LE SPESE DI RESISTENZA SOSTENUTE DALL’ASSICURATO PER DIFENDERSI DALL’AZIONE DEL TERZO DANNEGGIATO: CHI PAGA?
24/10/2018
di Avv. Stefano Ricciardi“L'assicurato contro i rischi della responsabilità civile ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali che è stato costretto a rifondere al terzo danneggiato, entro i limiti del massimale; nonchè delle spese sostenute per resistere alla pretesa di quegli, anche in eccedenza rispetto al massimale, purchè entro il limite stabilito dall'art. 1917 c.c., comma 3".
E’ quanto chiarito con sentenza n. 10595 del 4 maggio 2018 dai Giudici di legittimità che hanno passato in rassegna i costi e le spese processuali ai quali può andare incontro l’assicurato contro i rischi della responsabilità professionale – si pensi in primis a quella medica - o più in generale della responsabilità civile per difendersi in giudizio dalle pretese risarcitorie avanzate nei propri riguardi dal terzo che si assume danneggiato.
La Suprema Corte individua così tre possibili esborsi che l’assicurato, all’esito del giudizio, si potrebbe trovar costretto a sostenere:
(a) le spese di soccombenza, quelle cioè che egli in caso di condanna sarebbe tenuto a rifondere alla parte vittoriosa;
(b) le spese di resistenza, cioè quelle sostenute per remunerare il proprio difensore ed eventualmente i propri consulenti resistendo alla pretesa del danneggiato;
(c) le spese di chiamata in causa, ovvero i costi sostenuti per coinvolgere in giudizio il proprio assicuratore al fine di richiedere la manleva dalle pretese del terzo;
Se le spese di soccombenza costituiscono certamente una conseguenza del fatto illecito commesso dall’assicurato - così rientrando a pieno titolo nel rischio oggetto di copertura e dunque nella necessaria manleva prestata dall’Assicuratore – per le spese di resistenza spesso le Compagnie assicurative negano la copertura o perché il legale non sarebbe stato scelto direttamente dalla Compagnia o, ancora, perché il soggetto che invocherebbe la garanzia non avrebbe sottoscritto una apposita polizza c.d. di tutela legale.
La Cassazione, a dispetto del diniego spesso opposto dalle Compagnia assicurative, ha invece ricordato che, al di là di qualsivoglia previsione di polizza, l’assicuratore è sempre tenuto al pagamento delle spese sostenute dall’assicurato per difendersi in giudizio dalle pretese del terzo – c.d. spese di resistenza - sia in ragione di quanto espressamente previsto dall’art. 1917 co. 3 c. c. – la cui previsione, aggiunge lo scrivente, è inderogabile ai sensi dell’art. 1932 c.c. – sia alla luce dell’art. 1914 c.c. che impone all’assicuratore di farsi carico delle c.d. spese di salvataggio, ovvero quei costi sostenuti dall’assicurato per “evitare o diminuire il danno” a carico dell’Assicuratore. Così considerate le spese di resistenza ben potrebbero in via di principio eccedere quel limite stabilito al co. 3 dell'art. 1917 c.c., che individuerebbe in ¼ del massimale la massima esposizione della Compagnia con riferimento ai costi di resistenza all’azione del danneggiato.
Quanto invece alla spese sostenute dall’assicurato per svolgere la chiamata in manleva del proprio assicuratore la Suprema Corte ritiene che queste non costituiscano né spese di resistenza né una possibile declinazione delle spese di salvataggio e debbano, per l’effetto, soggiacere al normale principio della soccombenza.
Dunque nell’ambito della assicurazione della responsabilità civile e professionale, l'assicuratore è sempre obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto dovuto a titolo di risarcimento al terzo danneggiato anche con specifico riferimento alle spese processuali che quest'ultimo abbia sostenuto per far valere la propria pretesa, sebbene entro i limiti del massimale. L'assicuratore è tenuto, altresì, a rimborsare all'assicurato le spese dal medesimo sopportate per resistere in giudizio alla richiesta del danneggiato. Seguono, invece, l'ordinaria regolamentazione delle spese di lite i costi relativi alla chiamata in garanzia dell'assicuratore.