APPROFONDIMENTI

La responsabilità dei produttori di beni complessi

Criteri per la ripartizione del danno tra i corresponsabili

03/08/2016

di Avv. Simone Moretti

La maggior parte dei prodotti in circolazione destinati ai consumatori ha natura complessa: la catena di produttori cui vi partecipa vede solitamente i fornitori della materia prima, i produttori dei componenti ed il produttore finale, che sovente è colui che concepisce ed assembla il prodotto finito.

Quando la difettosità di un prodotto è ascrivibile a più d'uno di questi soggetti, sussiste la loro responsabilità solidale nei confronti del consumatore danneggiato. Ciò significa che il consumatore è legittimato ad agire per il ristoro dell'intero ammontare dei danni subiti indistintamente nei confronti di ciascuno di essi.

Tale soluzione normativa, prevista dalla direttiva 85/374/CEE e dall'art. 121 del Codice del Consumo, garantisce una tutela rafforzata al consumatore, in quanto ampliando la cerchia dei soggetti responsabili aumenta la loro potenziale solvibilità.

La solidarietà dell'obbligazione ha come diretta conseguenza la sussistenza del diritto di regresso del produttore che ha risarcito il danneggiato nei confronti degli altri produttori responsabili.

Tuttavia, come ripartire le quote di responsabilità tra di essi? La direttiva non prevede alcun criterio di ripartizione, che è invece previsto dalla sola normativa nazionale di recepimento, ossia dall'art. 121 del Codice del Consumo.

Tale articolo prevede che colui che ha risarcito il danno ha regresso contro gli altri nella misura determinata da:

(i) le dimensioni del rischio riferibile a ciascuno;
(ii) la gravità delle eventuali colpe;
(iii) l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il secondo e il terzo criterio – per quanto complessi da applicare nel lato pratico – appaiono piuttosto chiari nella loro formulazione: la responsabilità del produttore ha carattere oggettivo e dunque l'elemento della colpa non deve necessariamente sussistere. Tuttavia, qualora al produttore o ai produttori corresponsabili sia ascrivibile una colpa (immaginiamo la mancata realizzazione di test su un componente elettrico, o l'errata progettazione del prodotto da parte del produttore finale) il danno verrà ripartito tra i produttori in base alla gravità della colpa di ciascuno ed in base all'entità delle conseguenze dannose che ne sono derivate.

Più complessa è l'interpretazione del primo criterio: le dimensioni del rischio riferibile a ciascuno. Tale criterio sembra riferirsi non tanto alla materiale creazione delle condizioni che hanno creato il rischio, ma alla sua prevedibilità. In altre parole: poteva il produttore prevedere il verificarsi di tale rischio? Nel caso, qual è la dimensione di tale rischio?

La risposta a tale quesito può apparire relativamente semplice per il produttore finale che mette in commercio il bene: il produttore di un'automobile non solo ipotizza ma ben conosce l'uso (normale) che verrà fatto del suo prodotto e di conseguenza può cercare di prevedere i possibili rischi derivanti dai difetti dell'automobile.

Allo stesso modo, i produttori di alcuni componenti aventi utilizzi limitati o tipici possono prevedere gli eventuali rischi di un loro malfunzionamento. Pensiamo al produttore di motori destinati unicamente alla realizzazione di un aereo: l'eventuale malfunzionamento del motore stesso rappresenta senz'altro una fonte di rischio notevole e ponderabile.

Tuttavia, vi sono molti casi in cui non è affatto agevole valutare preventivamente la "dimensione del rischio" riferibile ad un determinato prodotto. Immaginiamo ad esempio di voler prevedere i rischi connessi alla produzione di un condensatore elettrico, che può essere indistintamente utilizzato nella produzione di una radio o nel complesso apparato elettronico di un aeroplano. In questo caso il calcolo della dimensione del rischio è difficile o quasi impossibile: il produttore del condensatore (che immaginiamo produca milioni di esemplari destinati a migliaia di fabbricanti sparsi in giro per il mondo) non potrà mai concretamente prevedere ogni singola e possibile applicazione ed ogni potenziale rischio connesso all'utilizzo del suo prodotto. Questa difficoltà di valutazione del rischio ha peraltro degli evidenti riflessi negativi in tema assicurativo.

Ma allora quale significato si può attribuire alla "dimensione del rischio" in questi casi? Una possibile risposta è: bisogna analizzare caso per caso. Occorrerà dunque valutare nel caso specifico se il produttore del componente, del prodotto o della materia potesse prevedere l'eventuale utilizzo che ne sarebbe stato fatto ed i possibili rischi ad esso ricollegati. Ciò ha una paradossale conseguenza: il produttore del componente "ben informato" sugli utilizzi del suo prodotto potrebbe esporsi ad un maggiore rischio rispetto al produttore che ignori il destino dei suoi prodotti.

Tale visione tuttavia potrebbe considerarsi "miope": una maggior conoscenza dell'utilizzo dei propri prodotti, se da una parte impone con ogni probabilità un maggiore sforzo in ambito di risk management (pensiamo al controllo qualità e all'effettuazione di test sui prodotti), dall'altra consente a tutti gli effetti di meglio valutare e ponderare i rischi della produzione con indubbi vantaggi sul piano assicurativo e dell'eventuale ripartizione delle eventuali colpe in caso di danno accertato giudizialmente.

Laddove infine sia del tutto impossibile prevedere i possibili utilizzi del prodotto, del componente o della materia prima, la ripartizione del danno tra i produttori corresponsabili dovrà necessariamente gravare maggiormente sul soggetto che esercita l'attività più rischiosa e che pertanto può più agevolmente prevedere i rischi connessi alla realizzazione di un prodotto difettoso. Nell'esempio del condensatore, la dimensione del rischio connessa alla produzione di aeroplani o di sistemi elettronici specificamente ad essi destinati è talmente importante che dovrebbe imporre ai produttori una valutazione dei rischi connessi al possibile malfunzionamento di ciascun componente.