L’ESPROPRIAZIONE DEI BENI CULTURALI ED IL CASUS BELLI DELL’ARCHIVIO VASARI
09/05/2018
di Avv. Stefano RicciardiIl recente esproprio esercitato dal Mibact nei confronti dei proprietari dell’Archivio Vasari ha fatto tornare agli onori della cronaca lo strumento, sconosciuto ai più, dell’espropriazione dei beni culturali per come disciplinato e previsto nella parte II, titolo I, capo VII del D. Lgs. 42/2004 (c.d. Codice dei beni culturali).
L’attuale normativa speciale, inserendosi nell’alveo già tracciato dalla L. 1089/1939 e dal D. Lgs. 490/1999, contiene tre diverse fattispecie di espropriazione legate, quale minimo comun denominatore, dal pubblico interesse che il provvedimento ablativo della proprietà privata deve perseguire e si differenziano, invece, per funzione, oggetto e per il relativo procedimento.
Il codice dei beni culturali prevede:
- L’espropriazione di beni culturali mobili ed immobili, rubricata all’art. 95 CBC, “..quando l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi.”
Oggetto dell’esproprio sono beni già dichiarati di interesse culturale, dunque vincolati, ed il provvedimento di espropriazione deve essere giustificato e finalizzato alla miglior tutela e fruibilità pubblica del bene.
Prodromica all’esproprio è la dichiarazione di pubblica utilità ex art. 98 CBC che si concreta nella manifestazione di volontà del Mibact a migliorare le condizioni di tutela e fruibilità del bene o dei beni vincolati mediante l’acquisto al pubblico demanio.
- L’espropriazione per fini strumentali, disciplinato all’art. 96 CBC, che ha ad oggetto beni non direttamente dichiarati di interesse culturali bensì a questi ultimi attigui. La finalità del provvedimento è quindi quella di consentire di “..isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l’accesso.”
- L’espropriazione per interesse archeologico laddove il Mibact necessiti, ex art. 97 CBC, di determinati immobili - in mano privata - per eseguire ricerche archeologiche o interventi di interesse archeologico.
Tanto l’espropriazione per fini strumentali quanto quella per interesse archeologico richiedono, per la dichiarazione di pubblica utilità, l’approvazione di un progetto di isolamento o restauro del monumento o della ricerca archeologica. L’espropriazione di cui all’art. 95 CBC, invece, non richiede la preventiva approvazione di un progetto di intervento, bastando la mera valutazione discrezionale della rispondenza dell’acquisizione del bene culturale ai fini della sua tutela, fruizione e valorizzazione.
Il caso dell’Archivio Vasari di proprietà dei fratelli Festari, almeno fino a qualche giorno fa, rappresenta una querelle giudiziaria - e non - andata avanti per anni sino, forse, alla definitiva acquisizione da parte dello Stato del prezioso fondo contente, tra le altre, corrispondenze e scambi epistolari con numerosi papi, letterati ed artisti dell’epoca, primo fra tutti Michelangelo che, in un suo scritto conservato nel fondo, confida all’amico un suo errore commesso nella realizzazione della volta absidale del transetto meridionale della Basilica di San Pietro a Roma.
L’Archivio, dai discendenti del pittore passò alla Fraternita dei Laici di Arezzo, quindi alla famiglia Spinelli, poi ai Festari. Già in occasione di questo ultimo paesaggio si aprì una controversia con lo Stato ma la famiglia acquirente riuscì a vedersi riconoscere la legittima proprietà delle carte, vincolate tuttavia quale pertinenza alla Casa Vasari di Arezzo e da questa non asportabili.
Celebre qualche anno fa - correva l’anno 2009 - il tentativo, poi sfumato, del conte Giovanni Festari di vendere l’archivio all’oligarca russo Vassily Stepanov per 150 milioni di euro con successiva notifica al Comune di Arezzo onde esercitare, almeno in via astratta vista la cifra, il diritto di prelazione. La vendita determinò l’avvio di un procedimento penale da parte della Procura di Roma e si concluse con un nulla di fatto.
Troppe le vicende di cui l’Archivio è stato suo malgrado protagonista nel tempo, non per ultimo il pignoramento di cui fu oggetto nel 2014 a causa di alcuni debiti accumulati, e poi saldati, dai proprietari.
La parola fine dovrebbe a questo punto essere stata posta dal Mibact che, prima con provvedimento di dichiarazione della pubblica utilità, poi con l’emanazione del decreto di esproprio ha acquisito finalmente il prezioso fondo archivistico dietro pagamento di 1,5 milioni di euro, cifra ben lontana dal tentativo di vendita di qualche anno prima.
Purtroppo il condizionale è d’obbligo visto il ricorso presentato dalla famiglia Festari ed attualmente pendente avanti al TAR della Regione Toscana avverso il decreto di pubblica utilità al quale, probabilmente, si aggiungerà quello contro il decreto di esproprio notificato alla proprietà a fine aprile.