Non è facile per una struttura sanitaria argomentare le proprie difese allorché il danneggiato lamenti di aver contratto una infezione durante il suo ricovero presso quel nosocomio che, per tal ragione, assume responsabile del conseguente danno.
Al di là degli ultimi renvirement, per giurisprudenza pressoché costante nell'ambito delle vicende di medical malpractice (su tutte la Cass. Civ. 577/2008) gli oneri probatori risultano, allo stato, piuttosto favorevoli al paziente cui è richiesto di dimostrare il "contatto" con la struttura e di allegare il c.d. inadempimento qualificato quale causa astrattamente idonea ad aver provocato il danno; spetta semmai all'ospedale dimostrare di aver adempiuto correttamente alle proprie obbligazioni ex art. 1218 c.c. ovvero – così dice la Cassazione – dar prova di quale sia la causa diversa a sé non imputabile che quel danno ha generato.
E se nell'ambito di una vicenda che vede coinvolta e convenuta una struttura da un paziente che si assume danneggiato e che dimostri di essere "entrato" in ospedale senza infezione ed esserne uscito con processo infettivo in corso l'onere del paziente parrebbe di per sé stesso già dimostrato così come accertata la correlazione causale tra ricovero e sepsi, come potrebbe mai uscirne indenne la struttura?
Ebbene un modo c'è – o, meglio – c'è stato.
In un caso analogo passato al vaglio del Tribunale di Milano una clinica, convenuta dall'attore che lamentava aver contratto durante il ricovero un'infezione, ha visto escludere dal Giudice la sua responsabilità per essere riuscita a dar prova di aver adottato tutti i protocolli sanitari (debitamente prodotti in giudizio) necessari a garantire in favore dell'utenza la migliore asepsi.
A prescindere dal fatto che il paziente avesse contratto o meno quella infezione proprio nelle strutture dell'azienda convenuta, quest'ultima - ha affermato la I Sezione del Tribunale di Milano con una decisione del 10 febbraio 2015 – era riuscita a dare dimostrazione del proprio corretto adempimento, dimostrando di aver adottato tutte le necessarie misure che avrebbero potuto prevenire la complicanza poi manifestatasi.
Attesa la prova del corretto adempimento ex art. 1218 c.c. con la produzione dei relativi protocolli sanitari, l'infezione altro non poteva rappresentare se non una condizione aggravante che, se certamente prevedibile (ed a tanto erano state stilate le profilassi adottate) non avrebbe in ogni caso potuto essere evitata.