APPROFONDIMENTI

Coperture Business Interruption

02/09/2015

di Avv. Giandomenico Boglione

La copertura "Business Interruption" ("BI") ha ad oggetto l'assicurazione dei danni economici e delle spese derivanti dall'interruzione dell'attività lavorativa dell'assicurato, in conseguenza dell'avveramento di specifici sinistri subiti dalle sue strutture lavorative.
Ad integrazione di tale copertura, il mercato assicurativo internazionale ha in seguito inserito la "Contingent Business Interruption" ("CBI") che estende la copertura BI ai danni conseguenti all'interruzione dell'attività lavorativa derivanti da eventi assicurati che abbiano colpito beni appartenenti non già all'assicurato ma ai fornitori ovvero ai clienti dell'assicurata. Nel primo caso si fa riferimento a danni materiali subiti da "Contributing Properties" allorché le interruzioni della fornitura di prodotti ovvero di servizi all'assicurata arrechino perdite di guadagno.
La polizza copre solitamente anche le spese straordinarie ("Contingent Extra Expenses") che l'assicurato debba incontrare a cagione dell'evento assicurato e al fine di riprendere normalmente l'attività industriale interrottasi a causa della sospensione di forniture di terzi. Si tratta di spese non ordinariamente incorse e necessarie per riprendere al più presto la produzione, alle quali si aggiungono le spese di professionisti esterni all'ente assicurato che lo assistano nella redazione e certificazione delle evidenze poste a fondamento del claim.
Il periodo di durata della polizza entro il quale circoscrivere i danni da interruzione della produzione, a prescindere dalla scadenza della polizza è definito "period of restoration" e varia a seconda dei termini pattuiti nei singoli casi.
La portata della reale estensione di tale espressione nella prassi non è agevolmente definibile, affidandosi ad un'interpretazione strettamente letterale: se da una parte l'assicurato è chiamato ad intervenire con la dovuta diligenza al fine di evitare o comunque minimizzare il danno, dall'altra non si può escludere che anche i danni da ripercussione occorsi dopo tale scadenza non siano ripetibili in senso assoluto. Il period of restoration solitamente non include l'ulteriore tempo che l'assicurato impiega per far ripartire la produzione, una volta venuta meno la causa dell'interruzione; in passato insorsero dispute accese, che, sebbene non sfociate in contenziosi giudiziali, hanno indotto il mercato a modificare il wording delle polizze BI inserendo dei termini perentori, la cui osservanza può condizionare sensibilmente l'accertamento e la liquidazione dei danni.
La procedura di liquidazione dei sinistri CBI si presenta solitamente complessa e deve essere affidata esclusivamente a soggetti particolarmente competenti e specificamente preparati ed esperti del settore; al pari degli assicuratori, l'assicurato per la liquidazione dei sinistri business interruption deve farsi assistere da professionisti esterni che, oltre a garantire imprescindibile terzietà, possano investigare con perizia il sinistro e le sue ripercussioni fin dal suo insorgere.
L'esigenza di affidarsi a competenti professionisti del settore fin dalle prime fasi di gestione di ogni reclamo è anche giustificata dal diritto dell'assicurato a percepire pagamenti parziali secondo stringenti tempistiche che, in presenza di determinate condizioni, vedono impegnato l'assicuratore già a 90 giorni dal sinistro.
Dal coacervo di clausole emerge con chiarezza che a dispetto della particolare ampiezza della portata propria della CBI, la possibilità di recuperare perdite di guadagno riconducibili all'interruzione di prestazione di servizi da parte di terzi non esenta l'assicurata dall'onere di dimostrare la diretta consequenzialità di tali circostanze.
L'interprete della polizza ed il liquidatore sono chiamati dunque a fare buon governo dei principi che regolano il nesso di causa che, notoriamente, impinge in una delle aree più controverse del diritto.
Nell'ordinamento italiano il nesso di causalità tra un evento ed un danno va ricercato e accertato sulla base della teoria della causalità adeguata, secondo la quale un evento è causa di un danno quando il primo è di per sé idoneo a produrre il secondo in base ai dati dell'esperienza. La suddetta teoria è pacificamente seguita sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza secondo cui "un evento dannoso è da considerarsi causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della "condicio sine qua non"); ma, nel contempo, non è sufficiente tale relazione eziologica per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l'evento, non appaiono del tutto inverosimili (cosiddetta teoria della causalità adeguata o della regolarità causale). Pertanto, l'incidenza eziologica delle cause antecedenti va valutata, per un verso, nel quadro dei presupposti condizionanti (per cui deve trattarsi di "antecedente necessario" dell'evento dannoso, a questo legato da un rapporto di causazione normale e non straordinario) e per altro verso, in coordinazione con il principio della "causalità efficiente" che, contemperando la regola della "equivalenza causale", espunge appunto le cause antecedenti della serie causale (facendole scendere al rango di mere occasioni) in presenza di un fatto sopravvenuto "di per sé idoneo a determinare l'evento anche senza quegli antecedenti".
In materia assicurativa, in particolare, la dottrina ha osservato che "il principio di causalità accolto in materia assicurativa è quello della causalità adeguata. Con tale principio si dà rilievo nel caso di concorso di più cause nel determinismo dell'evento a quella che in astratto da sola avrebbe reso possibile l'evento stesso".
In presenza di concause la dottrina applica l'art. 41, commi I e II, cod. pen., in base al quale "il nesso causale è escluso quando la condotta è pur sempre condicio dell'evento, che si verifica però per il sopravvenire di un fattore eccezionale" ossia "quel fattore causale, che ha reso possibile il verificarsi di un evento che, secondo la migliore scienza ed esperienza, non è conseguenza neppure probabile di quel tipo di condotta".
Secondo la giurisprudenza per cause sopravvenute idonee ad interrompere il nesso causale tra un'azione o un'omissione ed il danno, si intendono quelle "costituenti serie causali autonome, identificabili in fatti del tutto avulsi dalla condotta del soggetto, eccezionali, non prevedibili e capaci, per esclusiva forza propria, di produrre l'evento anche senza la situazione creata dalla serie causale già posta in essere dalla condotta antecedente".
In Common Law il problema della causalità viene risolto dalla proximate cause doctrine, secondo la quale la causa è l'evento più vicino al danno tra quelli che hanno concorso a produrlo.
Secondo autorevole dottrina "in England the proximate cause is said to be the efficient or dominant cause. A change of words does not necessarily achieve a change of rule. The words "caused by" and "arising from" do not give rise to difficulty. They are words which have always been construed as relating to the proximate cause. Similarly the "direct" cause, the "dominant" cause, the "effective" cause, the "immediate" cause, each is the proximate cause; and "the consequences of" and "the consequences on" an event are those proximately caused by the event".
La giurisprudenza anglosassone ha interpretato tale teoria nel senso che la causa dell'evento debba essere individuata nella causa effettiva o determinante, anche se più lontana nel tempo, facendo così coincidere sostanzialmente i risultati derivanti dall'applicazione della teoria della causa adeguata con quelli derivanti dall'applicazione della proximate cause.
Dall'esame della case law sopra riportata emerge con tutta evidenza che l'impiego dell'espressione "directly resulting from necessary interruption" proprio della copertura BI mira ad introdurre un concetto di causalità attinente alla proximate cause doctrine che, in caso di richiamo pattizio alla legge Italiana, comporta un'ulteriore specificazione alla luce del principio sopra visto della "causalità adeguata".
Così, in presenza di una pluralità di eventi succedutisi nel tempo, si potrà dire che l'evento più recente è attribuibile all'evento più remoto a condizione che ogni evento (compresi quelli intermedi) sia al contempo, secondo la regola del "quod plerumque accidit", conseguenza immediata e diretta dell'evento precedente e causa di quello successivo.
Parimenti, qualora, venga accertato che l'evento più recente si sarebbe verificato ugualmente, indipendentemente dal verificarsi degli eventi più risalenti, allora il primo non potrà essere ricompreso tra questi ultimi.
Le suddette considerazioni rilevano nell'indagine circa la riconducibilità (o meno) di danni o spese all'interruzione che l'assicurata solitamente valorizza ma che possono essere debitamente contestati sol provando che la serie causale degli avvenimenti è stata interrotta dall'inserimento all'interno della catena eziologia di elementi diversi, quali ad esempio l'andamento del mercato (in flessione) ovvero il mutamento delle strategie di gruppo.
Quale ricorrente strumento per contenere la richiesta di indennizzo che si inserisce sotto un diverso ma concorrente profilo nell'analisi della riconducibilità causale di claim entro i termini di polizza, l'assicuratore è solito eccepire la mancata minimizzazione dei danni qualora provi che l'assicurato ovvero il suo fornitore non abbiano agito con diligenza e rapidità per mitigare le perdite di guadagno.
Il caso giurisprudenziale più noto sul tema è offerto dalla tragedia delle torri gemelle a NY, evento che ha fornito, più di ogni altro, occasione di approfondimento e rivisitazione dei contratti assicurativi BI.
Nel caso Broad Street, L.L.C. v. Gulf Ins. Co., si controverteva circa le riduzioni dei fitti operati dal proprietario di un immobile distante tre isolati dalle Torri reso indisponibile per una sola settimana. La Corte rigettò il reclamo, ritenendo che la copertura operasse solamente in presenza di completa sospensione dell'attività. Tesi criticabile in quanto non pienamente rispettosa del concetto di "period of restoration" che sembra garantire all'assicurato la perdita di guadagno subita sino al momento in cui egli, agendo con la dovuta diligenza e prontezza, riesca a rimettere in pristino l'attività.
Il punto tuttavia resta controverso in ragione del fatto che solitamente le coperture BI estendono la copertura sino a che l'assicurato non abbia ripreso la normale attività, intendendosi con tale termine il pieno regime; altre volte invece accordano la risarcibilità dei danni conseguenti alla completa o parziale interruzione delle attività di business.