IL BROKER DI ASSICURAZIONE E RIASSICURAZIONE IN ITALIA E IN INGHILTERRA
RUOLO E RESPONSABILITA’
06/04/2016
diI - Prima della promulgazione della l. 792 del 28.XI.1984, disciplinante l'"Istituzione e il funzionamento dell'albo dei mediatori di assicurazione", il broker di assicurazione, assimilato al mediatore, era definito in giurisprudenza (cfr. Cass. 21.X.1980 n. 5676 in Rep. F.I. 1980 v. mediazione n. 10 pag. 1842) un "mediatore di assicurazione che mette in relazione l'assicurando e l'assicuratore per la conclusione di un contratto di assicurazione, senza essere legato a nessuna delle due parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza e di rappresentanza e che si distingue dall'agente di assicurazione perché è indipendente e imparziale, mentre quest'ultimo è vincolato all'assicuratore da un rapporto di collaborazione (rapporto di agenzia) sia pure autonomo; pertanto, al rapporto di brokeraggio non possono essere applicati, in via analogica, a norma dell'art. 12 delle pre-leggi, istituti propri del rapporto di agenzia, quali la indennità di preavviso e l'indennità di scioglimento del contratto di agenzia a tempo indeterminato, costituendo gli stessi uno ius singulare posto in essere per gli elementi di analogia che presenta il rapporto di agenzia con quello di lavoro subordinato e che non si ravvisano nel rapporto di brokeraggio".
L'espletamento delle funzioni connaturate al brokeraggio assicurativo va dunque oltre la mediazione (foss'anche atipica o unilaterale o fiduciaria) ditalché l'attività (e la correlativa responsabilità) del broker assicurativo è riconducibile a quella prevista per il contratto di opera professionale. Si attaglia solo in parte al broker assicurativo l'art. 1759 c.c., posto che di "sicurezza e valutazione dell'affare" non si può parlare con riferimento ai contratti aleatori (categoria alla quale appartengono quelli di assicurazione) negli stessi termini utilizzabili per i contratti di diversa tipologia per i quali la predetta norma è stata concepita. Inoltre l'obbligo di informativa precontrattuale permea ben più profondamente il contratto di assicurazione (artt. 1892 e 1893 cod. civ.) su piani e con conseguenze diversi da quelli considerati dall'art. 1759 cod. civ.. Mentre l'inosservanza di quest'ultimo da parte del mediatore lo espone a risarcire i danni ai contraenti, senza di per sé compromettere validità e vincolatività inter partes del contratto intermediato, la tutela apprestata all'assicuratore dagli artt. 1892, 1893 e 1909 cod. civ. comporta, a seconda dei casi, l'annullamento del contratto di assicurazione (in caso di dichiarazioni inesatte o di reticenze dolose o gravemente colpose del contraente) o la riduzione proporzionale dell'indennità per colpa lieve dell'assicurato.
L'obbligo di pre-informativa (che gli inglesi denominano di fair representation) deriva dalla legge onde garantire la corrispondenza tra rischio assicurato e rischio rappresentato e non si applica ad altre categorie di contratti quali per esempio vendita e appalto.
Reticenze e/o dichiarazioni inesatte del broker in Italia ricadono sull'assicurato in applicazione del principio (condiviso in tutti i moderni ordinamenti) di cui all'art. 1228 cod. civ. coordinato all'art. 1391. La peculiarietà del contratto di brokeraggio assicurativo concerne la provvigione, pagabile dall'assicuratore nonostante che l'incarico sia conferito al broker dall'assicurato e sia espletato nel suo precipuo interesse; le spese e quant'altro anticipato ragionevolmente dal broker nell'interesse dell'assicurato sono invece a carico di quest'ultimo.
Il brokeraggio assicurativo si differenzia nettamente dal mandato e dalla mediazione: diversamente dal mediatore tradizionale, il broker assicurativo non si limita a mettere in relazione (art. 1754 cod. civ.) il cliente con l'assicuratore ma lo assiste professionalmente nella collocazione dei rischi, suggerendo le modalità di assicurazione più appropriate alle esigenze del cliente. L'imparzialità (che nella mediazione assurge a requisito bilaterale) nel brokeraggio assicurativo è meramente unilaterale, nei confronti del solo assicurando; le "lettere di brokeraggio" o "convenzioni di collaborazione" che sovente assicuratori e/o riassicuratori rilasciano ai brokers non inducono a diverse conclusioni (M. Pizzigati – Profili giuridici del broker di assicurazione in Assicurazioni, 1981, II, 2, 163).
II - Per l'art. 1 della l. 792 del 28.XI.1984 "è mediatore di assicurazione e riassicurazione, denominato anche broker, chi esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione e riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendono provvedere con la sua collaborazione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del contenuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione". Alla collocazione del broker, di ordine classificatorio, nella categoria degli intermediari di assicurazione, fa riscontro la netta distinzione tra mediatore, broker e agente di assicurazione, ovvero colui (art. 1742 cod. civ.) che "assume stabilmente l'incarico di promuovere ... verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente-assicuratore". Gli elementi qualificanti la figura dell'agente sono (a) la stabilità del rapporto, (b) l'attività promozionale diretta alla stipulazione dei contratti di assicurazione, (c) la provvigione avente natura retributiva, (d) la delimitazione dell'ambito territoriale di operatività dell'agente, (e) la reciprocità del diritto di esclusiva. I c.d. "agenti in economia" che reggono, con funzioni institorie, sedi secondarie della compagnia, non sono agenti nel senso codicistico del termine. Veri e propri "agenti" sono invece quelli denominati "agenti di città" o anche "sub-agenti", la cui figura è disciplinata dall'art. 2 dell'Accordo Nazionale del 12.XI.1970. Intermediari minori di assicurazione sono i c.d. "produttori" e i procacciatori di affari, legati alle compagnie e che nulla hanno a che fare con i brokers di assicurazione; costoro, a differenza degli agenti (A) non godono della stabilità del rapporto perché (B) operano in regime di autonomia e indipendenza, cosicché le provvigioni guadagnate nel corso degli anni non fanno cumulo agli effetti del riconoscimento dell'indennità di fine rapporto cui hanno diritto solo gli agenti ex art. 1751 cod. civ. (Cass. 21.X.1980 b. 5676 Gemellaro c. CGE in Assicurazioni, 1981, II, 156 con nota di Pizzigati). I brokers, infine, a differenza degli agenti, (C) non svolgono istituzionalmente attività promozionale a favore degli assicuratori, bensì (D) consulenza qualificata ai clienti assicurandi nei cui confronti rispondono a titolo di responsabilità professionale ex art. 1176 cod. civ. 2° c.; analogamente a quanto avviene in Francia, dove sul courtier d'assurance incombe l'obligation de conseil (Cour de Cassation 5.XI.1991 SFAI Eurotrag c. Levante Assicurazioni in Dir. Mar. 1992, 523), in diritto inglese il broker è tenuto nei confronti del cliente al duty of care. C. Henley (The law of insurance broking – Longman 1990) scrive che "The broker is under a duty to use reasonable skill and care in the execution of agency of a standard which is ordinarily exercised by reasonably competent insurance brokers". H. Cockerell e G. Shaw (Insurance broking and agency – The Law and the practice – Witherby – 1979 pag. 96) citando la sentenza americana Hard v. Brink (1961) ribadiscono che "when the agent is employed and undertakes to serve in a capacity which implies the possession and the exercise of a special skill ... then the skill ordinarily possessed and exercised by persons pursuing that calling may reasonably be required".
Nel brokeraggio assicurativo (Ippolito – "Il professionista di assicurazione denominato anche broker" in Assicurazioni 1989, I, pag. 135) l'attività rivolta a mettere in diretta relazione le parti non è fine a sé stessa, come nella mediazione, ma assume carattere strumentale rispetto alla funzione primaria ed essenziale consistente nella collaborazione, a livello di consulenza professionale, prestata per la copertura dei rischi dell'assicurando e concretantesi, per parafrasare l'art. 1, in un contributo "alla determinazione del contenuto dei relativi contratti di assicurazione" e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione; quest'ultima fase ricomprende la riscossione dei premi e, altrettanto importante, l'accertamento e la liquidazione dei sinistri, sempre nell'interesse dell'assicurato ma talvolta anche dell'assicuratore.
III - La legge n. 792 non disciplina partitamente il regime di responsabilità del broker assicurativo e/o riassicurativo.
L'art. 4 stabilisce però, alla lettera (g), che per ottenere l'iscrizione nell'albo al broker è richiesto di "aver stipulato, con almeno cinque imprese, non appartenenti tutte allo stesso gruppo finanziario, una polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenze ed errori professionali, comprensiva dell'infedeltà dei dipendenti, destinata al risarcimento dei danni nei confronti degli assicurati e delle imprese di assicurazione ...". Analoghe espressioni si incontrano nelle disposizioni della legge inglese in materia. L'"Insurance brokers registration council (indemnity insurance and grants scheme) Rules Approval Order 1987" obbliga i practising insurance brokers a stipulare una polizza di professional indemnity insurance contro "losses arising from claims made against the insured (a) for breach of duty in connection with the business by reason of any negligent act, error or omission, (b) by reason of any dishonest or fraudulent act or omission committed or made in the conduct of the business by any employee of the insured ...". Il tracciato dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità per "negligenze ed errori professionali" del broker, estesa all'infedeltà dei dipendenti racchiude, trasformandoli in rischi obbligatoriamente assicurati, le possibili violazioni di altrettanti fondamentali doveri professionali incombenti istituzionalmente sul broker di assicurazione e riassicurazione.
Fonte della responsabilità del broker è la sua accertata negligenza, in violazione dell'obbligo contrattuale e legale di adempiere le sue funzioni con la diligenza professionale (perizia), imposta dall'art. 1176 c.c.. Pertanto la sua responsabilità per inesatto adempimento è esclusa solo dalla prova della sopravvenuta impossibilità della prestazione per causa non imputabile. Il secondo comma dell'art. 1176 cod. civ., elevando la "natura dell'attività esercitata" a criterio di valutazione della diligenza della prestazione dovuta, impone al prestatore non la semplice diligenza media ma adeguata "perizia", richiedente al broker l'osservanza di nozioni e di elevate capacità tecnico – professionali indispensabili, in senso obiettivo, per disimpegnare compiutamente il ruolo e le funzioni affidategli; la prova liberatoria richiede la dimostrazione del fortuito (art. 1218 cod. civ.) ovvero dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile. L'imperizia non è sinonimo di colpa grave dato che la diligenza media, al pari della colpa (Benatti in Commentario al cod. civ. sub art. 1176 pag. 28) costituisce una categoria unitaria sicché la graduazione della colpa – in lieve e grave – è consentita solo nei casi previsti dalla legge; detta diversificazione è contemplata all'art. 1900 cod. civ. che stabilisce l'irrisarcibilità dei sinistri cagionati con dolo o colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave, ferma restando l'indennizzabilità dei sinistri causati da dolo o colpa grave delle persone del fatto delle quali l'assicurato deve rispondere (Cass. 18.IX.1990 n. 530).
La distinzione rileva anche in tema di "Dichiarazioni inesatte o reticenze" del contraente (artt. 1892 e 1893 cod. civ.); esse sono causa di annullamento del contratto se attengono a circostanze determinanti per la prestazione del consenso da parte dell'assicuratore se il contraente ha agito con dolo o colpa grave; comportano invece la riduzione dell'indennità (in proporzione alla differenza tra il maggior premio che l'assicuratore avrebbe imposto conoscendo il vero stato delle cose e il minor premio applicato) se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave e quindi con colpa lieve. Gli obblighi di correttezza (art. 1175 cod. civ.) e di buona fede (art. 1375), costituenti regole generali di comportamento imposte dalla legge ai contraenti, vanno tenuti distinti dalla diligenza che, quale categoria dell'adempimento, detta il principio in materia di esattezza della prestazione" (Giorgianni – Appunti sulle fonti dell'obbligazione in Riv. Dir. Civ. 1965 – I – 70/75).
Tuttavia giurisprudenza (Cass. 15.VII.1982 n. 4174 Rep. F.I. 1982 v. danni civili n. 53 pag. 663) e autorevole dottrina (R. Nicolò v. adempimento in Encicl. del diritto – I – pag. 554/566) affermano che "l'attività del debitore non è qualificata soltanto ... dalla diligenza del buon padre di famiglia ... ma anche dalla buona fede, come criterio oggettivo di valutazione del comportamento".
IV - Tradizionalmente in diritto inglese anche la innocent misrepresentation (Sect. 20 del MIA – Marine Insurance Act del 1906) ha inesorabilmente comportato l'annullabilità del contratto (avoidance of policy) e l'irrisarcibilità del danno denunciato, pur se astrattamente ricadente tra i rischi assicurati. L'autorevole Chitty on Contracts (1989 § 481 pag. 234) scrive che "Mere non-disclosure of fact, material or not, does not ordinarily amount to misrepresentation and the general rule is that in order to be actionable a representation must take an active form. But in certain cases – avverte l'a. – a stricter rule is enforced. The most important of these are contracts uberrimae fidei in which knowledge of the material facts generally lies with one party alone; that party is under a duty to make a full disclosure of these facts and failure to do so makes the contract voidable ... Contracts of insurance of every kind form the main group of contracts uberrimae fidei ... contracts of service are not uberrimae fidei nor are contracts of sale of goods". La rigidità della normative assicurativa inglese ha registrato in questi ultimi anni un progressivo allentamento, avvicinandosi notevolmente alla normativa italiana e continentale.
Una prima importante innovazione è stata introdotta nel caso Panatlantic Insurance Co. Ltd. v. Pine Top Insurance Co. (in Dir. Mar. 1994, 1158 e [1994] 2 Lloyd's L. Rep.) in cui la giurisprudenza delle corti sovraordinate, avente in Gran Bretagna forza di legge, ha stabilito che la misrepresentation del contraente, comunque connotata sotto il profilo soggettivo, resta senza conseguenze se non c'è stato inducement a scapito dell'assicuratore.
Per valutare l'influenza che nella sfera volitiva del prudent underwriter, in punto accettazione del rischio o tassazione del premio, ha esercitato la mancata conoscenza delle circostanze sottaciutegli dall'assicurato, la Court of Appeal londinese giudicò che l'inciso "would influence the judgment" di cui alla Sect. 18(2) del MIA 1906 non richiede la prova che la mancata conoscenza da parte dell'assicuratore è stata determinante della sua final decision, ma sol che abbia concorso alla "formation of an opinion", seppur senza assumere rilevanza risolutiva. L'assicuratore, in altre parole, può sciogliersi dal contratto e liberarsi dai correlativi obblighi indennitari dimostrando positivamente che un prudent insurer, prima di accettare il rischio e/o quotare il premio, avrebbe desiderato conoscere le circostanze non rivelategli dall'assicurato, per quanto non di proposito e soltanto per trascuratezza.
A proposito del "test of materiality" l'autorevole Arnould (Law of Marine Insurance and Average – 2008 – pag. 558 § 15-54) sostiene che "As is apparent from the language of the 1906 Act only a representation of non-disclosure which is material renders the policy voidable". Il trattatista soggiunge (§ 15-65 pag. 562 ultime righe) che "if it satisfactorily appears that it did not influence the judgment of the underwriter, its falsity will be held not to avoid the policy".
"The legal burden of proof on the issue of inducement (pag. 567 § 15-79) is on the insurer .... If the policy be avoided by a mere misrepresentation without actual fraud" – conclude Arnould (pag. 569 § 15-84) – "the assured is entitled to a return of premium. If, however, the representation was false within his own knowledge, and made with the intention to deceive, this fraud will disentitle him to a return of premium"; soluzione logica e imposta dal buon senso, adottata in Italia con sentenza del 29.IV.2014 dal Tribunale di Piacenza nella causa RAS c. SIRT Alimentari s.r.l. riguardante la m/n "Rigel". La sentenza – estensore Picciau – passata in giudicato - è pubblicata su "Assicurazioni" del 2014 alle pagg. 611-643 con nota dello scrivente: "Il caso della nave "Rigel": ultimo atto, ovvero, alla lunga, la frode non paga". In casuale coincidenza con la fine, in Italia, della saga della m/n "Rigel" e dei numerosi procedimenti civili e penali occasionati dal vano tentativo di carpire massimali iperbolici agli ignari assicuratori italiani di merci di infimo valore, asseritamente imbarcate su detta nave - e scomparse con la stessa - in Gran Bretagna è stato elaborato il nuovo Insurance Bill che, una volta approvato dal parlamento, dovrebbe entrare in vigore intorno alla metà del 2016.
Innovando profondamente la vigente legislazione in tema di misrepresentation e non-disclosure, ormai anacronistica e bersagliata da critiche anche oltre Manica (P. Griggs – Marine Insurance: is the "doctrine of utmost good faith out of date? – in Dir. Mar. 1994 pag. 1159) l'Insurance Bill si propone di allineare la legislazione assicurativa alla "best practice in the modern UK insurance market" (così recita l'art. 10 delle explanatory notes di fonte governativa).
L'Insurance Bill si rivolge alla categoria dei non-consumers. Secondo la definizione datane dall'art. 1 del Consumer Insurance (Disclosure and Representations) Act 2012 consumer è (a) "an individual who enters into the contract wholly or mainly for purposes unrelated to the individual' trade, business or profession". Per dirlo con Arnould (Law of Marine Insurance and Average – 17 ed. 2008 pag. 797) il "consumer" (distinguendosi dal "non-consumer") agisce "for non business purposes" come emerge dalla direttiva comunitaria in tema di Unfair Terms in Consumers Contracts 93(13) EEC.
Modificando la Sect. 18 del MIA – Marine Insurance Act 1906 l'art. 3(1) dell'Insurance Bill stabilisce che "Before a contract of insurance is entered into, the insured must make to the insurer a fair presentation of the risk ... in a manner (art. 3 – 3b) which would be reasonably clear and accessible to a prudent insurer and (c) ... as a matter of fact ... substantially correct and ... as to a matter of expectation or belief ... made in good faith". La "fair presentation", oltre a ricomprendere 3(4) "every material circumstance which the insured knows or ought to know" deve fornire "sufficient information to put a prudent insurer on notice that it needs to make further enquiries for the purposes of revealing those material circumstances". L'Insurance Bill impegna così, oltre all'assicurando, anche il "prudent insurer" che non può limitarsi a recepire passivamente le informazioni provenienti dall'altro contraente ma deve, di sua iniziativa, prospettarsi le circostanze meritevoli di approfondimento. Per l'art. 7(2) "the term 'circumstance' includes any communication made to or information received by the insured ... (3) A circumstance or representation is material if it would influence the judgment of a prudent insurer in determining whether to take the risk and, if so, at what terms" [1].
Affiora così la consapevolezza della necessità per l'assicuratore di assumere, durante le trattative, un ruolo più attivo di quello, pressoché attendista, assegnatogli dal MIA 1906. La tendenza, evolutiva e riformatrice, si intravede negli artt. 4 (Knowledge of insured), 5 (knowledge of insurer) e 6 (Knowledge: general) e risalta all'art. 4(b) che fa della presentation anche lo strumento per stimolare l'assicuratore ad approfondire natura e contorni del rischio (to put a prudent insurer on notice that it needs to make further enquiries for the purpose of revealing those material circumstances). Per attenuare l'iniziale dislivello conoscitivo tra contraente e assicuratore l'Insurance Bill, oltre a gravare il primo di precisi doveri di informazione preventiva, impegna il secondo ad investigare (art. 3.4.b) le circostanze rilevanti (material circumstances) gravandolo comunque dell'onere probatorio circa (art. 8-6) la sussistenza di "qualifying breach of the duty of fair presentation" potenzialmente foriera di effetti liberatori per l'assicuratore. L'art. 8(4) distingue tra breach (a) "deliberate or reckless" e (b) "neither deliberate nor reckless"; la differenza corrisponde, latu sensu e con l'inevitabile approssimazione dovuta alla lontananza della common law dal nostro ordinamento, alla normativa italiana di cui agli artt. 1892 e 1893 cod. civ. in tema di dichiarazioni inesatte o reticenti con (o senza) dolo o colpa grave. Perdura l'assenza, anche nell'Insurance Bill, della facoltà per l'assicuratore di recedere unilateralmente dal contratto di assicurazione minato da dichiarazioni inesatte o reticenze (senza dolo o colpa grave) provenienti dall'assicurato, riconosciuta invece dall'art. 1893 cod. civ. ed esercitabile dall'assicuratore, a pena di decadenza, entro tre mesi dal giorno in cui le ha percepite. L'art. 8, enunciando i "Remedies for breach of the duty of fair representation", distingue l'ipotesi in cui l'assicuratore (a) "would not have entered into the contract of insurance at all" da quella in cui (b) "would have done so at different terms", avvicinandosi così alla nostra disciplina codicistica. Notevoli modifiche ha subito anche il regolamento delle warranties. L'art. 10 abolisce "any rule of law (express or implied) in a contract of insurance which results in the discharge of the insurers' liability under the contract". L'art. 4 (knowledge of insured) e l'art. 5 (knowledge of insurer) dettano i criteri ai quali fare riferimento per attribuire all'uno o all'altro contraente la conoscenza, effettiva o presunta, di circostanze rilevanti ai fini della verifica della consistenza ed efficacia della sicurtà e di eventuali lacune nella "presentation of the risk" suscettibili di inficiare la copertura (se deliberate or wreckless) o di ridurre l'indennizzo in proporzione alla differenza di premio che (come in Italia) sarebbe stato praticato dall'assicuratore conoscendo "il vero stato delle cose" (artt. 1892 e 1893 cod. civ.).
Nell'attuale formulazione l'Insurance Bill non legifera in tema di damage by late payment, liquidati generosamente in alcuni Stati USA.
V - In tema di responsabilità per danni da inadempimento contrattuale, in generale, la case law inglese mantiene negli ordinary contracts la tradizionale distinzione tra general damages produttivi di interessi in conformità ai tassi in vigore al momento e special damages in base alla prima regola (limb) stabilita nel risalente leading case Headley v. Baxendale [1854] 9 Ex 1341 pel quale "the test in all cases is whether the loss was within the contemplation of the parties" (McGregor on damages 1997 N. 1061 cit. da Clarke cit. 30-9°/30-34).
Arnould (2008 cit. p. 389) ricorda che "where an insurer has failed to indemnify the assured under a contract of insurance, the assured's claim is for damages not for debt" (Firma c. Trade S.A. v. Newcastle P & I Association – The "Fanti" [1991] 2 A.C. per Lord Goff; Virk v. Gan Life Holdings [2000] Ll. L. Rep. I.R. p. 159) precisando che "however the assured's remedy in damage is limited to indemnity for which the contract of insurance provides" (e cioè il massimale, seppur maggiorato di interessi). Come scrive Clarke (The law of insurance contracts, 30-9B1/30-34) "currently the law is not the same; if the insurer pays late, however extensive and predictable the damage to the insured's business, in England the balance of precedents is against the insured who seeks full compensation as damages from the insurer in breach".
Per contro negli Stati Uniti la teoria dei punitive damages enfatizza l'importanza della componente soggettiva (good faith) la cui inottemperanza da parte degli assicuratori ne ha comportato la soccombenza in situazioni in cui in Gran Bretagna sarebbero usciti pressoché indenni anziché incorrere, come di fronte a certe Corti negli USA, in sonanti condanne.
L'A. soggiunge (ibidem 30-9B1/30-35) che "In England (in the "Italia Express" [No. 2] Ventouris v. Mountain [1992] 2 Ll. L. Rep. 281) Hirst decided that no damages could be awarded for breach of contract by insurer".
Diversamente (Clarke ibidem ed ivi giurisprudenza) "in the United States, the insured has recovered damages in respect of consequential damages to his business when this resulted naturally and proximately from breach and was such as might be reasonably have been expected to result" (Alliance Ins. Co. v. Alper Salvage Co. 19 F2d, 828-831).
Nell'ordinamento inglese nelle assicurazioni contingency (non indemnity) – quali quelle contro il rischio di morte o di infortuni – l'assicurato dispone di una (limitata) action for debt for wrongful detention of money, mentre nelle assicurazioni contro i danni (property nelle assicurazioni ordinarie, hull o goods in quelle marittime, tutte appartenenti alla indemnity insurance) la primary obligation dell'assicuratore, considerato in breach of contract all'avverarsi del rischio nominato, consiste nel versamento dell'indennizzo a titolo di unliquidated damages seguito dall'obbligo (secundary obligation) di pagare gli interessi moratori col che l'assicuratore esaurisce i propri obblighi indennitari. La rispondenza degli assicuratori varia all'interno degli ordinamenti di common law; in alcuni di essi, a differenza di quanto stabilisce la case law inglese, l'assicuratore inadempiente risponde anche per "consequential loss" che in certi Stati degli USA è suscettibile di tradursi in severe condanne per punitive damages. Clarke (The law of insurance contracts – LLP – 2003, 30-10/30-40) riporta l'analisi critica di Abraham a proposito di assicuratori "insulated from liability for special damages resulting from their failure to settle ... claims in accordance with policy obligation. That is, in a suit against the insurer for breach of a policy obligation, the insurer was entitled only to have the obligation performed. This remedy gave the insured no compensation for any losses suffered as a result of breach and it provided the insurer with little additional incentive to perform (K.S. Abraham – Distributing Risk – New Haven – 1986 – pag. 173)."
Questa situazione, considerata iniqua e apportatrice di inaccettabile pregiudizio agli assicurati, provocò in alcuni stati degli USA un'inversione di tendenza nella giurisprudenza a svantaggio degli assicuratori, in concomitanza all'intensificazione della tortious liability e della severissima applicazione delle nozioni di good faith e fair dealing a carico degli underwriters. Il mutamento di indirizzo giurisprudenziale americano risalta nella sentenza Eichenseer v. Reserve Life Ins. Co. del 1989, espressione, secondo Clarke, della innovativa dottrina del "tort of bad faith" [2]. Nel caso Gruenberg v. Aetna Ins. Co. la Corte Suprema della California, confermando la decisione delle Corti sotto ordinate che avevano tenuto responsabile l'assicuratore per ritardato adempimento nella liquidazione di un sinistro "not for a bad faith breach of contract but for failure to meet the duty of an insurer to act in good faith and fairly in handling the claim of an insured, namely a duty not to withhold reasonable payments due under the policy. These are merely two different aspects of the same duty". Clarke (cit. 30-10/30-40) cita la sentenza Eichenseer v. Reserve Life Ins. Co. (supra) a tenor della quale "If an insurance company could not be subjected to punitive damages, it could intentionally and unreasonably refuse payment of a legitimate claim with veritable impunity. To permit an insurer to deny a legitimate claim and thus force a claimant to litigate with no fear that claimant maximum recovery would exceed the policy limits plus interest, would enable the insurer to pressure an insured to a point of desperation enabling the insurer to force an inadequate settlement or avoid payment entirely".
In diritto inglese il massimale assicurativo, seppur maggiorato di interessi, marca il confine insuperabile della rispondenza dell'assicuratore, per quanto inadempiente. Secondo i principi stabiliti nel leading case Hadley v. Baxendale cit. la consequential loss, risarcibile a titolo di special damages nella contrattualistica ordinaria, non è assicurativamente indennizzabile se la polizza non lo prevede espressamente.
A questo orientamento si contrappongono le sentenze statunitensi di condanna degli assicuratori a risarcire i consequential damages tipo quelli, esemplificando, arrecati al business dell'assicurato in caso di assicurazione contro gli incendi (Royal College Shop Inc. v. Northern Ins. Co. 895 F2d 670 [10 Circ.-1990] o della responsabilità civile (Pacific Employers Ins. V. P.B. Hoidale Co. 789 F. Supp. 1117, 1124 – D Kan 1992) in cui il pregiudizio subito e denunciato dall'assicurato "resulted naturally and proximately from breach and was such as might be reasonably have been expected to result" (Alliance Ins. Co. v. Alpe Salvage Co. 19 F2nd 828-831-6 Circ. 1927). Punitive damages sono stati inflitti ad assicuratori morosi in base a criteri di prevedibilità, sia pur definiti standard, più approssimativi di quelli rientranti nella contemplation of the parties (per usare il metro di giudizio vigente in Inghilterra solo per i contratti ordinari ma oltre Atlantico riverberantisi anche su causa ed oggetto del contratto di assicurazione, considerato alla stregua di qualsiasi altro ordinary contract).
L'orientamento giurisprudenziale inglese è stato oggetto di critiche anche da parte della dottrina britannica; particolarmente incisive quelle della Prof. M.C. Hemsworth (in Lloyd's Maritime and Commercial Law Quarterly, 1988, pag. 159) e di Clarke (The Law of Insurance, 2005, 30-9B1/30-36) il quale riconosce che la teoria degli unliquidated damages, ostativa alla risarcibilità dei consequential damages, "is far from clear. The decisions are doubtless in line with the wishes of the insurer but out of line with the reasonable contemplation of businessmen and with the law of other common law jurisdictions". Risuona, nel coro delle critiche alla case law londinese provenienti da oltre Atlantico, la riaffermazione del concetto (pregnante) di good faith che secondo le Corti americane deve sovrintendere – con pari intensità – alla valutazione del comportamento dei contendenti sia negli ordinary contracts sia in quelli di assicurazione; in questi ultimi il Marine Insurance Act (MIA) 1906 vincola i contraenti al dovere reciproco di utmost good faith, in tutte le categorie di assicurazione. Va però avvertito che in base al Misrepresentation Act del 1957 "in order to be actionable a representation must take an active form", in mancanza della quale la reticenza dell'assicuratore non è punibile (Banque Financière de la Cité v. Westgate Ins. Co. [1990] 2 Lloyd's Rep. 377).
I punitive damages ritenuti contrari all'ordine pubblico dalla Cassazione italiana (Cass. 19.1.2007 n. 1183 in Assicurazioni 2007-II-2, 153 con nota di Rossetti) sanzionano categorie di consequential damages ritenuti prevedibili e quindi risarcibili in certi Stati degli USA ma in Gran Bretagna, come in Italia, assicurabili e reclamabili solo a termini di apposite coperture, tipo loss of earning, business interruption e via dicendo. "Il risarcimento del danno non patrimoniale – ha statuito il nostro massimo organo giurisdizionale – non può mai avere finalità punitive e di conseguenza non può essere delibata nel nostro ordinamento, perché contraria ad un principio di ordine pubblico, la sentenza straniera che abbia liquidato il suddetto danno in misura tale da risultare sanzionatorio per il responsabile". La ratio ispiratrice dei punitive damages concepita oltre Atlantico per rimediare al problema della risarcibilità della consequential loss è compendiata nel seguente passo tratto dalla sentenza della Corte Suprema nordamericana del 7.IV.2003 in causa Campbell v. State Farm Mutual Automobile Ins. Co. (638 US 408, 2003 US Lexis 2713): "compensatory damages are intended to redress the concrete loss that a Plaintiff has suffered by reason of a defendant's wrongful conduct. By contrast punitive damages "(1) serve a broader function (2) are aimed at deterrence and retribution and (3) serve the same purpose as criminal penalties". La suddetta motivazione segna l'abbandono del criterio compensativo civilistico tradizionale risalente al diritto romano il cui motto era "quanta ea res erit tantum pecuniam condemnato". Dichiaratamente ideata a scopo deterrente (per i suoi detrattori persecutorio) la teoria dei punitive damages è considerata dalla magistratura e dalla dottrina che la professano lo strumento indispensabile per evitare che, altrimenti, gli assicuratori si sentano incoraggiati a resistere ad oltranza, costringendo gli assicurati a subire inadeguate settlements. Anche negli USA si sono levate voci autorevoli (Sugarman, Doing away with personal injury, 1989, pag. 110) per denunciare la "arbitrariness of tort compensation" e per sostenere che "punitive damages awards can be justified only where there is some likelihood that (1) normal damages measures cannot measure loss accurately – such as defamation cases; (2) where there is a substantially difficulty in detecting the existing of the injury, such as fraud or, perhaps, some antitrust actions for cases in which manufacturers or their providers have deliberately misrepresented products' safety or effectiveness (...) punitive damages should be awarded on grounds of the fraudulent behaviour itself, not on grounds on the defective quality of the product". Per arginare gli eccessi, la Corte Suprema degli Stati Uniti, avvalendosi della prerogativa di tutore del due process garantito ai cittadini dal quattordicesimo emendamento della Costituzione, è intervenuta più volte per porre un freno a liquidazioni dei danni smisuratamente sproporzionate all'entità dell'effettivo pregiudizio economico subito dal danneggiato.
VI - Il tratto innovativo e dirompente dell'Insurance Bill che marca la differenza con il MIA 1906 si coglie all'art. 6(1) delle Schedules che introduce finalmente nel Regno Unito il proportional remedy finora disdegnato oltre Manica e che sembra mutuato dal nostro codice civile. La norma recita: "In addition, if the insurer would have entered into the contract (whether the terms relating to the matter other than the premium would have been the same or different) but would have charged a higher premium, the insurer may reduce proportionally the amount to be paid on a claim". La soluzione preconizzata nell'Insurance Bill corrisponde dunque a quella accolta all'art. 1893 del nostro cod. civ. fin dal 1942 e nell'ordinamento francese e belga e altri ancora. Significativo è il livello apicale al quale vanno ricondotte sia le dichiarazioni fornite dall'assicurato al fine di valutarne la "fair representation of the risk" all'assicuratore sia, in generale, le circostanze dibattute durante le trattative precedenti la stipula del contratto onde verificare (per usare il nostro lessico) la corrispondenza tra il rischio reale e quello rappresentato, costituente il requisito essenziale di ogni valido contratto di sicurtà (Cass. 9.V.1977 n. 1779 in Giust. Civ. 1977-I-1762).
L'Insurance Bill, superando il vetusto MIA 1906, rimuove, palesandone l'incongruenza, la condanna della innocent (per definizione incolpevole) "misrepresentation" e/o "non-disclosure" pronunciabile invece (secondo l'orientamento giurisprudenziale finora dominante in Gran Bretagna) a norma del MIA 1906, applicabile anche alle assicurazioni non-marine (Godfrey v. Britannic Assurance [1963] 2 Ll. Rep. 515, 528). L'annullamento del contratto di assicurazione potrà essere sentenziato, a termini dell'Insurance Bill, a fronte della dimostrazione, a cura dell'assicuratore, della reprensibilità della presentation of the risk, minata da qualifying breach (deliberate or wreckless). Per contro, in assenza di tali riprovevoli connotazioni, l'assicuratore non potrà negare la risarcibilità del danno ma soltanto limitare l'indennità in proporzione al maggior premio (peraltro non sempre agevolmente calcolabile) che sarebbe stato imposto al contraente.
Permangono le opacità connesse all'espressione "prudent insurer". L'aggettivo "prudent" evoca un assicuratore guardingo e selettivo che pondera accuratamente le sue scelte, interpellando l'assicurando e ponderando i dati della comune esperienza in guisa da ridurre eventuali spazi di incertezza circa la reale consistenza del rischio.
Dal prudent insurer, in quanto tale, ci si deve attendere che, durante le trattative, tenga accuratamente conto dei dati statistici (loss experience) e degli studi di mercato elaborati dalle categorie imprenditoriali interessate, senza lasciarsi abbagliare dall'entità dei premi e dalla possibilità di scaricare i bad risks su riassicuratori o retrocessionari. In caso di "deliberate or wreckless presentation of the risk" l'assicuratore ha diritto ai premi anche se impugna il contratto invocandone la risoluzione; così dispone l'art. 11(2) nell'ambito della disciplina dei "fraudulent claims".
In diritto italiano l'annullabilità del contratto di assicurazione ex art. 1892 cod. civ. ha caratteri peculiari, consoni alla particolare natura della sicurtà, e si discosta dalla disciplina dettata dal nostro legislatore all'art. 1439 c.c. per l'annullabilità del contratto per dolo; in assicurazione e riassicurazione il dolo non richiede veri e propri raggiri, ma solo la malafede (dolo soggettivo) riconoscibile in dichiarazioni o reticenze consapevolmente inveritiere. Il dolo determinante del consenso si differenzia da quello incidente in presenza del quale il contratto sarebbe egualmente concluso, ma a condizioni diverse riguardanti non solo l'entità del premio ma le condizioni di sicurtà (nell'ottica dell'assicuratore più restrittive, tali da circoscrivere obiettivamente il rischio e/o la sua risarcibilità, con massimali, limiti, franchigie, etc. diversamente modulati). La reticenza intenzionale è equiparata al dolo, sempre che attenga a circostanze determinanti per il consenso dell'assicuratore, presumibilmente sussistente quando l'assicuratore, conoscendo il vero stato delle cose, non avrebbe dato il proprio consenso o lo avrebbe dato a condizioni diverse. Diversamente da quanto dispone, in termini generali, l'art. 1440 cod. civ., in campo assicurativo anche il dolo incidente è suscettibile di invalidare il contratto (Cass. 12.XII.1986 n. 7418; Cass. 21.X.1981 n. 5503). Secondo Cass. 15.IV.1987 anche il silenzio può integrare gli estremi del dolo o della colpa grave se mantenuto in violazione dell'obbligo dell'assicurato o di fornire una completa informativa all'assicuratore (M. Rossetti in Le Assicurazioni a cura di A. La Torre, 2000 pag. 71).
[1] Nel caso Pine Top cit. la House of Lords ha corretto il test of materiality formulato dalla Corte d'Appello nel caso CTI v. Oceanus (cfr. Arnould 2008 cit. pag. 644 § 16-77 – The fair presentation test – contenente un'accurata disamina della giurisprudenza formatasi sulla normativa pre-esistente alla emanazione del nuovo Insurance Bill di imminente promulgazione).
[2] Sul tort of bad faith Clarke (ibidem) riporta il pensiero del Prof. Fleming [1998] LOR 357-388: "Every contract imposes upon each party a duty of good faith and fair dealing in its performance and enforcement – Restatements (2d) contracts section 205. Yet good faith bears little resemblance to the English notion of good faith in insurance contracts ... if the power of the Court in England to award costs not on the standard basis but on indemnity basis, when a party behaves in litigation in a way that could be properly categorized as disgraceful or deserving of moral condemnation: this might include an insurer which fails to investigate a claim in accordance with proper principles".