APPROFONDIMENTI

La clausola claims made ed il dibattito giurisprudenziale già in atto dopo la Sezioni Unite n. 9140/2016

27/07/2016

di Avv.to Stefano Zerbo

Dopo anni di dibattito giurisprudenziale e dottrinale che ha visto contrapposti su fronti contrari chi sosteneva la validità ed efficacia della clausola claims made e chi, invece, ne lamentava la nullità in radice o la sua annullabilità si è pensato che, chiamata a pronunciarsi sul tema, la Suprema Corte a Sezioni Unite avrebbe potuto porre fine al dilemma, sancendo definitivamente le ragioni dell'una o dell'altra parte.
Tuttavia, se per un verso, con la pronuncia n. 9140/2016, le Sezioni Unite hanno affermato la validità di siffatta clausola, quand'anche spuria o mista (ovvero con previsione del claim in vigenza di polizza e accadimento del fatto limitato nel tempo), così integrante un contratto tipico vero e proprio con previsione di un patto atipico, i Giudici di Legittimità non sono riusciti a porre la parola fine sulla questione aprendo semmai, con le motivazioni rese nel corpo della sentenza, le porte ad un nuova discussione che quasi inevitabilmente troverà spazio – e già lo sta trovando – nelle sedi dei Tribunali di merito.
Non è un mistero che la decisione delle Sezioni Unite ha sdoganato l'utilizzo della claims made ma contestualmente rimesso al vaglio di meritevolezza dei giudici di merito la valutazione delle coperture contenenti la clausola ed offerte al mercato professionale nell'auspicio di non lasciar sguarnite le risorse economiche che dovrebbero garantire il giusto risarcimento in favore del danneggiato dalla condotta del soggetto assicurato cui l'assicuratore potrebbe negare la manleva per effetto dell'inoperatività temporale della garanzia legata al regime claims made.
Sicché, trovatosi a decidere sulla richiesta di manleva assicurativa svolta da un architetto che, convenuto in giudizio dal danneggiato dalle prestazioni del primo, si era visto opporre dalla compagnia di assicurazioni il diniego all'indennizzo per inoperatività della copertura prestata per claim giunto in vigenza di contratto e fatti verificatisi nel medesimo arco temporale il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 7149 del 21 giugno 2016, in applicazione del potere di valutazione ad esso riconosciuto dalla Sezioni Unite, ha esplicitamente disapplicato la clausola claims made contenuta nel relativo contratto, ritenendola nulla e sostituita da diritto da quanto disposto dall'art. 1917 c.c., II comma.
Seppur riconoscendo il principio espresso dalla Cassazione sulla validità della claims made in quanto non vessatoria, il Giudice meneghino non ha concesso libertà di applicazione all'articolo invocato – invano – nel giudizio dall'assicuratore reo, nelle motivazioni stese dal tribunale, di aver immesso sul mercato una polizza che, basata sul regime claims made, non prevedeva l'estensione alle richieste afferenti fatti occorsi nei dieci anni precedenti la data di inizio della garanzia. A sostegno della decisione ha spiegato il Giudice che "...una clausola come quella contenuta nel citato art. 7 – caratterizzata, peraltro, da una spiccata asimmetria informativa nella quale il contraente non predisponente (sebbene professionista, come nel caso di specie) non è in possesso di tutte le informazioni sui complicati meccanismi giuridici che governano il sistema della responsabilità civile, delle quali dispone, invece, la società di assicurazione -, anche a fronte dell'entità del premio pagato dall'assicurato (pari, nel caso in esame ad euro 475,00 annue) non sia meritevole di tutela e debba, pertanto, essere dichiarata nulla.".
Di fatto a inficiare la validità della clausola era, come detto, l'omessa estensione alla c.d. retroattività (decennale) atteso che, così si legge nella pronuncia, "l'inefficacia della clausola relativa alla validità della garanzia debba essere limitata a quella parte della pattuizione che, invece di coprire i rischi verificatesi nei dieci anni precedenti alla stipulazione della polizza, limita la garanzia ai rischi nel descritto limitato periodo temporale. Tale inefficacia non si estende a tutta la clausola relativa alla validità della garanzia che resta efficace nella parte in cui delimita l'oggetto del contratto e prevede che l'assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'Assicurato nel corso del periodo di validità dell'assicurazione (fino alla maturazione dei termini di prescrizione decennale, ancora non compiuti nel caso di specie).
A questa pronuncia ha già fatto da contraltare – sebbene per motivi di merito differenti l'uno dall'altra - l'arresto di altro Tribunale, quello di Napoli, che con la decisione n. 7807 del 20 giugno 2016, ha invece respinto la richiesta di manleva assicurativa svolta da un ente ospedaliero nei confronti dell'assicuratore che aveva eccepito l'inoperatività della polizza per assenza dei presupposti previsti dal regime claims made.

Percorrendo la stessa strada intrapresa dal Tribunale di Milano sul giudizio di meritevolezza della clausola atteso gli interessi in gioco, il Giudice campano è in questo caso approdato ad una conclusione differente affermando, nel merito, la validità ed efficacia del contenuto della clausola contrattuale contestata dall'assicurato che, al pari di quella presa in esame dal Tribunale di Milano, prevedeva una formula di retroattività non già a dieci anni ma a tre.

Va detto che nel caso deciso dal Giudice campano, a differenza di quello portato all'attenzione di quello milanese, il claim non era giunto in vigenza di copertura durante il decorso della quale, invece, si era verificato l'evento per il quale, solo successivamente allo scadere della polizza, era poi giunta la richiesta di risarcimento.

In tale ipotesi, secondo il Tribunale di Napoli, il contratto risultava comunque equilibrato nella gestione degli interessi dei contraenti posto che "...attesa la continuità di prestazioni mediche offerte dall'assicurato, quale struttura ospedaliera, il cui interesse a vedersi tutelato eventi verificatisi anteriormente alla entrata in vigore della polizza realizza una sufficiente meritevolezza, - diversamente che nel soggetto esordiente che della copertura del rischio pregresso per nulla potrà giovarsi, mancando l'interesse ad assicurare inesistenti sue condotte precedenti alla stipula-, la clausola in questione, per come articolata, possa dirsi lecita e meritevole di tutela, senza dovere essere integrata o modificata, ex art. 1419 c.c. secondo comma, per conseguire un più corretto contemperamento di interessi, così come suggerito dalla Suprema Corte per l'ipotesi di vaglio negativo della detta meritevolezza".

Sicché, seppur in presenza di presupposti di fatto differenti tra le due fattispecie per data di claim e del fatto, a parità di condizioni contrattuali due testi di polizza sono stati valutati in modo opposto da due Corti distinte.

Si vedrà nel prosieguo, ma, come anticipato, la decisione delle Sez. Unite sembra davvero aprire la strada per nuovi dibattiti.