rilasciano al vettore delle garanzie, sostitutive di depositi in contanti quasi sempre sottoscritte dai rispettivi assicuratori. La procedura, estremamente semplificata, è prediletta dagli assicuratori. L'art. 561 n. 2 cod. nav. accorda al vettore privilegio sulle cose caricate a garanzia delle somme dovute per contribuzione nelle a.c.. L'art. 552 n. 4 concede eguale rimedio sulla nave e sul nolo a garanzia del contributo gravante sulla nave.
Detti privilegi si estinguono col decorso di un anno e si attuano attraverso il sequestro conservativo (art. 2769 cod. civ.) delle cose gravate da privilegio che negli ordinamenti di common law si atteggia a maritime lien, seppur con notevoli attenuazioni; gli stessi privilegi sono riconosciuti dalla Convenzione di Bruxelles del 1926, ratificata anche dall'Italia in tema di privilegi e ipoteche marittime. Legittimato passivo al pagamento della contribuzione gravante sul carico è il soggetto che risulta proprietario delle merci al momento in cui viene compiuto il sacrifice e la spesa costituenti atto di a. c..
Solitamente, per patto contrattuale inerente la compravendita, l'obbligo contributorio viene assunto dall'acquirente – giratario delle polizze di carico (62). In diritto inglese gli interessati al carico non beneficiano di alcun lien sulla nave a tutela dei loro eventuali diritti, mentre tale rimedio è accordato all'armatore dal Merchant Shipping Act che autorizza il deposito delle merci a garanzia del pagamento della contribuzione in a. c. gravante sul carico, con una procedura simile a quella prevista dall'art. 437 cod. nav. a tutela dei crediti per nolo e controstallie ma non anche per i contributi in a. c..
Il danno da avaria comune, salvo patto contrario, in diritto italiano è risarcibile dall'assicuratore anche quando non si procede a riparto contributivo; un caso tipico di esclusione pattizia della contribuzione si verifica con l'introduzione della clausola (ormai desueta) "franco avaria reciproca" (65); frequente è l'inclusione nei time charter e nei bare boat charter-parties della clausola "hire not to contribute to g. a." (come nel formulario Baltime e in altri ancora); ovviamente il nolo, per far parte della massa contribuente, deve essere a rischio; se, come sovente avviene, è guadagnabile ad ogni evento o è pre-pagato, il nolo non contribuisce (67) in quanto costituisce solo un elemento incrementativo del valore del carico.
Il diritto alla contribuzione è contestabile qualora i danni e/o le spese, pur costituendo atti di a. c., siano attribuibili a colpa di uno dei partecipi alla spedizione (68) come avviene in caso di innavigabilità della nave alla partenza. In diritto inglese (ma non solo) esclusivamente la actionable fault penalizza l'autore del pericolo colposo; stante l'obbligo per il vettore di esercitare la ragionevole diligenza (due diligence) per assicurare la navigabilità della nave alla partenza, ne consegue che in caso di accertata violazione di tale obbligo (e così pure in caso di "deviation" e cioè di ingiustificata deviazione della normale rotta o di ragionevole ritardo che rivestano importanza causale nel determinismo della situazione di pericolo che minacci la spedizione) l'armatore non avrà diritto alla contribuzione da parte del carico (72). Questi principi trovano applicazione anche in Italia, avendo l'Italia ratificato la Convenzione del 1924 sulla polizza di carico che ispira la normativa del codice della navigazione in tema di trasporto marittimo (art. 422 cod. nav.) e di a. c..
Negli Stati Uniti la giurisprudenza, incline ad un'interpretazione letterale della Section 3 dell'Harter Act (che anticipa analoga disposizione del COGSA americano del 1936, simile al corrispondente COGSA inglese) è particolarmente severa in tema di colpa nautica: l'armatore non ha diritto a pretendere il contributo di a. g. se la genesi dell'atto di a. c. sia ascrivibile a colpa dei suoi preposti; la New Jason Clause esplicitamente riconosce (74) all'armatore il diritto alla contribuzione da parte degli interessati al carico purché l'avvenimento dedotto in a. g. non sia imputabile all'armatore "by statute, contract or otherwise".
La regola D dispone che i diritti alla contribuzione in a. g. non sono pregiudicati pel fatto che l'evento che ha dato origine all'atto di a. c. sia di origine colposa, dato che ciascun interessato conserva integre le correlative azioni ed eccezioni (75). La portata pratica della regola D è quella di consentire la nomina del liquidatore per la predisposizione della liquidazione dell'a. c. lasciando al prosieguo, in sede contenziosa, la risoluzione delle pregiudiziali di diritto attinenti all'esistenza o meno degli obblighi contributivi in capo ai soggetti interessati (78) favorendo nel frattempo la definizione dei profili assicurativi della a. c.. Coerentemente coi principi vigenti in ogni avvenimento giuridico in materia probatoria, la regola E stabilisce che la prova che il danno o la spesa sono realmente ammissibili in a. g. deve essere fornita dal reclamante. La formazione della massa creditoria (art. 470 cod. nav.) e debitoria (art. 475) è partitamente disciplinata dal codice della navigazione; enunciato il principio per cui "ciascuno dei danneggiati partecipa alla formazione della massa creditoria e concorre alla ripartizione per l'ammontare dei danni effettivamente incidenti sui suoi beni", l'art. 470 richiede, quale condizione di ammissibilità in a. c., che i danni siano diretta conseguenza del provvedimento preso dal comandante.
Non concorrono alla formazione della massa attiva i danni capitati ad oggetti o attrezzi di corredo o armamento non rientranti nell'elenco di bordo; le esclusioni derivano dall'esigenza di scongiurare frodi (79). Esempi di spese sostitutive ammesse dalla regola (F) sono (80) i maggiori costi di riparazioni effettuate in turni di lavoro straordinario, le maggiori spese di bacino con nave carica o il maggior costo della spedizione per aereo anziché per mare di un pezzo di rispetto. La regola X stabilisce che quando una nave ripara in un porto o luogo di rifugio e ritorna in quello di caricazione (81) in conseguenza di "accident, sacrifice or other extraordinary expenses" (82) per esigenze della comune salvezza, le spese per entrare o lasciare il porto di rifugio saranno ammesse in a. g.; altrettanto dicasi qualora la nave trovasi nell'impossibilità di effettuare riparazioni al porto di rifugio e debba recarsi altrove per effettuarle. Le spese di conservazione e movimentazione del carico non sono ammesse a contribuzione qualora il viaggio venga interrotto (84). Il paragrafo C della regola A) ammette in a. g. le spese di magazzinaggio, di assicurazione, ricaricazione e stivaggio nonché di quelle per combustibili e provviste. Tuttavia nel caso di avarie costituenti "pericoli eccettuati", qualora la nave abbia subito danni irreparabili, con conseguente liberazione dell'armatore-vettore da responsabilità vettoriale, per impossibilità sopravvenuta della prestazione e conseguente venir meno dell'obbligo di proseguire il viaggio, le spese di conservazione e movimentazione del carico saranno ammesse a contribuzione fino al momento in cui la nave risulti irreparabile o il viaggio venga abbandonato ovvero fino al completamento della discarica se l'irreparabilità o l'abbandono del viaggio intervengano prima di tale data (85). Ad integrazione della precedente, la regola XI al paragrafo a) ammette in a. c. paghe e spese di mantenimento dell'equipaggio (anche a terra e non solo entro i limiti della panatica) oltre a consumi e provviste e combustibili dipese dal prolungamento del viaggio (86) ad un porto di rifugio o per rientro al porto di caricazione. La regola XIV ammette a contribuzione le riparazioni provvisorie effettuate al porto di rifugio senza riduzione dal vecchio al nuovo (imposta invece dall'art. 471 cod. nav.) a prescindere dalla compiutezza di dette riparazioni provvisorie, sempreché esse evitino la necessità di eseguire quelle definitive. Il costo del montaggio di un'elica in sostituzione di altra andata perduta costituisce un tipico esempio di riparazione ammessa a contribuzione (87). L'art. 472 cod. nav. ammette nella massa creditoria il danno da perdita di nolo per il suo ammontare lordo, dedotti i noli guadagnati per le merci caricate in sostituzione e delle spese che la perdita ha consentito di risparmiare. Il nolo (freight) deducibile in a. c. è quello dovuto a termini di un noleggio a viaggio (voyage charter party) o quale corrispettivo di un trasporto di cose determinate che sia in rischio per l'armatore e perciò né pagato né pagabile ad ogni evento; va ricordato che, in mancanza di previsioni espresse, il nolo è pagabile a destino alla consegna, ma che la contraria volontà delle parti, a tutto vantaggio dell'armatore, può essere desunta dal charter-party (89). L'art. 473 fissa i criteri per la ammissione nella massa creditoria dei danni alla nave e al carico, stabilendo che essi vanno valutati in rapporto ai valori accertati al termine della spedizione o, in caso di viaggio circolare, al termine del viaggio contributivo, all'ultimo porto di discarica (90), fatta deduzione (a) delle spese risparmiate in conseguenza del danno e della perdita, (b) dei danni subiti anteriormente al provvedimento volontario e infine (c) il valore residuo che sussiste o avrebbe dovuto sussistere indipendentemente dai danni successivamente al provvedimento di a. c. o per cause ad esso estranee. Sono ammesse a contribuzione anche i danni subiti dalle merci esistenti nelle botteghe di bordo (91). Il principio per cui la valutazione dei danni e delle spese come dei valori contribuenti va riferito al luogo e al momento della fine della spedizione è sancito dalla regola G (92). La regola XVI stabilisce che i danni al carico vanno ammessi in a. c. per i valori computati al tempo della discarica e attestati dalla fattura inoltrata al ricevitore; in mancanza rileva il valore dell'imbarco aumentato dei costi di assicurazione e del nolo. Se il carico avariato è venduto, salvo diverso patto, la perdita di valore sarà calcolata per differenza tra il ricavato dalla vendita e la valutazione fatta secondo i criteri enunciati in precedenza. In tema di danni alla nave la regola XVIII distingue tra danni riparati e non riparati. Dai danni riparati sono ammessi a contribuzione i costi effettivi e ragionevoli di riparazione e/o di rimpiazzo con le deduzioni di cui alla regola XIII (la cui conseguenza più appariscente importa la deduzione dal nuovo al vecchio solo per navi di oltre 15 anni di età, con esclusione da contribuzione dei costi di pulizia e pitturazione della carena salvo che lavori del genere fossero stati eseguiti nell'anno anteriore all'avvenimento. In caso di nave non riparata, in a. c. è ammesso il deprezzamento ragionevole derivante dal danno e dalla perdita non oltre il costo stimato delle riparazioni. Tuttavia quando la nave sia andata effettivamente perduta (actual total loss) (93) sarà ammissibile in a. c. la differenza tra il valore stimato della nave allo stato sano (dedotto il costo di riparazione dei danni non costituenti a. c.), e il valore della nave in avaria, rapportabile a quello di realizzo, se può essere venduta (94). Il principio ispiratore è quello per cui l'armatore va risarcito per la sua perdita effettiva ma deve adoperarsi per ridurla al minimo. Frequenti sono i casi in cui le riparazioni di danni che non compromettono la navigabilità della nave possono, col consenso dell'istituto di classifica, essere differiti a convenienza armatore.
In tal caso, qualora il costo delle riparazioni differite abbia subito aumenti a causa dell'inflazione, di tale aumento solitamente non si tiene conto. Per contro nell'ipotesi in cui la nave sia immessa in bacino per riparare danni imputabili in parte ad avaria particolare e in parte a a. g. e a normale usura, il costo del bacino va ammesso solo pro-quota.
Le regole numeriche disciplinano separatamente i danni da gettito del carico (regola 1) e quelli da gettito e sacrificio per la salvezza comune (regola II), quelli da estinzione di incendio a bordo (regola III), quelli da tagli di nave, di parte di navi già asportate o perdute (regola IV), quelli da arenamento volontario (regola V) e infine i danni da disincaglio a macchine e caldaie (regola VI) nonché le spese di allibo (regola VII) e gli oggetti e le provviste bruciate come combustibile.
Il gettito è notoriamente l'atto di a. c. più antico ed emblematico. La regola 1, esprimendosi al negativo, esclude dalla contribuzione il gettito del carico ammenocché quello sacrificato fosse trasportato in conformità al riconosciuto uso del traffico (recognised custom of the trade).
La problematica, relativamente semplice per il carico di stiva, è più complessa in relazione a quello di coperta.
Pur costituendo tipico atto di a. c., secondo un'antica tradizione esso non rientrava nella massa creditoria perché, ad eccezione dei traffici costieri e salvo che fosse pattiziamente convenuta o abitualmente praticata per un radicato uso di mercato, la caricazione in coperta abitualmente non è legittima (95) sicché fino all'inizio del secolo XIX la prassi liquidatoria inglese escludeva dal beneficio della contribuzione il gettito di qualsiasi carico sistemato in coperta; il sacrificio veniva perciò sopportato dal caricatore consenziente, mentre in caso contrario ne rispondeva l'armatore; di qui l'abitudine di stipulare apposite assicurazioni per getto e asporto. Avendo la giurisprudenza inglese ammesso a contribuzione la perdita di legname caricato in coperta e gettato fuoribordo per la salvezza della spedizione (secondo l'uso mercantile imperante nei traffici di legname dal Canada alla Gran Bretagna) al di là della Manica si consolidò una prassi liquidatoria, accettata da armatori e assicuratori, definita "general contribution" e ripartita tra essi come se si trattasse di avaria comune (96). Reminiscenze della teoria della "quasi g. a." si riscontrano nell'art. 480 cod. nav.. Soggette a gettito e pertanto a contribuzione sono le auto al seguito dei passeggeri (97), compresi i rimorchi e semi-rimorchi caricati su navi tradizionali e traghetti; altrettanto dicasi per i containers per i quali la caricazione a strati sovrapposti nelle speciali navi porta-contenitori è connaturata alla particolare tipologia del trasporto marittimo containerizzato. La sistemazione di containers in coperta su navi tradizionali è una realtà quotidiana, "in accordance with the recognised custom of the trade" (98) per parafrasare la regola 1. La clausola a tenor della quale la caricazione in coperta avviene a rischio del proprietario è valida e non gli preclude il diritto alla contribuzione (99). Qualora il gettito del carico sia stato necessitato da vizio proprio della merce imbarcata in coperta, il proprietario avrà diritto a reclamare la contribuzione salvo che non sia incorso in qualche responsabilità nella spedizione del carico predetto (100). Per l'art. 475 cod. nav. "ciascuno degli interessati nella spedizione partecipa alla formazione della massa debitoria e contribuisce alla sopportazione dei danni e delle spese in ragione del valore dei beni per lui in rischio, fatta eccezione dei corredi dell'equipaggio e dei bagagli non registrati. Per quanto attiene ai noli "la partecipazione della massa debitoria è determinata sulla base del loro effettivo ammontare, fatta deduzione delle spese che la loro perdita ha o avrebbe consentito di risparmiare" (art. 477 cod. nav.). Per nolo contribuente si intende il corrispettivo del trasporto (freight) dovuto a termini delle polizze di carico o del voyage – charter party, qualora il noleggiatore (charterer) sia anche ricevitore del carico. Per contro il nolo dovuto quale corrispettivo di un noleggio a tempo (hire), in assenza di un voyage c/p o di noli pagabili a termini delle p/c, non costituisce valore contribuente separato dalla nave (101); ovviamente deve trattarsi di noli in rischio per l'armatore e quindi né prepagati né guadagnati ad ogni evento; in questi casi il nolo fa parte integrante del carico (102). In Inghilterra, a differenza che negli Stati Uniti, in Francia e in Italia, se una nave procede in zavorra alla volta del porto di caricazione e sopraggiunge un evento classificabile come a.g., il nolo dovuto a termini di un charter-party (non di un noleggio a tempo) costituisce valore contribuente distinto dalla nave (103). Nel caso di nave noleggiata per più viaggi consecutivi (104) i noli dovuti per i viaggi successivi a quello in cui è stata dichiarata a. g. non contribuiscono. La regola II, in caso di gettito, ammette a contribuzione pure i danni subiti da nave e carico, compresi quelli causati dall'acqua entrata dalle boccaporte o da altre aperture praticate al fine del compimento del gettito, per la comune salvezza.
La regola II ammette a contribuzione i danni da spegnimento da incendio, ad esclusione di quelli causati dal fuoco e dal calore nonché (regola IV) di quelli conseguenti al taglio di rottami o di parti della nave già asportati. La regola V include nella massa creditoria i danni direttamente causati dall'arenamento intenzionale della nave per la comune salvezza, anche se la nave si sarebbe comunque incagliata (105). Per la regola VII il danno subito da macchine e caldaie nel tentativo di disincagliare una nave, incagliata e in pericolo, è ammesso in a. c. purché ci sia stata la reale intenzione di disincagliarla per la comune salvezza; invece con nave galleggiante, nessuna perdita o danno causati da sforzi di macchine o caldaie è ammessa a contribuzione (106). La regola B) stabilisce, per quanto superfluamente, che tutti gli interessati alla spedizione partecipano alla contribuzione. La regola C) ammette a ripartizione solo danni e spese che sono conseguenza diretta dell'atto di a. c., con esclusione dei danni da ritardo e/o indiretti. La regola E richiede alla parte reclamante, in conformità ai principi generali, la dimostrazione che la spesa o il danno sono deducibili in a. g.. La regola F disciplina la ammissibilità in a. c. delle spese sostitutive e la regola G prescrive che i valori contribuenti vanno accertati al tempo e nel luogo in cui ha termine la spedizione. La regola D stabilisce che la sospetta origine colposa dell'atto di a. c. non è ostativa alla formazione del regolamento, salvi ed impregiudicati i diritti dei controinteressati ad impugnarlo e comunque a far valere i loro diritti in ogni competente sede.
Nel regolamento dell'a. c. merita una particolare menzione il salvataggio, per tale intendendosi il soccorso prestato a una nave in pericolo di perdersi. Il pericolo deve essere reale e, pur senza prospettare un'imminente né tanto meno fatale catastrofe, tale da far ragionevolmente tenere un peggioramento sensibile della situazione.
Il codice della navigazione disciplina assistenza e salvataggio (107) agli art. 489 e segg. cod. nav., uniformandosi, sia pure con qualche importante diversificazione (108) alla normativa della Convenzione di Bruxelles del 1910 ratificante dall'Italia e da quasi tutti i paesi di tradizione marinara.
Componente immancabile della fattispecie del salvataggio è il pericolo di perdersi che minacci la spedizione, in guisa da far presumere che, senza l'intervento dei soccorsi, possa verificarsi un sinistro maggiore (109). Il soccorso è obbligatorio solo per le persone in pericolo (110) e l'inosservanza di tale obbligo, incombente sul comandante, è sanzionata penalmente (art. 1158 cod. nav.). Il soccorso si distingue in contrattuale o spontaneo (il c. d. salvage proper) e come tale è remunerabile purché non sia stato effettuato contro il rifiuto ragionevole ed espresso del comandante della nave soccorsa. Allo stesso regime soggiace il soccorso ordinato dalla Autorità Portuale (art. 170 cod. nav.). Entro i limiti del valore dei beni assistiti o salvati il soccorritore, completato il servizio, ha diritto (art. 491 cod. nav.) al rimborso delle spese, al risarcimento dei danni nonché, ove abbia conseguito un risultato anche parzialmente utile, a un compenso. Il compenso è stabilito in ragione del successo ottenuto, dei rischi corsi dalla nave soccorritrice, degli sforzi compiuti e del tempo impiegato, delle spese generali dell'impresa se la nave è armata ed equipaggiata allo scopo di prestare soccorso (111) nonché del pericolo in cui versavano i beni assistiti o salvati e del valore dei beni medesimi. Dal soccorso vero e proprio di distinguono gli engaged services che, per loro natura, non possono realizzare il risultato del salvamento (112). L'attività svolta nell'adempimento di un dovere che pur consegua il salvataggio non dà diritto alla relativa remunerazione allorché l'opera prestata rientri, come lo spegnimento di un incendio ad opera dei Vigili del Fuoco, negli scopi istituzionali dell'ente intervenuto (113). Quando però il servizio reso, esorbitando da quello contemplato nel contratto o nelle funzioni affidate, si concreta in una prestazione di soccorso ed è coronato da successo, spettano rimborsi, risarcimenti e compenso previsti in caso di salvataggio. In tema di rimorchio l'art. 106 cod. nav. stabilisce che il rimorchiatore che, al fine di assistere o salvare la nave rimorchiata, presta un'opera eccedente quella normale di rimorchio, ha diritto alle indennità e al compenso previsti dall'art. 491 cod. nav.. Al soccorritore spetta il privilegio previsto dagli artt. 552 e 554 cod. nav. sulla nave e sul carico a garanzia delle indennità e dei compensi di salvataggio.
La giurisprudenza italiana ritiene che nei confronti dei soccorritori gli interessati al carico e l'armatore siano obbligati in solido per il pagamento delle indennità e dei compensi di salvataggio. Simile orientamento si riscontra negli Stati Uniti (115) e in altri paesi europei come la Germania ma non l'Inghilterra (116). L'orientamento giurisprudenziale italiano ha incontrato critiche fondate (118). Va ricordato che (119) in caso di soccorso contrattuale il comandante agisce anche in nome e per conto degli interessati al carico in un contesto definito nell'ordinamento inglese (120) di "agency of necessity".
Nell'ambito dei "provvedimenti per la sicurezza della spedizione" l'art. 302 cod. nav. obbliga il comandante a "cercare di assicurarne la salvezza con tutti i mezzi a disposizione ... richiedendo l'assistenza di altre navi"; la riferibilità del regolamento contrattuale del salvataggio direttamente agli interessati al carico deriva dunque dalla legge (art. 1387 cod. civ.) ma ciò non sembra sufficiente (come ritenuto invece da certa giurisprudenza italiana) per inferirne la responsabilità solidale di tutti i partecipi alla spedizione (nave e carico) al pagamento di spese e compensi di salvataggio. Va ricordato che il formulario di salvataggio LOF – Lloyd's Open Form prevede espressamente all'art. 17 che nave e carico rispondono separatamente e pro-quota nei confronti dei soccorritori, senza obbligo di solidarietà tra loro (121).
Il codice della navigazione (art. 497) si limita a stabilire che la remunerazione dovuta al soccorritore a norma dell'art. 489 è ripartita tra gli interessati alla spedizione a norma delle disposizioni sulle a. c. anche quando il soccorso sia stato prestato in mancanza di richiesta o nonostante il rifiuto del comandante della nave in pericolo. La dottrina prevalente (122) non accetta supinamente la tesi che equipara assistenza e salvataggio alla a. c.. Invero, in caso di soccorso spontaneo o di ufficio e, ancor più, in quello operato nonostante il rifiuto del comandante, manca il provvedimento volontario che sta alla base dell'istituto dell'a. c.; né del tutto appagante appare il suggerimento (123) di considerare il salvataggio alla stregua di a. c. equiparata in quanto, dato che il debito dei soccorritori nasce già ripartito, mancherebbe pur sempre il danno del singolo da ammettere a contribuzione (124).
Configurano invece vere e proprie a. c. i sacrifici di beni della spedizione finalizzati al salvataggio quali ad esempio i danni volutamente provocati per spegnere un incendio, gli sforzi di macchina e i danni allo scafo per rigalleggiare la nave o il gettito per alleggerirla; certo è che, al di là di ogni teorica disquisizione, la formula di ripartizione è diversa. Nel soccorso la remunerazione è fissata e suddivisa in base al valore dei beni salvati al momento e nel luogo in cui il salvataggio è ultimato. Nel regolamento di a. c. invece i beni contribuenti partecipano alla massa debitoria in funzione dei valori esistenti al termine della spedizione, con deduzione degli eventuali danni subiti nell'ulteriore corso del viaggio, dopo l'attuazione dell'atto di a. c.. Di qui l'opportunità (che i liquidatori accorti non si lasciano sfuggire) di assicurare le somme garantite al salvatore e le spese sostenute per il salvataggio e in vista della prosecuzione del viaggio; diversamente se, a salvataggio completato, i beni salvati andassero perduti o subissero avarie, i proprietari e i loro assicuratori che han prestato garanzie ai soccorritori, sarebbero gravemente pregiudicati.
Dottrina e giurisprudenza dominanti fanno rientrare l'assicurazione della retribuzione alla a. c. e del compenso di salvataggio nell'assicurazione di responsabilità; essa trova conseguentemente collocazione nell'ambito dell'art. 1917 c.c. esclusa l'applicabilità degli artt. 1914 cod. civ. e 534 cod. nav.. A parte la differenza strutturale, il regolamento assicurativo della contribuzione in a. c. e delle spese di salvataggio in senso tecnico nel sistema del codice della navigazione è analogo. Secondo l'art. 525 cod. nav. l'assicuratore risponde delle somme dovute dall'assicurato per contribuzione in a. c. e deve inoltre risarcire (art. 536) i danni e le spese prodotte da un atto di a. c. (125) salva, nel caso che tali danni e spese siano ammessi a contribuzione, la facoltà di surrogarsi all'assicurato nei diritti spettantigli verso gli altri partecipanti alla spedizione (126). Il sistema codificato è peraltro costantemente derogato nella pratica; i formulari di polizza marittima in uso fanno infatti carico all'assicuratore di corrispondere all'assicurato le indennità dovute a terzi a termini del già esaurito regolamento di a. c. e lasciano all'assicurato l'onere di recuperare dagli altri interessati alla spedizione i contributi su di essi gravanti, addossando all'assicurato il rischio della loro eventuale insolvenza (127).
In Inghilterra a norma dell'art. 65 del MIA le spese e i compensi dovuti in caso di soccorso spontaneo o di ufficio (c.d. "salvage proper") sono a carico degli assicuratori quali "salvage charges" nell'ambito del massimale assicurato. Non potendo mai il soccorritore spontaneo pretendere più del valore salvato, ne consegue l'autosufficienza del massimale assicurato.
Diverso è il caso del salvataggio contrattuale in cui spesso il soccorritore non accetta il principio del "no cure no pay". In tal caso le indennità e i compensi di salvataggio saranno reclamabili agli assicuratori a titolo di "particular charges" anche oltre il capitale assicurato, nell'ambito della "suing and labour clause" definita dall'art. 67 del MIA "supplementary to the contract of insurance" e apportatrice perciò di un secondo massimale.
Con l'introduzione della regola VI nelle Regole di York e Anversa anche in Inghilterra il salvataggio viene ora assicurativamente regolato nell'ambito della liquidazione dell'a. c. (128) e le distinzioni di cui sopra han perso importanza pratica. Per sintetizzare ed esaurire il profilo assicurativo dell'a. c. va detto che il danno di a. c. atteggiantesi ad avaria danno o avaria spesa è a carico dell'assicuratore quando il provvedimento da cui trae origine è diretto ad evitare un danno rientrante nella garanzia assicurativa (129).
L'avaria danno incontra lo stesso trattamento dell'avaria particolare ma senza applicazione di franchigia, salva, per l'ipotesi che si proceda a contribuzione (che non è però requisito di risarcibilità) la surroga dell'assicuratore solvente nei confronti delle altre parti contribuenti.
L'avaria spesa genera un'obbligazione nei confronti di un terzo estraneo alla spedizione e va indennizzata secondo i principi dell'assicurazione di responsabilità. Nel calcolo delle indennità dovute dagli assicuratori per i contributi in a. c. si assume come valore assicurabile (art. 537 cod. nav.) il valore contributivo della cosa in ordine alla quale l'assicurazione è stata stipulata; ad esso ci si deve riferire anche in caso di polizza stimata (130) perché per valori contribuenti si intendono quelli esistenti (o presupposti se non furono compiuti sacrifici) al termine del viaggio o della spedizione. Ne consegue, in caso di divario tra stima assicurativa e valutazione effettuata nell'ambito del regolamento dell'a. c., l'applicazione della regola proporzionale ex art. 1907 cod. civ..

 

Nota: questo scritto è tratto dalla voce AVARIA COMUNE pubblicata dall'A. sul DIGESTO – UTET – IV edizione. I numeri corrispondono alle note inserite nel testo originale.