ASSICURAZIONE MARITTIMA DI MERCI
– OPERATIVITA’ DELLA CLAUSOLA FAP IN CASO DI INCENDIO IN NAVIGAZIONE DELLA SOLA MERCE, NON PROPAGATOSI DALLA NAVE VETTRICE NE’ ESTESO ALLA STESSA – RISCHI ESCLUSI E ONERI PROBATORI
05/05/2016
diCorte d'Appello di Milano 20.VII.1982 – Terni – Società per l'Industria e l'Elettricità S.p.A. (avv. A. Boglione) c. Reliance Insurance Company, Levante Soc. It. di Ass. e Riass. e Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A. – nave "Cape Crest" (pubblicata e annotata in Dir. Mar. 1983 pag. 308).
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I - La controversia concerneva una partita di rottami ferrosi assicurati contro i rischi della navigazione da Amburgo a Civitavecchia alle condizioni di cui alla Polizza Italiana Merci ed. 1933, assoggettata alla clausola FAP; all'art. 29 la clausola recita: "Per le merci assicurate franco avaria particolare nessun risarcimento è dovuto, qualunque sia la natura e l'ammontare del danno, eccezion fatta che derivi da incendio, investimento, urto, sommersione".
II - Durante la navigazione si sviluppò un incendio nel carico che ne rese necessario lo sbarco a Lisbona ove ne venne constatata la perdita totale. La proprietaria – ricevitrice Terni S.p.A. la reclamò agli assicuratori ai quali il carico venne formalmente abbandonato a sensi dell'art. 541 cod. nav.. Gli assicuratori rifiutarono l'indennizzo assumendo l'irrisarcibilità del danno non avendo l'incendio colpito anche la nave. La domanda attrice, respinta in primo grado per tale motivo, è stata invece pienamente accolta dalla Corte d'Appello. Nella motivazione della sentenza (pag. 313) si legge che "dalla formulazione letterale di detta clausola emerge in modo immediato, per l'autosufficienza delle parole usate ad esprimere categorie logiche e fenomeniche, che il rischio oggetto dell'assicurazione resta individuato nel danno derivante dalla distruzione della merce per incendio .... Il fatto costitutivo del diritto viene ad essere rappresentato solo da eventi positivamente qualificati soltanto dall'indicazione della causa immediata e specifica (incendio) e non anche da una causa mediata .... Appare quindi arbitrario attribuire alla succitata clausola (FAP – n.d.r.) un contenuto restrittivo, nel senso che gli eventi ivi dedotti debbano colpire immediatamente e direttamente la nave e solo come effetto conseguenziale la merce .... Anzi il menzionato art. 29, contenendo un'eccezione alla regola generale dei rischi assicurati ... e sottraendo a tale eccezione alcuni rischi, va chiaramente ricollegato al detto art. 1 che pone in diretta correlazione la cosa assicurata con gli eventi di danno ivi contemplati: «Sono a rischio degli assicuratori le perdite ed i danni che derivano alle cose assicurate per cagione di ... naufragio, urto, investimento ... incendio». ... Se le parti (pag. 316) avessero voluto circoscrivere il significato del termine "incendio", riferendolo alla sola nave, lo avrebbero specificato come fecero per i termini "urto" ed "investimento". L'aver lasciato il detto termine nella sua accezione generica di incendio può quindi ben essere interpretato nel significato più ampio di evento che comunque colpisce la merce a prescindere dalle cause specifiche. Si è tratto argomento, a favore della tesi restrittiva, dai precedenti storici della clausola n. 29, ed. 1933, che nella polizza 1901 (art. 18) era così formulata: «a meno che la nave soffra un investimento od un abbordaggio, come son definiti dall'art. 22, oppure che sia sommersa od incendiata» (omissis). Se si fosse voluto ritornare alle nozioni del 1901 lo si sarebbe detto chiaramente o comunque si sarebbe proceduto ad una puntualizzazione del concetto "incendio", tanto più che si era avvertita la necessità di fare alcune precisazioni circa gli altri concetti di urto e di investimento, indice eloquente della sentita opportunità di maggiore chiarezza al fine di fugare possibili dubbi nell'interpretazione della clausola (omissis) è davvero impensabile (pag. 319) che i compilatori della polizza 1933, rappresentati da esperti ben attenti alla problematica dei trasporti marittimi, avessero tralasciato, se effettivamente avessero voluto restringere il rischio al solo incendio della nave quale focolaio dell'evento di danno, di fare le necessarie puntualizzazioni per eliminare ogni ambiguità. Se invece lasciarono il rischio "incendio" nella sua espressione generica, è indubbio che la volontà della parte assicuratrice era intesa alla copertura del danno che colpiva la merce, qualunque fosse la causa dell'incendio, la merce caricata a bordo in definitiva essendo l'oggetto del rischio dedotto nel contratto di assicurazione. Va infine osservato – continua la Corte milanese – che, qualora persistessero dubbi e perplessità circa la reale estensione della clausola in esame, andrebbe applicata la regola di cui all'art. 1370 cod. civ., in base alla quale le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli e formulari predisposti da uno dei contraenti vanno interpretati, nel dubbio, a favore dell'altro (omissis). Stabilita la volontà delle parti (pag. 322) di porre come regola la integrale sopportazione del rischio dell'evento qualificato dalla sua causa generica indicata nella polizza (danno da incendio) le situazioni oggettive e soggettive di esclusione del rischio vengono a rappresentare delle eccezioni alla regola, come tali soggette a prova da parte dell'assicuratore, secondo i principi dell'onere probatorio .... Nella specie, pertanto, era sufficiente (pag. 323) che l'assicurato provasse la distruzione della merce a seguito dell'incendio divampato. E tale prova è stata pienamente raggiunta, poiché da tutta la documentazione acquisita agli atti emerge che il carico andò distrutto a causa del processo di combustione incontrollata che l'aveva colpita, nel quale evento si sostanzia la nozione di incendio. Sulle compagnie assicuratrici gravava l'onere di provare l'esistenza di fatti impeditivi al sorgere del diritto all'indennità, prova che non è stata assolutamente raggiunta, agli atti non essendo stati acquisiti elementi, neppure indiziari, che possono avvalorare l'ipotesi di una causa dell'incendio ricollegabile a fatto proprio dell'assicurato od a vizio intrinseco della merce".
III - La motivazione appare convincente e ben calibrata. Per l'art. 521 del cod. della nav. "Sono a carico dell'assicuratore i danni e le perdite che colpiscono le cose assicurate per cagione di tempesta, naufragio, investimento, urto, getto, esplosione, incendio, pirateria, saccheggio ed in genere per tutti gli accidenti della navigazione". Per dirlo con Ferrarini (Le Assicurazioni Marittime, 1981, pag. 97) sull'assicuratore grava la "generalità dei rischi marittimi" di guisa che la sua rispondenza dipende dalla riconducibilità del sinistro (con onere probatorio a carico dell'assicurato) ad un accidente della navigazione ovvero, in caso di copertura limitata, dalla comprovata appartenenza del sinistro denunciato al ristretto novero di avvenimenti dedotti in contratto e assunti in rischio dall'assicuratore, tenuto a provare il fatto impeditivo.
Appare perciò errata, da un punto di vista sistematico, la pretesa di polarizzare l'attenzione del giudicante, in tema di assicurazione merci qualificata dalla clausola FAP, sulle vicende attinenti alla nave, tenuto conto che la nozione di "incendio", benché ancipite dal punto di vista lessicale, è autosufficiente da quello logico-giuridico.
Come acutamente a suo tempo osservato da Dominedò (Interpretazione della clausola "franco avaria particolare" in Riv. Dir. Nav. 1942 – I – 365) e da Persico (Assicurazione marittima delle merci – 1923 – pag. 210) con l'attenuazione dell'eccezione di irrisarcibilità, connaturata alla dizione "FAP", la fattispecie si ricolloca nell'ambito dell'art. 521 cod. nav. in un contesto in cui l'operatività della copertura incontra un'ulteriore prova di riscontro, affidata ai comuni canoni di ermeneutica, a sensi degli artt. 1362 e 1370 cod. civ..
La riprova si coglie raffrontando la clausola FAP italiana con la corrispondente "FPA clause" inglese ed. 1.I.1963, vigente all'epoca del contenzioso de quo: "Warranted free from particular average unless the vessel or craft be stranded, sunk or burnt".
L'inciso "unless the vessel ... be burnt" dirime, all'evidenza, ogni dubbio sicché sarebbe palesemente arbitrario e fuori luogo ... leggere una simile frase nel contesto della clausola FAP italiana che non la contiene per niente.
Respingendo infine l'eccezione di irrisarcibilità della domanda per asserita derivazione del danno da autocombustione la Corte milanese ha contestato fondatamente agli assicuratori resistenti di non aver provato concretamente l'esistenza di fatti impeditivi alla rispondenza assicurativa. Lo stesso legislatore – si legge in sentenza – offre esempi di circostanze atteggiantesi a fatti impeditivi al sorgere del diritto all'indennizzo, facendone oggetto di prova liberatoria a carico dell'assicuratore, nell'ipotesi di dolo o colpa grave dei soggetti indicati al primo comma dell'art. 1910 cod. civ., di vizio intrinseco non denunciato della cosa assicurata (art. 1906 c.c.) e dei particolari eventi elencati all'art. 1912 cod. civ.. I giudici milanesi hanno rimarcato (la riprova della sostanziale esattezza della loro decisione in linea di fatto) che la genesi del processo di combustione non andava individuata in fattori endogeni, essendo risultato che la caricazione era stata effettuata con le dovute precauzioni, ma nell'intervento di fattori esterni, quali l'allagamento della stiva avvenuto durante la navigazione, durante un "fortunale", a seguito del mancato funzionamento della pompa dei servizi generali di bordo, segno evidente di un'anomalia del trasporto, ad esclusione del vizio intrinseco della merce.
IV - L'assicurata, titolata ad esercitare l'azione di avaria, ha promosso anche quella di abbandono, pur essa contestata dagli assicuratori. La Corte milanese l'ha invece accolta osservando che per l'avviso di perdita totale della merce non sono prescritte formule sacramentali; si richiede soltanto che "qualunque sia la formulazione letterale del pensiero, dal contesto della comunicazione emerga chiara ed univoca la volontà della parte di portare a conoscenza dell'assicuratore l'evento dedotto nel contratto in tutte le sue conseguenze estreme di totale rovina del carico" (ibidem pag. 325); osservazione ineccepibile perché – come recita la sentenza – "alla stregua del principio di buona fede che presiede all'interpretazione ed esecuzione dei contratti, le modalità e i termini dell'avviso vanno valutati in relazione alla loro attitudine a consentire ugualmente all'assicuratore le opportune constatazioni ed interventi, e tale attitudine non par dubbio che avesse la lettera succitata, con la quale l'assicuratore veniva notiziato dell'ipotesi estrema del danno, con espressioni equipollenti nella loro sostanza all'abbandono della merce".
Non senza aggiungere che, come stabilito giustamente dalla Corte milanese, qualora la clausola n. 29 della polizza merci desse adito a dubbi, la sua interpretazione doveva propendere per l'assicurato in omaggio al principio del "contra proferentem" stabilito dall'art. 1370 cod. civ., essendo il clausolario opera degli assicuratori; tale esigenza ermeneutica è sottolineata da Ferrarini (Le Assicurazioni Marittime – 1981 – pag. 20) che richiama in proposito la giurisprudenza inglese (Bartlett & Partners v. Meller [1961], Lloyd's Rep. 487; A/S Ocean v. Black Sea & Baltic General Insurance Co. (51 Lloyd's Law Rep. 305) ricollegantesi al broccardo "verba chartarum fortius accipuntur contra proferentem" e alla giurisprudenza nord-americana (Republic of China v. Nat. Union Fire Insurance Co. – 1957 – AMC 9/5; Lind v. Boston Insurance Co. 1953 – AMC – 1047).
Avendo adottato un clausolario privo di connotazioni esplicite (pur presenti in precedenti edizioni della clausola italiana FAP) idonee a circoscrivere la copertura merci, in caso di incendio, esclusivamente al caso in cui il fuoco attacchi prima la nave e poi si propaghi alla merce, gli assicuratori italiani hanno manifestato l'intento, per facta concludentia, in contrasto con la versione inglese della clausola FPA, di rinvigorire, non di circoscrivere la copertura, a tutto vantaggio dell'assicurato. Le contrarie tesi limitatrici tendenti a privilegiare le vicende connesse alla nave paiono perdere di vista il fatto, decisivo a convinto avviso dello scrivente, che si versa in materia di assicurazione "merci" non "corpo". È ovvio che nell'assicurazione "corpi" la copertura FAP non può, in caso di incendio, che riferirsi alla nave. Non così nell'assicurazione del carico in quanto, in tal caso, mutando l'oggetto dell'assicurazione, la fenomenologia dedotta in contratto, come rischio assicurato, si polarizza sulle merci, anziché sulla nave, sicché, in assenza di esplicite cause limitatrici, l'incendio ricade sull'assicuratore pel solo fatto che il fuoco attacchi il carico e cioè il bene assicurato.
Questo scritto è tratto dalla nota alla sentenza della Corte di Appello di Milano del 20.VII.1982, pubblicata su Il Diritto Marittimo – 1983 – pag. 308 e intitolata "operatività della clausola FPA in caso di incendio della sola merce non propagatosi dalla nave vettrice né esteso alla stessa" a cura dello scrivente