CHECK LIST DELLA CASSAZIONE IN CASO DI INFEZIONI NOSOCOMIALI E RESPONSABILIZZAZIONE DEL PERSONALE OPERATIVO ED AZIENDALE
15/03/2023
di Avv. Stefano RicciardiCroce e (mai) delizia per le aziende ospedaliere e per le loro dirigenze è il tema delle infezioni ospedaliere e i riflessi risarcitori che queste comportano sui bilanci aziendali, trattato dalla Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 6386 del 3 marzo 2023.
Nei giudizi conseguenti alle infezioni nosocomiali le strutture si sentono spesso gravate da una sorta di insuperabile responsabilità oggettiva che, tuttavia, la Corte ricorda che tale non è.
Richiamandosi ad un proprio precedente (Cass. Civ. Sez. III, 15.06.2020 n. 11599) la Cassazione precisa che “ai fini dell’affermazione della responsabilità della struttura sanitaria, rilevano, tra l’altro, il criterio temporale – e cioè il numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall’ospedale – il criterio topografico – i.e. l’insorgenza dell’infezione nel sito chirurgico interessato dall’intervento in assenza di patologie preesistenti e di cause sopravvenute eziologicamente rilevanti, da valutarsi secondo il criterio della c.d. “probabilità prevalente” – e il criterio clinico – volta che, in ragione della specificità dell’infezione, sarà possibile verificare quali, tra le misure di prevenzione (sulle quali infra 6.1) era necessario adottare.”
Fatta questa necessaria premessa, per ascrivere astrattamente, in termini di causalità, il fenomeno infettivo alla degenza ospedaliera, la Cassazione elenca i punti di una vera e propria check list indicando ciò che le strutture dovrebbero allegare e dimostrare per rendere la prova liberatoria loro richiesta.
A fronte della dimostrazione resa in via presuntiva da parte del danneggiato circa l’aver contratto l’infezione in ambito ospedaliero, l’ente ospedaliero dovrà dimostrare:
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- L’indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
- L’indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
- L’indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
- Le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
- Le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;
- La qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento;
- L’attivazione di un sistema di videosorveglianza e di notifica;
- L’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori;
- Le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali;
- L’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;
- La sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
- La redazione di un report da parte della direzione dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
- L’indicazione dell’orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio."
Ovviamente la produzione della documentazione sopra indicata andrà parametrata sulla base della “specificità dell’infezione” per la quale è promossa l’azione giudiziaria.
Ulteriore aspetto trattato dalla Corte, e fondamentale ai fini dell’azione di rivalsa dell’Ente o della Corte dei Conti, attiene al ruolo del personale della Struttura potenzialmente responsabile dell’infezione.
La Cassazione ricorda, infatti, quali sono gli obblighi soggettivi in capo a ciascun soggetto dell’Azienda ospedaliera e in particolare:
- Il dirigente apicale ha “l’obbligo indicare le regole cautelari da adottarsi ed il potere-dovere di sorveglianza e di verifica (riunioni periodiche/visite periodiche), al pari del CIO;”
- Il direttore sanitario ha l’obbligo “di attuarle, di organizzare gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, di vigilare sulle indicazioni fornite (art. 5 del DPR 128/1069: obbligo di predisposizione di protocolli di sterilizzazione e sanificazione ambientale, gestione delle cartelle cliniche, vigilanza sui consensi informati);”
- Il dirigente di struttura complessa (ex primario), “esecutore finale dei protocolli e delle linee guida, dovrà collaborare con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo, igienista ed è responsabile per omessa assunzione di informazioni precise sulle iniziative di altri medici o per omessa denuncia delle eventuali carenze ai responsabili.”
Lo stesso quesito che i giudici di merito andranno a sottoporre al CTU dovrà essere “composito, specificamente indirizzato” all’individuazione del vulnus che, a livello aziendale, può aver determinato il fenomeno infettivo qualora l’azienda non riuscisse a dimostrare di aver correttamente posto in essere tutte le misure preventive sopra descritte.
Da un lato non sarà facile per le aziende raccogliere tutta la documentazione richiesta loro in giudizio ai fini della prova liberatoria ma, dall’altro, questa pronuncia potrà rappresentare per le strutture, i risk manager e tutti i vertici aziendali una preziosa bussola da seguire per cercare di “uscire indenni” dai percorsi incidentati e ostici delle vertenze che abbiano ad oggetto le infezioni ospedaliere.