L'obbligazione dell'assicuratore per l'indennità non può essere avvicinata al risarcimento del danno da fatto illecito, in quanto rappresenta l'obbligazione che sorge, in base alla legge, dal contratto di assicurazione ed ha, sin dall'origine, ad oggetto una somma di danaro. Il suo adempimento è regolato dall'art. 1277 c.c. in base al quale "i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale" (da qui il c.d. principio nominalistico).
Il ritardo nell'adempimento di tale obbligazione è disciplinato dall'art. 1224, comma 2, c.c. che, in tema di "danni nelle obbligazioni pecuniarie", impone la corresponsione "... dal giorno della mora [de]gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto il danno. [Omissis]
Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento".
La Cassazione ha riconosciuto, anche in tema di assicurazione marittima, che il debito dell'assicuratore è di valore (e non di valuta), stante la funzione risarcitoria dell'assicurazione contro i danni, di talché dal "giorno della mora" decorrono gli interessi al tasso legale.
La previsione di un massimale come limite della responsabilità dell'assicuratore è inidonea a trasformare l'obbligazione di risarcimento del danno in quella di pagamento di una somma determinata e conseguentemente genera un incremento della somma capitale dovuta solamente a seguito della formale intimazione (detta "mora") formulata per atto scritto (ai fini probatori) che possa - dal momento del suo ricevimento - far decorrere gli interessi moratori.
Il termine di decorrenza degli interessi va commisurato al necessario presupposto della liquidità che nel caso di danneggiamento non si concretizza fino a quando l'assicurato abbia dimostrato la quantificazione del danno subito ovvero quando si sono perfezionate le modalità di accertamento del danno previste contrattualmente. Si badi che nel caso in cui il contratto preveda la liquidazione del danno ad opera di arbitri, il credito indennitario, in origine di valore, si trasforma in credito di valuta per effetto e a far data dalla liquidazione compiuta ad opera degli arbitri (e quindi dalla data di deposito del lodo), per cui l'importo dell'indennizzo così determinato rimane soggetto al principio nominalistico ed al regime di cui all'art. 1224 c.c., con il conseguente onere del creditore di dimostrare che la mora nell'adempimento del debito gli ha cagionato un danno maggiore rispetto a quello risarcibile con gli interessi al tasso legale [1].
Diversa è la fattispecie nel caso di perdita totale ove la somma assicurata sia stimata e non vi sia necessità di attività istruttoria alcuna di talché gli interessi maturano dalla data dell'evento e non già dalla richiesta.
La Dottrina (Ascarelli – La moneta – Padova – 1928 p. 299 e alla v. obbligazioni pecuniarie in Comm. al cod. civ. di Scialoja Branca sub. Art. 1277-1281 pagg. 512-513 – Mosco tutti citati da FERRARINI Assicurazioni. p. 408) ritiene che l'obbligo di risarcire il maggior danno da svalutazione decorra da quando l'assicurato mette in mora l'assicuratore e questi ritarda o resiste, senza giustificato motivo, essendo presumibile che l'assicurato che svolge attività imprenditoriale reimpieghi l'indennizzo e quindi subisca un danno derivante dalla perdita del potere di acquisto della moneta nella quale ha assicurato il bene oggetto di copertura; per questo motivo anche la svalutazione della moneta straniera rispetto alla moneta nazionale comporta l'obbligo per l'assicuratore moroso di risarcire il danno da svalutazione monetaria. In Giurisprudenza vi sono diverse pronunce favorevoli in tal senso che pongono una presunzione di svalutazione in favore della parte assicurata. Peraltro, quando il giudice di merito, accertato che nel periodo per cui si è protratto il ritardo nell'adempimento, vi è stata una perdita di valore della moneta superiore al saggio degli interessi legali, ritiene provato che il creditore abbia subito un danno pari a tale svalutazione ed attribuisce al creditore la corrispondente rivalutazione, quest'ultima esaurisce il danno subito e non spettano, perciò, anche gli interessi [2].
L'assicurato è libero di dar dimostrazione di ulteriori danni o spese (quali quelle legali) che siano direttamente riconducibili al sinistro. Sotto questa voce non si ricomprendono tuttavia le spese di salvataggio che tuttavia seguono la diversa disciplina dettata dall'art.1914 c.c., mentre le spese legali solitamente rivendicate non costituiscono tanto un danno riconducibile al sinistro, quanto la conseguenza di un adempimento dell'assicuratore che (laddove comprovabile) rientra sotto l'usuale egida dell'azione per danni.
[1] Cassazione civile, sez. III, 19 febbraio 2004, n. 3321 in Giust. civ. Mass. 2004, f. 2).
[2] Cassazione civile, sez. III, 25 giugno 1997, n. 5675 in Giust. civ. Mass. 1997, 1055. "L'obbligazione dell'assicuratore di pagare l'indennità ha ad oggetto una somma di denaro e la disciplina del ritardo nel suo adempimento è regolata dall'art. 1224 c.c., per cui al creditore spetta la somma oggetto della obbligazione oltre agli interessi legali e, se ne sia provato l'ammontare, il maggior danno che, in caso di danno per perdita del valore della moneta, è pari alla differenza tra il danno arrecato dalla svalutazione al creditore ed interessi legali." (Cassazione civile, sez. III, 16 febbraio 2000, n. 1712 in Dir. maritt. 2001, 1092)