APPROFONDIMENTI

Fascicolo Sanitario Elettronico

Pilastro del progetto E-Health

03/02/2021

di Avv. Gianluca Marmorato

Alla luce dell’emergenza sanitaria che sta così duramente colpendo il nostro Paese da circa un anno, il tema della Sanità Digitale si sta rivelando quanto mai delicato e complesso.

Le problematiche connesse con l’incremento dell’erogazione di prestazioni sanitarie, la necessità del rispetto del distanziamento sociale per i pazienti e gli operatori, la sospensione per lungo tempo di prestazioni diagnostiche e terapeutiche, oltre che i ricoveri in regime di elezione, hanno reso evidente la fragilità del Sistema Sanitario, determinando la necessità di realizzare un percorso di riorganizzazione, che possa garantire e potenziare le attività cliniche, in termini di efficienza e sicurezza.

Grandi sforzi sono stati posti in essere relativamente all’ambizioso progetto di E-Health, rappresentato dalla molteplicità di servizi e strumenti, che vanno dalla Telemedicina, alla dematerializzazione delle prescrizioni mediche, ed ancora, dallo sviluppo di strumenti di Intelligenza Artificiale alla piena realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico.

Proprio il FSE rappresenta un tassello fondamentale di questo percorso, in ragione della necessità dei servizi della cosiddetta medical sharing, e molteplici sono state le tappe che prendono vita a partire dal 2012, allorquando con DL 179, convertito con Legge n. 221 venne questo strumento.

Il Fascicolo Sanitario Elettronico è lo strumento attraverso il quale il cittadino può tracciare e consultare tutta la storia della propria vita sanitaria, condividendola con i professionisti sanitari; si tratta in buona sostanza di un archivio che possa contenere, su richiesta del cittadino/paziente, tutta la sua storia sanitaria, finalizzato a consentire, su espressa richiesta dell’interessato, l’erogazione di servizi sanitari, che vanno dalla prevenzione alla verifica della qualità delle cure.

Stiamo assistendo in questi anni ad un grande sforzo organizzativo e tecnico volto a rendere pienamente operativo tale fondamentale strumento, in particolar modo attraverso l’armonizzazione ed interoperabilità dei dati e delle funzioni.

Fondamentale appare la costante implementazione nell’archivio di tutte le prestazioni espletate, che vanno dagli esami di laboratorio, alle terapie somministrate, alle prestazioni specialistiche, agli interventi chirurgici, ecc., onde consentirne una approfondita consultazione su tutto il territorio nazionale, con previsione di realizzare anche un progetto di interoperabilità a livello Comunitario.

Questa appare la vera svolta, che potrà consentire l’incremento delle attività sanitarie in forma remota (i.e. Telemedicina).

Per essere pienamente operativo, il complesso progetto E-Health necessita ovviamente di un archivio, sempre più ampio ed accurato, relativamente a tutta la storia clinica dei cittadini, e solo così si può immaginare che possa espandersi una soddisfacente ed accurata attività a distanza, che potrà integrarsi con l’ausilio dei sempre più progrediti strumenti di medical devices, coordinati da sistemi intelligenti.

Come previsto dal DPCM n. 178 del 29 settembre 2015, il Fascicolo Sanitario Elettronico è istituito, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, dalle Regioni e dalle Province Autonome, con l’intenzione di rendere possibile un miglioramento della qualità dei servizi sanitari, aventi ad oggetto:

  • Prevenzione, diagnosi e riabilitazione
  • Studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico
  • Programmazione sanitaria, verifica delle qualità delle cure e valutazione dell’assistenza sanitaria.

In considerazione della delicatezza dei dati trattati, il Garante per la Protezione dei Dati Personali fin dal 2009 ha approfondito il tema, anche attraverso linee guida e strumenti chiarificatori (FAQ e infografiche)  onde porre chiarezza sulle tutele da adottare per il corretto utilizzo e finalità.

L’Autorità di controllo ha ritenuto infatti necessario puntualizzare che il Fascicolo sanitario Elettronico, così come il Dossier Sanitario Elettronico, determina  un  trattamento di dati “sensibili” (utilizzando la previgente denominazione) ulteriore rispetto a quello originario di cui alle singole attività sanitarie, che confluiscono nel FSE medesimo: circostanza che determina la necessità di una accurata informativa che deve essere sottoposta all’interessato, con la chiara identificazione delle finalità, dei limiti e dei soggetti che sono autorizzati all’accesso a detti dati.

Fondamentale appare il chiarimento relativo al fatto che l’informativa del FSE deve essere formulata con linguaggio chiaro e contenere, in adozione a quanto previsto dall’art. 13 del GPR, la precisazione delle finalità, dei soggetti autorizzati al trattamento e la precisazione relativamente al diritto dell’interessato a conoscere tutti gli accessi che vengono effettuati al proprio FSE.

Appare quanto mai delicato individuare le prerogative ed i limiti relativamente ai soggetti autorizzati all’accesso al FSE, ed in punto tra essi rientrano:

  • l’interessato, che  può in ogni momento accedere ai propri documenti sanitari, intesi quali dati clinici e amministrativi (ricette, prescrizioni, prenotazioni, certificati), oltre che consultare l’elenco di tutti gli accessi eseguiti sul proprio fascicolo.
  • Il personale amministrativo operante in strutture sanitarie  che può, in qualità di soggetto autorizzato, consultare solamente le informazioni necessarie per l’assolvimento delle funzioni amministrative, quali le prenotazioni e/o i dati anagrafici indispensabili ad hoc, ma non i dati sanitari.
  • Gli esercenti le professioni sanitarie (sia in strutture pubbliche che private) che a vario titolo intervengono nella cura ed assistenza del paziente, possono avere accesso al FSE ed ai dati sanitari ivi contenuti; tra tali soggetti autorizzati vi è anche il medico di medicina generale (MMG) ed il pediatra di libera scelta (PLS) i quali hanno il compito di redigere il Patient Summary, inteso quale documento socio sanitario informatico, che riassume la storia clinica dell’interessato, finalizzato a consentire e facilitare la continuità di cura attraverso il rapido inquadramento del paziente al momento di un contatto con una determinata struttura sanitaria.
  • Le Regioni ed il Ministero della Salute hanno anch’essi la facoltà di accedere ai dati pseudonimizzati presenti nel FSE per le finalità di governo e di ricerca (programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell’assistenza sanitaria, gestione delle emergenze sanitarie), nel rispetto dei principi di indispensabilità, necessità, pertinenza e non eccedenza.
  • Fondamentale inoltre appare l’indicazione dei soggetti non abilitati in alcun modo all’accesso al FSE, quali i periti, le compagnie di assicurazione, i medici legali, i datori di lavoro, le associazioni scientifiche e gli organismi amministrativi pur se operanti in ambito sanitario, ed in ogni caso tutti i soggetti terzi non espressamente autorizzati dall’interessato.

La grande sfida per il prossimo futuro attiene alla completa adozione degli strumenti connessi con il FSE e la interoperabilità tra tutte le Regioni e, si spera presto, tra gli Stati UE.

Attualmente infatti i  Fascicoli elettronici  attivati sono poco superiori a 30 milioni, operanti sulle 21 Regioni, ma tra queste  solo 11 hanno aderito ai progetti di interoperabilità, ed in ogni caso, anche all’interno di queste Regioni, ancora difficile e non completa risulta essere l’implementazione dei dati a cura di tutte le strutture sanitarie.

Con Legge 232 del 2017 è stata istituita l’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità (INI) che opera in modo sinergico con l’Agenzia per l’Italia Digitale, ed è finalizzata alla realizzazione dei percorsi e strumenti di implementazione ed interoperabilità, garantendo la piena funzionalità dei FSE regionali, l’identificazione dell’assistito attraverso l’allineamento con l’Anagrafe Nazionale degli Assistiti (ANA), l’interconnessione dei soggetti previsti per la trasmissione telematica dei dati, la gestione delle codifiche nazionali e regionali stabilite e rese disponibili dalle Amministrazioni e dagli Enti che le detengono.

Ulteriore sfida è rappresentata dall’allargamento delle funzioni di connettività ed interoperabilità a livello Comunitario, attraverso il programma Connecting Europe Facility (CEF), che potrà consentire la realizzazione di una infrastruttura europea interconnessa con la rete nazionale dei fascicoli sanitari regionali, e che porrà le basi per una condivisione internazionale di elementi/dati, anche in termini di ricerca, la cui delicatezza ed importanza è stata ben compresa con l’emergenza sanitaria pandemica.

Pubblicazioni

Solamente qualche giorno fa – ordinanza n. 26805 del 12.09.2022 - la Corte di Cassazione è intervenuta per fare ancora una volta chiarezza sulle differenze semantiche e ontologiche esistenti tra il danno biologico, il danno morale e la personalizzazione. Termini polisemici e di frequente mal interpretati.

Nel richiedere la liquidazione del danno non patrimoniale spesso le parti incorrono in confusione nel nominare in modo diverso concetti uguali o nel richiedere più volte uno stesso nocumento indicandolo sotto diverse nomenclature.

Il corretto inquadramento di queste componenti che appartengono ad un unico genus – cioè quello del danno non patrimoniale - è indispensabile al fine di applicare in modo appropriato i criteri per la loro liquidazione, anche in virtù delle modifiche di recente apportate dall’Osservatorio di Milano alle tabelle meneghine.

Una prima precisazione va fatta con riferimento al danno biologico che i più fanno coincidere con il danno alla salute.

In realtà, come ben chiarito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 7513 del 2018, il danno alla salute non va considerato, e in questo senso è d’accordo anche la medicina legale italiana, come nocumento fisico in re ipsa ma piuttosto quale compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento di tutte le sue attività quotidiane.

Sotto tale profilo il Dott. Rossetti, relatore della citata pronuncia ricordava che “In questo senso si espresse già quasi vent'anni fa (ma inascoltata) la Società Italiana di Medicina Legale, la quale in esito al Congresso nazionale tenuto nel 2001 definì il danno biologico espresso nella percentuale di invalidità permanente, come "la menomazione (...) all'integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali (...), espressa in termini di percentuale della menomazione dell'integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti".”

Pertanto per danno biologico è da intendersi il danno alla salute nei suoi riflessi dinamico relazionali. Prosegue la Cassazione “Non, dunque, che il danno alla salute “comprenda” pregiudizi dinamico-relazionali dovrà dirsi; ma piuttosto che il danno alla salute è un danno “dinamico relazionale”. Se non avesse conseguenzedinamico relazionali”, la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico-legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile.”

Dunque l’incidenza di una menomazione permanente sulle quotidiane attività dinamico-relazionali della vittima non è un danno diverso dal danno biologico ma è proprio ciò che lo compone.

Nell’ambito della lesione della salute e dei suoi profili dinamico-relazionali vi possono essere conseguenze comuni a tutte i soggetti che hanno quel grado di invalidità e conseguenze peculiari che abbiano cioè reso il pregiudizio subito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi similari.

Mentre le prime vengono liquidate dietro mera dimostrazione del grado di invalidità, le seconde richiedono la prova concreta ed effettiva del maggior pregiudizio subito onde ottenerne il risarcimento mediante personalizzazione del danno. Ed infatti “In applicazione di tali princìpi, questa Corte ha già stabilito che soltanto in presenza di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014).”

Il danno morale, infine, è costituito invece dai[1] “..pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione).”

Il danno morale è quindi una categoria autonoma[2] rispetto al danno biologico e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore del tutto autonomo e indipendente dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato e che costituiscono come detto l’essenza del danno biologico.

L’autonomia di questa categoria – e il suo non automatico riconoscimento – si è riverberata nella revisione delle Tabelle di Milano che nella loro versione del 2021 specificano e distinguono nella liquidazione del danno non patrimoniale la componente biologico/relazionale e quella morale.

Nella pronuncia di settimana scorsa la Corte di Cassazione ha quindi chiarito l’operazione che gli operatori del diritto si trovano a dover fare nel momento della liquidazione delle poste risarcitorie e cioè dividere il danno non patrimoniale nelle sue componenti dinamico/relazionale (id est il danno biologico, se del caso personalizzato) e quella morale. Ed infatti “il giudice di merito dovrà:

1) accertare l'esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale;

2) in caso di positivo accertamento dell'esistenza (anche) di un danno da sofferenza morale, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che preved(eva)ono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervenivano, per il danno biologico - prima dell'ultima, necessaria modificazione all'indicazione di un valore monetario automaticamente e complessivamente unitario (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno);

3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno, considerare la sola voce del danno biologico (espressamente ed esclusivamente definito dal legislatore, fin dall'anno 2000, come danno dinamico/relazionale), depurata dall'aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, e liquidando, conseguentemente il solo aspetto dinamico-relazionale del danno;

4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno secondo gli stringenti criteri indicati dalla sentenza 7513/2018, procedere all'aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale, automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni.”

4.15   Di conseguenza la personalizzazione del danno:

- andrà riconosciuta solo dietro specifica e concreta dimostrazione “di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età.”[3]

- se dimostrata, andrà liquidata mediante aumento “fino al 30% del valore del solo danno biologico[4] e non prendendo a riferimento il danno non patrimoniale nella sua unitarietà. 

 

[1] Cass. Civ. sent. n. 7513 del 2018 

[2] Cass. Civ. ordinanza n. 15733 del 17.05.2022

[3] Civile Ord. Sez. 3 Num. 7513 Anno 2018

[4] Cass. civ. Sez. III, Ord., 12.09.2022, n. 26805


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