APPROFONDIMENTI

La responsabilità delle ASL per le prestazioni rese dai medici di base

20/08/2021

di Avv. Stefano Ricciardi

Le ASL sono civilmente responsabili per le prestazioni rese dai medici di base.

La Legge n. 24 del 2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco), ha riconosciuto il principio, di matrice giurisprudenziale (Cfr. Cass. 6243/2015), in forza del quale le ASL rispondono dei danni cagionati a terzi dai medici convenzionati, prevedendo espressamente all’art. 7 co. II che “La disposizione di cui al comma 1[1] si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina”

La Legge Gelli ha, in realtà, recepito e fatto proprio l’indirizzo assunto dalla Suprema Corte a partire dalla sentenza n. 6243 del 27 marzo 2015 con la quale, in chiara antitesi rispetto all’orientamento sino a quel momento prevalente, fu statuito che “L’ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell’art. 1228 c.c., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l’assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.s.n. in base ai livelli stabiliti secondo la legge”.

Nella menzionata vertenza il tribunale di prime cure e la corte territoriale – conformemente alla posizione assunta sino a quel momento dai giudici di legittimità – avevano escluso la responsabilità dell’ASL per l’errore commesso dal medico di base sostenendo che gli obblighi assunti dal SSN nei riguardi dei pazienti avessero contenuto meramente organizzativo e non avessero, invece, ad oggetto la prestazione curativa resa dal medico convenzionato.
La ASL era, nelle argomentazioni dei primi due gradi di giudizio, estranea al rapporto medico/paziente in quanto la prestazione assistenziale era richiesta al solo medico di base che la erogava in completa autonomia.

La Corte di Cassazione, confutando tale orientamento, dichiarava la responsabilità della ASL prendendo le mosse dalla legge istitutiva del SSN (L. n. 833/78) che includeva tra i livelli minimi delle prestazioni sanitarie “l’assistenza medico-generica” (art. 14 comma 3, lett h) svolta o in forma ambulatoriale o domiciliare dal personale dipendente del SSN o dal personale con esso convenzionato.

La scelta del medico convenzionato da parte degli utenti avviene, per come spiegato dalla Suprema Corte, attraverso elenchi tenuti dalle ASL, in forza di un rapporto di convenzionamento con i professionisti e quindi la prestazione curativa dell’assistenza medico-generica si inserisce solamente nel momento esecutivo di un’obbligazione preesistente derivante dalla legge che grava esclusivamente sul SSN e non sul medico.

La responsabilità della ASL trova allora il suo fondamento non in una culpa in vigilando ma, ex art. 1228 c.c., nel rischio insito nell’utilizzazione di terzi nell’adempimento di una propria obbligazione.

Aderendo a tale indirizzo, la legge Gelli-Bianco ha esplicitato la responsabilità dell’ente per le prestazioni svolte in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale.

A corollario di detto principio si inserisce l’art. 10 della L. Gelli che sembra prevedere l’obbligo per il SSN (e in concreto per le strutture) di garantire assicurativamente i medici convenzionati stabilendo all’art. 1 che “Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, ai sensi dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonchè di sperimentazione e di ricerca clinica. La disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonchè attraverso la telemedicina.”

Per una migliore valutazione della portata di tale obbligo assicurativo occorrerà attendere i famosi decreti attuativi cui la norma rinvia ma che, oramai da anni, attendono di venire alla luce.

 

[1] “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.”