LA CASSAZIONE TORNA A FARE IL PUNTO SUL RIPARTO DEGLI ONERI PROBATORI NELLE VICENDE DI RESPONSABILITA’ MEDICA: REPETITA IUVANT?
28/11/2022
di Avv.to Stefano ZerboCon una recentissima pronuncia – la n. 32971 del 09.11.2022 – la III Sezione Civile della Corte di Cassazione, Pres. Dott. Giacomo Travaglino, è tornata a ribadire taluni principi – sovente discussi o mal interpretati – che governano il riparto degli oneri probatori tra le parti coinvolte in vicende di responsabilità medico sanitaria.
Ancora una volta la Suprema Corte ha chiarito che è il paziente a dover dimostrare il nesso di causa tra l’inadempimento ascritto alla struttura ed il danno lamentato subire: se l’art. 1218 c.c. solleva il creditore dall'onere di provare la colpa del debitore, lo stesso non può valere rispetto alla prova della correlazione causale tra la condotta del debitore ed il danno di cui il preteso creditore domanda il risarcimento.
Con la conseguenza che – ed è questo uno dei punti di maggior “attrito” tra avvocati dediti alla difesa dei pazienti ed i colleghi impegnati invece dalla parte delle strutture - “ se la causa dovesse restare ignota ciò si riverbererebbe negativamente sul medesimo”.
Né può affermarsi l’assioma per il quale dalla violazione delle leges artis debba sempre derivare la lesione dell’interesse presupposto (cioè la tutela del paziente): questo perché, quel danno, potrebbe risultare conseguenza di cause autonome e diverse dall’inadempimento della prestazione professionale.
A ciò consegue, dice la Corte, “che al creditore della prestazione non basterà affatto allegare l'inadempimento della prestazione professionale, ma occorrerà anche che egli provi che l'inadempimento, cioè la condotta negligente, abbia provocato la lesione della salute, l'interesse presupposto”.
Se per un verso il creditore potrà pertanto limitarsi ad allegare l’inadempimento qualificato, per l’altro, attenzione, egli sarà comunque “tenuto a dimostrare il nesso di causalità materiale tra l'aggravamento della propria condizione patologica o l'insorgenza di nuove patologie, oltre al nesso di causalità giuridica”.
Cosicché alla struttura convenuta non sarebbe richiesto di provare alcunché nel difetto del – preliminare – assolvimento degli oneri probatori da parte del (presunto) danneggiato, posto che “Soltanto, a questo punto, sorgono gli oneri probatori a carico del debitore, chiamato a provare di avere adempiuto o che l'inadempimento non gli è imputabile”.
Verrebbe da dire “repetita iuvant ”, trattandosi di principi noti a tutti coloro che affrontano professionalmente da anni questa materia.
Che poi questi principi mal si sposino con la prassi di molti Tribunali di accogliere le richieste di accertamenti tecnici preventivi ex art. 696 bis c.p.c. pressoché sempre e comunque ed a prescindere non solo dalla mancata prova, ma anche dall’assenza di qualsiasi allegazione di inadempimento da parte del creditore è ormai argomento al quale si è stati – diciamocelo - costretti ad abdicare a favore della scelta di rimettere – e forse è giusto così – il vaglio della responsabilità/non responsabilità e del danno/non danno nelle mani dei CTU.
Con gli avvocati, sovente, a far da (semplice) contesto.