La natura plurioffensiva della lesione del consenso informato:
violazione del diritto all'autodeterminazione e del diritto alla salute
14/12/2016
di Avv. Stefano RicciardiCome noto la necessità dell'acquisizione di una "decisione consapevole" del paziente trova precisi riferimenti nella Costituzione, agli articoli 2, 13 e 32, nonché in numerose convenzioni internazionali e nel codice di deontologia medica.
Con riferimento alle modalità mediante le quali i sanitari – e loro tramite l'azienda ospedaliera – devono adempiere agli obblighi di informativa è pacifico che "..il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell'intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all'uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell'informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l'informazione sui rischi connessi ad un intervento di cheratomia radiale, fornita ad una paziente mediante consegna di un "depliant" redatto dallo stesso oculista, che peraltro non riportava l'eventuale regressione del "visus", statisticamente conseguente ad un simile intervento, anche quando correttamente eseguito). (Cassa con rinvio, App. Messina, 27/03/2012 )" (Cass. Civ., Sez. III, 04 febbraio 2016, n. 2177).
La mancata corretta informazione ed esplicazione al paziente del tipo di intervento al quale questi sarà sottoposto, degli eventuali rischi e/o delle possibili complicanze e, quindi, delle eventuali alternative terapeutiche può comportare la violazione tanto del diritto - come detto costituzionalmente garantito - del paziente ad autodeterminarsi quanto la stessa lesione del diritto alla salute conseguente al trattamento chirurgico ma svolto senza un consenso consapevolmente prestato.
La natura plurioffensiva della lesione del diritto ad una informazione consapevole è stata più volte enunciata dalla stessa Suprema Corte che ha ben sottolineato come "In caso di esecuzione di un trattamento medico-chirugico senza la preventiva acquisizione del consenso informato del paziente, il medico può essere chiamato a rispondere sia del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione sia del danno alla salute." (Cass. Civ., Sez. III, 08 maggio 2015, n. 9331).
Ed ancora "In materia di consenso informato, la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: sia un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava l'onere della prova, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti, sia un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione in se stesso, che sussiste quando, a causa della mancata informazione, il paziente ha subito un pregiudizio, patrimoniale o non patrimoniale, diverso dalla lesione del diritto alla salute." (Cass. Civ., Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20547).
Duplice è dunque la lesione che l'omessa o incompleta informativa del paziente può determinare.
Con riferimento alla violazione del diritto all'autodeterminazione la Corte di Cassazione solo qualche mese fa ha statuito che "E' principio consolidato di questa Corte che in tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all'esecuzione di un intervento chirurgico, ancorchè esso apparisse, "ex ante", necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, "ex post", integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell'informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all'espletamento dell'atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall'esito favorevole dell'intervento (Cass. n. 12205/2015). Infatti in materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest'ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l'intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l'"id quod plerumque accidit", in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l'intervento e l'evento lesivo (Cass. n. 27751/2013). L'acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, di talché l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti rispettivamente, all'autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi. (Cass. n. 2854/2015)." (Cass. Civ., Sez. III, 20 maggio 2016, n. 10414).
L'omessa o incompleta informativa del paziente può inoltre ledere il diritto alla salute del paziente laddove l'intervento eseguito in mancanza di consenso informato abbia determinato dei postumi su quest'ultimo. In tal caso il risarcimento è però subordinato alla dimostrazione – anche per via presuntiva – che il paziente se correttamente informato avrebbe deciso piuttosto di non sottoporsi alla pratica chirurgica.
La Corte ha sul punto più volte specificato che "La risarcibilità del danno da lesione della salute, che si verifichi per le non imprevedibili conseguenze dell'intervento medico necessario o della terapia adottata, entrambi correttamente eseguiti, ma senza la preventiva informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli e, così, in assenza di un consenso consapevolmente prestato, richiede l'accertamento che il paziente avrebbe rifiutato quel determinato intervento o quella terapia se fosse stato adeguatamente informato. Ciò comporta, da un lato, la necessità per la parte istante di allegare un inadempimento, per così dire, qualificato e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno e, dall'altro lato, un'indagine sulla sussistenza del nesso eziologico non soltanto in relazione al rapporto di consequenzialità tra intervento o terapia adottata e pregiudizio alla salute, ma - ove sia allegata la violazione del consenso informato - anche rispetto al rapporto tra attività omissiva del medico, per non aver informato il paziente, ed esecuzione dell'intervento o adozione di una determinata terapia." (Cass. Civ., Sez. III, 27 novembre 2012, n. 20984)
Ciò detto, va chiarito che laddove si verifichi un peggioramento delle condizioni di salute del paziente e si attualizzi un danno-conseguenza da lesione del diritto alla salute per effetto di un atto medico non assentito, a nulla rileva che la condotta del medico operante sia stata tecnicamente ineccepibile.
In questi casi infatti è il fatto di aver eseguito una attività medica in assenza del consenso informato, e non già quello di averla effettuata in modo imperito, negligente o imprudente, a rappresentare l'antecedente causale del peggioramento delle condizioni di salute del paziente e a determinare l'insorgere della responsabilità civile del medico e della struttura.