I principi fondamentali della responsabilità sanitaria ribaditi dal Tribunale di Milano
Sentenza del 02 febbraio 2022 a firma della Dott.ssa Flamini
16/03/2022
di Avv.to Stefano ZerboE’ recentissima – 02 febbraio 2022 – la pronuncia con la quale, prima di lasciare la Sez. I Civile del Tribunale di Milano per Roma e la Cassazione, la Dott.ssa Flamini ha, ancora una volta mirabilmente, ribadito taluni principi fondamentali che oggi regolano la responsabilità medico sanitaria.
Nella vicenda – che riguardava la richiesta di risarcimento avanzata dagli eredi di un paziente nei confronti di una struttura la quale, a sua volta, aveva coinvolto in rivalsa i medici ritenuti direttamente responsabili – il Giudice ha avuto modo di prendere posizione:
- sui regimi di responsabilità applicabili alle domande del danneggiato ed a quelle dei suoi eredi verso la struttura ed i singoli medici, spiegando che, pur essendo indubbio il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura, il contratto di spedalità tra essi concluso “non può giustificare la qualificazione del rapporto tra struttura sanitaria ed eredi del paziente in termini contrattuali ”. Sicché la domanda di risarcimento del danno iure proprio per la perdita del congiunto deceduto a seguito di prestazioni sanitarie ritenute errate trova la sua disciplina nell’ambito del regime di responsabilità aquiliano poiché deve “essere esclusa la configurabilità della responsabilità contrattuale posto che il rapporto contrattuale è intercorso tra la struttura sanitaria e il paziente (poi deceduto), non certo tra la prima ed i parenti della seconda”;
- sull’inefficacia retroattiva della L. 24/2017 (Legge Gelli Bianco) così come della L. 189/2012 (Balduzzi) rispetto ai fatti antecedenti alla loro entrata in vigore atteso che "non possono ritenersi, in assenza di specifica disposizione transitoria, non contenuta nè nella stessa L. n. 189 del 2012 (o nel decreto legge convertito) o nella successiva L. n. 24 del 2017, avere efficacia retroattiva. Esse, pertanto, conformemente all'art. 11 preleggi regolano unicamente fattispecie verificatesi successivamente alla loro entrata in vigore”;
- sulla qualifica contrattuale del rapporto tra paziente e medico per i fatti occorsi prima dell’entrata in vigore della L. 24/2017 che, all’art. 7, ha invece specificato doversi fare applicazione dell’art. 2043 c.c. (fatta eccezione del medico che abbia assunto direttamente un'obbligazione contrattuale verso il paziente);
- sugli oneri probatori a carico di paziente e di struttura sanitaria chiarendo, ancora una volta, che sul paziente incombe “l'onere di provare il nesso di causalità fra la condotta del sanitario e l'evento di danno quale fatto costitutivo della domanda risarcitoria, non solo nel caso di responsabilità da fatto illecito, ma anche nel caso di responsabilità contrattuale”; alla struttura è fatto invece onere di dimostrare o il corretto adempimento o la “causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l'esatta esecuzione della prestazione” ma solamente “ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio ”;
- sul concetto del c.d. doppio ciclo causale da intendersi, come chiaramente spiegato in questo passaggio della pronuncia, “ l'uno relativo all'evento dannoso, a monte, l'altro relativo all'impossibilità di adempiere, a valle. Il nesso di causalità materiale che il creditore della prestazione professionale deve provare è quello fra intervento del sanitario e danno evento in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie; il nesso eziologico che invece spetta al debitore di provare, dopo che il creditore abbia assolto il suo onere probatorio, è quello fra causa esterna, imprevedibile ed inevitabile alla stregua dell'ordinaria diligenza di cui all'art. 1176, comma 1, ed impossibilità sopravvenuta della prestazione di diligenza professionale (art. 1218).”
Con la conseguenza che “Se la prova della causa di esonero è stata raggiunta vuol dire che l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di una nuova patologia è eziologicamente riconducibile all'intervento sanitario, ma il rispetto delle leges artis è nella specie mancato per causa non imputabile al medico. Ne discende che, se resta ignota anche mediante l'utilizzo di presunzioni la causa dell'evento di danno, le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul creditore della prestazione professionale, se invece resta ignota la causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione di diligenza professionale, ovvero resta indimostrata l'imprevedibilità ed inevitabilità di tale causa, le conseguenze sfavorevoli ricadono sul debitore”.
- sul rapporto tra giudizio penale e civile con la specificazione del principio più volte chiarito dalla Suprema Corte e secondo il quale “l'eventuale apporto causale colposo del danneggiato non necessariamente costituisce lo stesso fatto accertato dal giudice penale per gli effetti di cui all'art. 651cod. proc. civ. e può essere dunque invocato a proprio favore dal danneggiante convenuto in giudizio per il risarcimento." "Se, infatti,… la ricostruzione storico-dinamica dell'accaduto e' preclusiva di un nuovo accertamento da parte del giudice civile, che non può procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell'episodio, quest'ultimo puo' invece indagare su altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale ai fini del giudizio a lui demandato, come nella specie il comportamento della parte lesa, negli aspetti in nessun modo esaminati dal giudice penale ed incidenti sull'apporto causale nella produzione dell'evento”.
- Sulla responsabilità propria della struttura sanitaria ex art. 1218 c.c. anche per il fatto del medico della cui opera si sia avvalsa, rigettando le argomentazioni difensive utilizzate nel corso del giudizio dalla struttura che mirava a “scaricare” la responsabilità esclusivamente sui medici. Al riguardo, facendo richiamo a Cass. Civ. n. 28987/2019, la Dott.ssa Flamini ha ancora una volta ricordato che “il medico opera pur sempre nel contesto dei servizi resi dalla struttura presso cui svolge l'attività, che sia stabile o saltuaria, per cui la sua condotta negligente non può essere agevolmente "isolata" dal più ampio complesso delle scelte organizzative, di politica sanitaria e di razionalizzazione dei propri servizi operate dalla struttura, di cui il medico stesso è parte integrante, mentre il già citato art. 1228 c.c., fonda, a sua volta, l'imputazione al debitore degli illeciti commessi dai suoi ausiliari sulla libertà del titolare dell'obbligazione di decidere come provvedere all'adempimento, accettando il rischio connesso alle modalità prescelte, secondo la struttura di responsabilità da rischio d'impresa ("cuius commoda eius et incommoda") ovvero, descrittivamente, secondo la responsabilità organizzativa nell'esecuzione di prestazioni complesse; ne consegue che, se la struttura si avvale della "collaborazione" dei sanitari persone fisiche (utilità) si trova del pari a dover rispondere dei pregiudizi da costoro eventualmente cagionati (danno): la responsabilità di chi si avvale dell'esplicazione dell'attività del terzo per l'adempimento della propria obbligazione contrattuale trova radice non già in una colpa "in eligendo" degli ausiliari o "in vigilando" circa il loro operato, bensì nel rischio connaturato all'utilizzazione dei terzi nell'adempimento dell'obbligazione (Cass., 27/03/2015, n. 6243), realizzandosi, e non potendo obliterarsi, l'avvalimento dell'attività altrui per l'adempimento della propria obbligazione, comportante l'assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino”;
- sul concetto di danno da perdita del rapporto parentale e gli oneri probatori che è chiamato a soddisfare chi ne pretenda il risarcimento. Quanto alla definizione di tale tipologia di danno nella sentenza si precisa che “il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza della uccisione di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l'incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, del quale è titolare (la cui tutela ex art. 32 cost., ove risulti intaccata l'integrità psicofisica, si esprime mediante il risarcimento del danno biologico), sia dall'interesse all'integrità morale (la cui tutela, ricollegabile all'art. 2 cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo), e ciò in quanto l'interesse fatto valere è quello alla intangibilità della sfera degli effetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 cost.”.
Quanto alla dimostrazione di tale posta risarcitoria il Giudice che se per un verso è onere dei familiari della vittima dimostrare che “si sia determinato nei superstiti uno sconvolgimento delle normali abitudini tale da imporre scelte di vita radicalmente difese”, per l’altro tale prova può essere resa anche per presunzioni “che in argomento assumono anzi "precipuo rilievo" (v. Cass., Sez. Un., 24/3/2006, n. 6572). Le presunzioni valgono in realtà a sostanzialmente facilitare l'assolvimento dell'onere della prova da parte di chi ne è onerato, trasferendo sulla controparte l'onere della prova contraria (v. Cass.,12 giugno 2006, n. 13546). Costituendo un mezzo di prova di rango non inferiore agli altri, in quanto di grado non subordinato nella gerarchia dei mezzi di prova e dunque non "più debole" della prova diretta o rappresentativa, ben possono le presunzioni assurgere anche ad unica fonte di convincimento del giudice”;
- Sulla determinazione del danno da perdita del rapporto parentale mediante l’utilizzo della Tabella a Punti del Tribunale di Roma poiché, secondo la Cassazione, meglio confacente all’equa liquidazione del pregiudizio non patrimoniale subito per effetto della morte del congiunto. Sicché, la Dott.ssa Flamini ha chiarito che “ il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonchè l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”.
- Sull’azione di rivalsa della struttura verso il medico ritenuto responsabile dalla prima. Dopo aver chiarito che è nullo il patto di manleva tra struttura e medico e che, a prescindere dal nome, la domanda di rivalsa debba trovare la sua disciplina nell’azione di regresso di cui agli artt. 1298 e 2055 c.c., il Giudice ha spiegato che sulla struttura rimane ascritta una quota paritaria di responsabilità (al 50%) pur in presenza di colpa esclusiva del medico, il quale potrà essere condannato all’intero solamente in caso di prova – a carico della stessa struttura – di una “condotta "inescusabilmente grave", del tutto imprevedibile e di "improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute".
Si tratta di una pronuncia che pur non introducendo concetti nuovi all’interprete, certamente “scolpisce nella pietra” i più recenti principi formatisi sugli argomenti oggetto di esame da parte del Giudice e che i pratici non possono che plaudire quale virtuoso esempio di realizzazione del difficile processo di garantire la “certezza del diritto”.