(Questo scritto è tratto dall'articolo "Osservazioni sulla polizza Mortgagee' Interest" pubblicato sul Dir. Mar. 1987 pag. 140 dall'avv. A. Boglione in nota alla sentenza della Queen's Bench Division del 23.1.1985 – m/n "Captain Panagos").
I - In Italia i privilegi marittimi speciali di cui all'art. 552 cod. nav. prevalgono sull'ipoteca (art. 575 cod. nav.) così come negli ordinamenti anglosassoni i "maritime liens" prevalgono sul "mortgage"; al creditore ipotecario è pertanto riconosciuto un interesse (assicurabile) a proteggersi (per l'appunto con la polizza "Mortgagee' interest") contro l'eventualità che, risultata inoperante, in caso di perdita della nave, l'ordinaria copertura "corpo", il creditore ipotecario resti privo di sicurtà; a fugare questa eventualità soccorre la polizza M.I. che gli appresta idonea copertura, parametrata al valore commerciale della nave al tempo e nel luogo del sinistro.
La giurisprudenza inglese (Queen's Bench Division – Commercial Court) con sentenza del 23.1.1985 in causa Continental Illinois National Bank & Trust Co. c. Bathurst (supra) ha stabilito che "Il riferimento in una polizza che copre l'interesse del mortgagee sulla nave ("Mortgagee's Interest") al danno risarcibile al mortgagee, in dipendenza del mancato risarcimento della perdita o danno alla nave in base alla polizza corpi, deve essere inteso come danno fisico e non danno finanziario e quindi il valore di stima indicato nella polizza "corpo" non è rilevante, essendo la copertura basata sui termini della polizza "Mortgagee's Interest". L'indicazione della somma assicurata – ha concluso la Commercial Court per bocca del famoso giudice M. Mustill, destinato ad assumere anni dopo un ruolo eminente nella House of Lords – in una polizza che copre l'interesse del mortgagee su una nave, va inteso come massimale e non come valore di stima e, pertanto, il valore della nave deve essere stabilito in base al suo valore di mercato al tempo e nel luogo del sinistro".
II - Nell'assicurazione del mortgagee' interest la rispondenza dell'assicuratore del M.I. è condizionata al "non payment or reduced payment" o comunque alla mancata o parziale esecuzione di prestazioni indennitarie da parte dell'assicuratore corpo o del Club. Nel caso della "Captain Panagos" il clausolario M.I. precisava che i "marine perils" sono assicurati con estensione della copertura al dolo dell'armatore sempreché, naturalmente, vi sia rimasto estraneo il creditore ipotecario (without the privity of the assured). L'estensione della copertura al dolo dell'armatore costituisce una delle caratteristiche più tipiche della polizza M.I.; pur differenziandosi in ciò dalla copertura ordinaria "corpo" la polizza mortgagee' interest denota pur sempre la sua indelebile matrice di assicurazione marittima di una nave e non di un credito. La "Captain Panagos" era stata affondata intenzionalmente con la "privity" dell'armatore. Conseguentemente il naufragio, sicuramente irrisarcibile dagli assicuratori "corpo" all'armatore contraente-assicurato (Sect. 39.5 del MIA – Marine Insurance Act 1906) giustificava invece la richiesta di indennizzo agli assicuratori del M.I. da parte della banca creditrice ipotecaria, totalmente estranea allo "scuttling": I sottoscrittori della polizza M.I., pur avendone riconosciuta l'operatività e pagato un sostanzioso acconto, rifiutarono però di corrispondere la differenza tra l'anticipo e il valore assicurato.
Secondo la banca, creditrice ipotecaria, la perdita della nave avrebbe comportato automaticamente anche quella della somma capitale (pari al valore assicurato) previsto dalla loss payable clause inserita nella polizza "corpo" dall'armatore con vincolo prioritario a favore della banca; di qui secondo quest'ultima, l'obbligo dell'assicuratore del M.I. di erogarle il massimale assicurato come se anche la polizza M.I. fosse stimata. Secondo gli assicuratori, per contro, l'evento dedotto in obbligazione nella polizza M.I. non è la perdita finanziaria della banca, pari al suo credito residuo verso l'armatore mutuatario. L'evento assicurato, tanto nella polizza "corpo" quanto in quella M.I., sarebbe la perdita e/o il danneggiamento della nave, diguisacché il mancato recupero a termini della clausola di vincolo apposta alla polizza corpo fungerebbe da condizione di invocabilità della polizza M.I.. Ad avviso dello scrivente la terminologia adottata e la struttura conferita alla polizza M.I. inducono a ritenere che, pur differenziandosi dalla tradizionali polizza corpo, appresti anch'essa una garanzia assicurativa in rapporto a danni fisici alla nave (o da essa causati a terzi) anziché alla perdita finanziaria della banca ipotecaria; la polizza M.I. emessa a copertura di una "marine adventure" e non di una perdita finanziaria, resta un contratto di assicurazione marittima soggetta al MIA 1906 peraltro non stimata, mancando un'apposita clausola di stima richiesta dalla Sect. 27 del MIA.
III - Vien da domandarsi se l'orientamento del giudice inglese secondo il quale la polizza M.I. non dà vita ad un'assicurazione contro i danni finanziari del creditore ipotecario sia accettabile in diritto italiano. La risposta deve essere affermativa in quanto, la M.I., come affermato dal giudice Mustill, resta sostanzialmente una polizza contro i rischi della navigazione seppure di una tipologia differente dai rischi tradizionali protetti dagli ordinari capitolati "corpo". Basti pensare allo "scuttling" o all'innavigabilità preesistente alla partenza della nave. Essi rientrano nella copertura M.I., estesa al dolo dell'armatore ma rigorosamente esclusi dalle polizze ordinarie anche in forza di legge; in entrambi i casi l'esclusione o l'inclusione del dolo dell'armatore discendono dal fondamentale principio (art. 1900 cod. civ.) per cui in nessun caso l'assicuratore risponde del dolo dell'assicurato. Né va trascurato il fatto, rivelatore di un'indelebile sintomatologia "marine", che i rischi contemplati nel clausolario M.I. attengono strettamente alla nave e non al credito della banca, creditrice ipotecaria.
Pur dovendo l'assicuratore del M.I. indennizzare il creditore ipotecario in caso di mancato risarcimento della perdita o di danni (loss or damage) alla nave da parte dell'assicuratore del corpo e di mancato intervento degli assicuratori della responsabilità civile armatoriale (in primis il P & I Club) non è privo di significato il fatto che gli eventi assicurati dalla polizza M.I., afferenti la stessa tipologia di rischio oggetto della polizza corpo, attengono pur sempre alla nave e non alle vicende riguardanti l'indebitamento dell'armatore con la sua banca finanziatrice e creditrice ipotecaria. Nonostante la copertura M.I. scatti solo in caso di comprovata inoperatività della polizza corpo ordinaria ciò non pare sufficiente, in assenza di specifiche disposizioni contrattuali di segno opposto, ad inquadrare la polizza M.I. nell'ambito dell'assicurazione del credito o di quella fideiussoria o cauzionale, secondo gli schemi tracciati da dottrina e giurisprudenza dominanti in materia.
Basti osservare che nell'assicurazione del credito l'inadempienza del creditore principale è il presupposto dell'operatività della sicurtà, elemento che invece la esclude nella M.I.. Parimenti l'assicurazione fideiussoria presuppone l'inadempimento del debitore principale (art. 1936 cod. civ.) ipotesi che mal si attaglia allo schema operativo della polizza M.I. che copre invece i casi in cui gli assicuratori corpo o il P & I Club o entrambi non abbiano, seppur a pieno titolo, onorato le rispettive coperture.
La terminologia adottata e la struttura conferita alla polizza M.I. inducono perciò a ritenere che, pur differenziandosi dalla tradizionale polizza corpo, fornisca una garanzia assicurativa rapportata a danni fisici alla nave (o da essa causati a terzi) anziché alla perdita finanziaria subita dalla banca creditrice ipotecaria.
IV - Nel quadro del finanziamento dell'acquisto della nave, la banca mutuante non si limita a trascrivere un'ipoteca di primo grado per l'importo del capitale finanziato, oltre a interessi, e a stipulare la polizza M.I., ma richiede altre garanzie collaterali all'armatore tipo la cessione dei noli e degli indennizzi assicurativi attraverso la "loss payable clause". Essa assoggetta la polizza di assicurazione "corpo" a vincolo a favore dell'istituto finanziatore facendone l'esclusivo titolare del diritto agli indennizzi contrattualmente dovuti [1].
La banca finanziatrice intreccia così una serie di rapporti negoziali che ricalcano formule da tempo collaudate e che rafforzano la garanzia reale ipotecaria, rinsaldando la surrogazione dell'indennità alla nave stabilita per legge (art. 572 cod. nav.).
V - Con la polizza M.I. il creditore ipotecario persegue precipuamente il mantenimento dell'integrità del suo diritto reale di garanzia, al riparo dall'eventualità che in caso di danni a terzi o di avaria particolare o di perdita (totale o costruttiva) della nave per effetto delle quali l'ipoteca si converte in un diritto di credito verso gli assicuratori del corpo, costoro si astengano poi, per quanto legittimamente, dall'erogare le indennità contrattualmente previste, ovvero la nave venga espropriata da terzi danneggiati muniti di privilegio speciale prevalente sull'ipoteca.
VI - Non contenendo il formulario di polizza M.I. alcuna clausola di stima, ineccepibile pare dunque l'affermazione del giudice M. Mustill che in tale contratto la somma assicurata funge semplicemente da limite convenzionale all'indennità erogabile dall'assicuratore e da punto di riferimento per la fissazione, su base percentualistica, del premio erogabile dall'assicurato creditore ipotecario.
Qualora il valore di mercato delle navi, causa la contrazione dei traffici marittimi, scenda al di sotto del costo di costruzione o di acquisto, la banca beneficiaria della copertura M.I., in caso di perdita della nave, realizzerà il proprio credito residuo non già fino alla concorrenza della propria esposizione ma solo nei limiti del valore di mercato della nave. L'unico rimedio ad una situazione del genere sarebbe il ricorso, da parte della banca finanziatrice, ad un'assicurazione del proprio credito.
VII - Per garantire la continuità della copertura, ponendola al riparo (in caso di mancato puntuale pagamento dei premi) da temibili eccezioni di scopertura, basate sull'art. 1901 cod. civ., si ricorre ad una clausola che imponga alla compagnia delegataria di comunicare al vincolatario (comunemente trattasi del creditore ipotecario nonché beneficiario della polizza M.I.) il mancato pagamento dei premi alle scadenze, con estensione del termine di comporto (solitamente a 30 giorni anziché gli ordinari 15) in guisa da proteggere il creditore-vincolatario da temibili eccezioni ex art. 1901 cod. civ..
Così prevede la "Polizza di Assicurazione Marittima dell'interesse del creditore ipotecario navale" elaborata dalla sezione tecnica dell'ANIA.
Strutturata secondo il tradizionale modello inglese la polizza M.I. italiana se ne distacca imponendo, quali presupposti di validità, non solo la perdurante operatività della copertura armatoriale corpo e P & I Club, ma altresì l'inserimento nella prima di una clausola di vincolo facente obbligo alla delegataria di notificare alla banca l'eventuale mancato pagamento dei premi con facoltà di pagarli, seppure in ritardo, preservando o riattivando la garanzia assicurativa senza soluzione di continuità.
[1] Sulla clausola di vincolo leggasi Ferrarini - Le assicurazioni marittime - 1991 pag. 419 e segg. L'autorevole trattatista menziona l'orientamento della Cassazione (Cass. 5.XI.1959 n. 3273 in Assicurazioni 1960-II-119 seguita da C. d'App. di Venezia 16.IX.1963 in Dir. Mar. 1964 298) secondo cui la clausola di vincolo (i) costituisce uno strumento rafforzativo del vincolo sull'indennità assicurativa, stabilito dall'art. 2472 cod. civ. e dal correlativo art. 572 cod. nav. e (ii) configura un contratto a favore di terzo dal quale deriva un'azione diretta del creditore ipotecario verso l'assicuratore.